PARLA NICOLA CONCI. «LA MIA RIPARTENZA»

INTERVISTA | 23/02/2022 | 08:20
di Nicolò Vallone

A volte, per provare a fare un passo avanti, è necessario farne mezzo indietro. Ni­cola Conci, lanciato ventenne nel World Tour quattro anni fa dalla Trek Segafredo dopo una bella parabola giovanile tra Team LVF Abici e Zalf Euromobil Fior, adesso ha deciso di scendere di categoria. Il ta­lento trentino, infatti, a digiuno di vittorie in questo quadriennio alla corte di Guercilena, per il 2022 è passato alla Gazprom RusVelo. Un team Professional che, senza perdere la sua anima russa, stagione dopo stagione parla sempre più italiano. An­che perché lì dentro c’è chi l’italiano lo mastica parecchio, uno su tutti il direttore sportivo Dmitri Konychev, ex vincitore di tappa in tutti i grandi giri, storico diesse della Katusha prima dell’avventura Gazprom, e padre di quell’Ale­xan­der che difende i colori della Bi­keEx­chan­ge Jayco e talvolta della Nazionale azzurra.


Nicola, insieme a te sono arrivati in Gazprom RusVelo Carboni, Fedeli, Ma­lucelli e Piccolo, oltre a Rivera che è co­staricano ma ciclisticamente legato al no­stro Paese. E vi aggiungete ai già presenti Scaroni e Canola...
«Si è creato subito un bel gruppo con tutti loro, e anche con lo spagnolo Jose Manuel Diaz. Coi compagni russi all’inizio c’era la fatica della barriera linguistica, è stato più semplice con lo staff perché anche lì ci sono sempre più italiani in ogni reparto. E dei membri russi dello staff, molti vivono in Italia e parlano la nostra lingua. Konychev? Parla italiano meglio di noi e persino un po’ di veneto! Molto simpatico, fa da tramite tra tutte le lingue».


Tra tutti loro, però, tu sei l’unico proveniente dalla massima categoria: ti senti in un certo senso il leader del gruppo?
«Senza dubbio ci sono aspettative su di me, ma effettueremo le valutazioni strada facendo. Ho notato che, tra noi nuovi arrivati in squadra, siamo tanti in cerca di rilancio dopo annate difficili: Rivera, passato da covid e mononucleosi, anche Piccolo ha avuto problemi fisici... e poi io, che ho avuto un bel daffare con l’arteria iliaca (la stessa di Fabio Aru, ndr) fin dall’approdo nei professionisti. Quest’inverno, dopo l’operazione ad agosto, non ho più accusato fastidi e sto bene. Certo, la paura che possa ripresentarsi c’è, ma ora ho fiducia e voglio vedere se pure in gara starò bene come in allenamento».

In cosa consisteva questo problema?
«L’arteria aveva una piega, un restringimento, e provocava una parestesia del­la gamba, che mi si addormentava sot­to sforzo. Nel 2019 feci alcune visite che mostrarono come il muscolo psoas andasse a schiacciare l’arteria. Mi sono rivolto all’osteopatia, che comunque pratico tutt’ora, e ho lavorato molto per tenere lo psoas rilassato. Tuttavia il problema è gradualmente peggiorato nei due anni successivi...».

... e ha inevitabilmente condizionato la tua avventura in Trek Segafredo.
«Il salto tra i pro dopo soli due anni da Under 23 l’avevo sentito a prescindere, ho fatto fatica come penso sia normale. Nella seconda stagione però mi hanno portato al Giro d’Italia e la mia crescita si è vista: con avversari di primo livello, ho centrato fughe non semplici e aiutato tanto i capitani, alla corsa rosa come in tante altre occasioni. In quel Giro siamo arrivati quinti con Mollema e abbiamo tenuto la maglia azzurra dall’inizio alla fine con Brambilla e soprattutto con Cic­cone, che ha vinto la classifica scalatori e una tappa. Poi è arrivato Nibali, ed è stato bellissimo vivere da vicino in corse e ritiri un campione del suo calibro, un punto di riferimento che fino a poco tempo prima guardavo in tv. Nel mentre però io stavo in un limbo, mi chiedevo cosa fare per quest’arteria, finché l’estate scorsa ho deciso di operarmi».

