Novak, una crono storica

| 25/09/2009 | 09:01
Il risultato non contava. Era già bello, ed importante, esserci. Mendrisio, Canton Ticino, Svizzera, ore 12:36: l'alteta rumeno Eduard Carol Novak prendeva il via della prova a cronometro ai Campionati del Mondo su strada di ciclismo.
Fin qui, nulla di speciale: se però pensiamo che Eduard ha una protesi al posto della gamba destra, ed è il primo atleta paralimpico a gareggiare in una prova Élite - così importante - con i normodotati, si capisce come questa data, questo giorno, anche il numero di dorsale (il 47), siano destinati tutti ad entrare nella storia non solo del ciclismo, ma dello sport rumeno e dell'intero panorama sportivo mondiale.
Già soprannominato "il Pistorius del ciclismo", Eduard Novak ha preso il via nella seconda tranche di atleti, dopo lo slovacco Polievka e prima del brasiliano Nazaret. A seguirlo in ammiraglia (intervenendo anche telefonicamente nella diretta di Eurosport Italia) Pierangelo Vignati, mentre con lui in partenza c'era il direttore di Endurancenter, Daniele Zammicheli, visibilmente commosso: «Non era il mio primo Campionato del Mondo, avendo già accompagnato alcune Selezioni messicane, ma l'emozione stavolta è stata diversa, particolare; anzi, speciale. La preoccupazione di tutti era quella di non sentire eccessivamente l'evento e la proporzione di quanto stava per accadere, ma inevitabilmente il pensiero è scappato verso quella direzione».
Tecnicamente la cronometro di Novak, già medaglia d'oro in linea ed argento a cronometro nella categoria LC2 dei Mondiali paralimpici su strada che si sono tenuti a Bogogno (Novara) dieci giorni fa, non doveva dire granché, ma il rumeno s'è comunque difeso discretamente, finendo 63esimo (su 66 atleti all'arrivo) a 11'06" dalla medaglia d'oro di Fabian Cancellara, percorrendo i 49,8 km del tracciato svizzero alla media di 43,283 km/h.

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COMMENTI
Sono stato di parte
25 settembre 2009 09:56 wtutti
Di solito tifo per tutti i ciclisti; dal primo all'ultimo, ma questa volta ho riservato più affetti a lui.
È stata la dimostrazione che il ciclismo non è morto sepolto dagli scandali, ma continua ancora a regalarci eroi e grandi storie come nessun altro sport.
E scusate ancora se faccio discriminazioni di tifo.

complimenti
25 settembre 2009 14:27 mini

la passione fa superare ogni tipo di handicap

enrico bergamasco

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