Mendrisio: Novak, un disabile in gara con i professionisti
| 23/09/2009 | 11:31 Disputare un mondiale con i “normodotati” sarebbe stato il sogno di Oscar Pistorius, il fuoriclasse sudafricano dell’atletica, amputato ad entrambi gli arti, che si è dovuto accontentare solo di correre dei meeting. Per Carol Edward Novak, il sogno sarà realtà domani, nella crono iridata di Mendrisio, riservata a Fabina Cancellara e compagnia pedalante. Carol Novak è uno dei tanti rumeni che hanno scelto l’Italia per realizzare i propri sogni. Lui, 33 anni, rumeno di Miercurea-Ciuc, sposato con Laura e padre di tre figli, il sogno l’ha coronato dieci giorni fa a Bogogno, un piccolo borgo di mille e duecento anime in provincia di Novara. In Italia ha trovato una squadra, la piacentina Essercina Argo Cycling, guidata dal team manager Pierangelo Vignati (medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Sydney 2000) e a Bogogno ha vestito la maglia di campione del mondo di ciclismo su strada, nella categoria LC2, dove ha fatto sua anche la medaglia d’argento della cronometro. Per le due ruote Carol è il Pistorius del ciclismo. Come il campione sudafricano è un campione con l’arto amputato. «Oscar l’ho conosciuto un anno fa allo stadio dei Marmi di Roma dove fu organizzata una riunione di atletica - ci racconta Carol, che è titolare della Med-Expert, azienda rumena che produce protesi -. Oscar è una bellissima persona, e francamente spero che un giorno i regolamenti possano consentirgli di misurarsi con i più veloci della terra. A lui mancano le gambe, ma non la tenacia e la voglia di emergere». Da Bogogno a Mendrisio: poco più di settanta chilometri. Una distanza accessibile per qualsiasi cicloamatore, figuriamoci per un campione del mondo. «Lo so che non sarà facile, ma chi fa sport sa perfettamente che bisogna sempre lottare e non porsi mai dei limiti. Il mio obiettivo è semplice: spero di lasciarmi alle spalle qualche avversario. So di avere i tempi per poter fare bene. Cosa mi rende felice? Sapere che il mio titolo mondiale è il primo oro ottenuto da un atleta rumeno nel ciclismo. Di questo io ne vado orgoglioso». Quella di Carol non è una storia fatta solo di bici. Novak, infatti, inizia la sua carriera sportiva sul ghiaccio: specialista dello speed skating (pattinaggio di velocità), partecipa anche a vari Mondiali juniores dove tra l’altro ottiene ottimi risultati. Nel 1996, però, un bruttissimo incidente d’auto gli cambia radicalmente la vita. «La frattura è tremenda, c’è poco da fare, l’amputazione della gamba destra è inevitabile», ricorda lui senza la minima emozione. Carol però non si dà per vinto, non si abbandona, reagisce come pochi. «L’amore per la vita e lo sport in particolare è troppo grande e neppure una menomazione fisica riesce a fermarmi. Mi dico: “non posso più pattinare? E che problema c’è, mi darò al ciclismo”. Inizio a correre in mountain bike. Ben presto, però, lascio le ruote ‘grasse’ per dedicarmi alla strada e corro parallelamente sia tra i paralimpici che tra gli elite ed in entrambi i casi ottengo buoni risultati. Nel 2003 la svolta quando mi piazzo secondo ai nazionali rumeni sia tra paralimpici che tra i normodotati. Domani mi troverò a dover lottare con degli autentici fuoriclasse del pedale, ma la cosa non mi preoccupa minimamente, anzi, mi stimola come poche altre volte mi è capitato. Difenderò i colori del mio Paese - ci dice questo ragazzo tosto e determinato, che in Romania ha un’azienda che produce protesi -, e l’idea di potermi misurare con campioni del calibro di Fabian Cancellara, campione del mondo e olimpico della specialità, mi inorgoglisce come pochi. Io il mio mondiale, comunque vada, io l’ho già vinto. E poi, come spesso dico: solo apparentemente a noi manca qualcosa, spesso abbiamo qualcosa in più».
Da «Il Giornale» del 23 settembre 2009 a firma Pier Augusto Stagi
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