Quando è entrata in scena la Gazprom RusVelo?
«Poco prima dell’intervento, il mio procuratore Maurizio Fondriest ha convinto Dmitri Sedoun (direttore sportivo del team russo, ex Astana, ndr) spiegandogli la situazione, il problema alla gamba che mi aveva tolto qualcosina in Trek Segafredo, e che dopo l’operazione sarei potuto ripartire per far meglio».

Avevi altre offerte?
«Sì, ci siamo sentiti con Ivan Basso, che mi aveva cercato anche nel 2018, quando la sua squadra era ancora una Continental e si chiamava Po­lar­tec Kometa. All’epoca dissi di no perché ri­cevetti la chiamata della Trek Se­ga­fredo nel World Tour, mentre stavolta abbiamo detto a Ivan che sceglievamo Gazprom: sono entrambi progetti am­biziosi, ma quello russo ha qualche an­no di esperienza in più. Senza nulla to­gliere alla Eolo Kometa che sta andando alla grande, ma alla fine abbiamo deciso così e siamo rimasti tutti in ottimi rapporti».

Almeno per quest’anno, quindi, ti precludi la possibilità di partecipare al Giro.
«Faremo comunque delle belle gare: UAE Tour, Volta Catalunya, Tirreno Adriatico e diverse classiche importanti».

Ecco, come si compone il calendario di una squadra come la vostra?
«In una World Tour è più semplice fare programmi a inizio stagione: in Trek a dicembre avevo già il calendario di tut­to l’anno, mentre qui dipende molto da­gli inviti e, da dicembre ai primi me­si del nuovo anno, quello che ab­bozzi in un primo momento può cambiare continuamente».

Aiutaci a conoscere meglio la tua squadra: che ambiente è innanzitutto?
«Come un po’ tutte le Professional oggigiorno, è molto organizzata, si allena e corre praticamente come i top team. Percepisco tanta voglia di far bene, stiamo andando nella giusta direzione. Per corridori come me e per gli emergenti, è l’ideale. I grandissimi nomi sono pochi, se non Zakarin che può aiutarci parecchio».

Com’è andata la preparazione invernale?
«Siamo andati due volte in Spagna, a Calpe: a dicembre faceva molto caldo, eravamo in pantaloncini e maniche cor­te. A gennaio, al contrario, freddo e pioggia, ma siamo riusciti ad allenarci come si deve».

Noti differenze nel loro approccio rispetto al nostro?
«Non troppe, alla fine il ciclismo europeo è quello che ha più da insegnare agli altri movimenti, da quello americano a quello russo eccetera. Però una co­sa l’ho notata: i russi tendono a ri­sparmiare meglio gli sforzi. Noi mediterranei a dicembre partivamo già brillanti mentre loro si allenavano a ritmi più rilassati, per intensificare poi a gennaio. E nell’ultimo ritiro li ho visti pedalare proprio bene».

Come parte il tuo 2022?
«Dopo la Valenciana, andrò in altura con Carboni, Zakarin e altri: a Tenerife, sul Teide, sono felice di andar lì perché mi hanno sempre detto che è davvero bello. Poi affronterò Tirreno e Catalunya».

Quale corsa hai messo in particolare nel mirino quest’anno?
«Venendo da anni senza trovare la to­tale soddisfazione, vorrei cercare di far bene a prescindere, magari ben figurando già in queste prime uscite. Ciò detto, qualcosina in più potrebbe darmelo il Tour of the Alps, la gara di ca­sa. E come tutti i corridori italiani, ci tengo a far bene ai campionati italiani, nei quali peraltro mi trovo bene perché in genere si svolgono in una giornata calda come piace a me».

A proposito di casa tua, parli di ciclisti trentini e pensi a Francesco Moser: im­magino sia un mito per te e la tua fa­miglia.
«Importantissimo, ma ricordiamo an­che il fratello Aldo: a livello nazionale sarà meno riconosciuto, ma qua da noi sappiamo bene che di Moser ce n’è più di uno! Ma questa è una terra ricca di gente che va forte in bici: oltre ai Mo­ser, menzionerei ad esempio Gil­berto Simoni e il già citato Fondriest, che mi ha accudito fin da juniores. Addirittura in Trentino si tiene annualmente la Festa del Ciclismo: si ritrovano insieme i corridori di ieri, di oggi e di domani, si commenta la stagione e si festeggia insieme. Una serata sentitissima, dal 2020 è saltata causa covid e spero pos­sa tornar presto».

Oltre ai grossi nomi che hai citato, ag­giungerei un tuo concittadino come Marcello Osler, che vinse una tappa al Giro d’Italia 1975 e poi divenne gregario proprio di Moser.
«Certo, incontrato più volte: veramente una gran persona. A Pergine Valsugana e in tutta la zona conosciamo bene Mar­­cello, è presente a ogni manifestazione come quella appena descritta».

Tornando a te, qual è la corsa “sogno nel cassetto”?
«Me n’ero già reso conto e ho avuto la conferma l’anno scorso: la Liegi-Ba­stogne-Liegi. C’è qualcosa che mi attira più delle altre, ha dei tratti incredibili come La Redoute, dove sono caduto ai piedi della salita. Di questa monumento mi affascinano la storia e la lunghezza, è tostissima da gestire con tutti quegli strappi: non ha una salita sopra i due chilometri, tra le gare da un giorno è la più dura».

Questa osservazione ci induce una curiosità finale: più duro un percorso con poche “salitone” o uno con tante “salitine”?
«Dipende dalla tipologia di corridore, fatto sta che una gara con poche salite lunghe divide nettamente il gruppo tra fuggitivi, uomini classifica e ruote veloci che si staccano subito per non sprecare energie. Invece una classica fatta di repentini saliscendi, un muro dopo l’altro, in cui devi sostenere sforzi brevi ma numerosi, induce tutti a tenere du­ro fino all’ultimo e la parte conclusiva di gara esplode: corridori che scappano dappertutto, forze che vengono a mancare... devi reggere finché riesci e sperare di non andare in crisi».

da tuttoBICI di Febbraio

Copyright © TBW
COMMENTI
Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
Il ventenne Viktor Bugaenko firma l'ottantesima edizione della Vicenza-Bionde per dilettanti. Il russo, che gareggia in Spagna per la squadra PC Baix Ebre, si è imposto anticipando Thomas Capra del Cycling Team Friuli Victorious e Lorenzo Ursella della Zalf Fior.


Filippo Cettolin è profeta in patria. Il 17enne di San Vendemiano ha vinto infatti il 13simo Giro di Primavera internazionale juniores che si è disputato a San Vendemiano in provincia di Treviso. Il velocista della formazione Borgo Molino Vigna Fiorita...


La Lidl Trek ha vinto la tappa inaugurale della Vuelta España Femenina 2024 completando i sedici chilometri del ventoso tracciato di Valencia in  19 minuti 20 secondi e 13 centesimi. La formazione statunitense ha anticipato di 9 centesimi il Team...


Protagonista di una prima parte di stagione piuttosto difficile, Arnaud De Lie ritrova il sorriso firmando il successo nella Lotto Famenne Ardenne Classic. Sul traguardo di Marche-en-Famenne il giovane portacolori della Lotto Dstny ha finalmente firmato il suo primo successo...


Il giovane francese Baptiste Veistroffer, che difende i colori della Decathlon AG2R La Mondiale Devo Team, ha vinto oggi per distacco la quarta tappa del Tour de Bretagne, la Le Croisic - La Gacilly di 171, 5 km. Alle sue...


Edoardo Raschi raddoppia e centra la seconda vittoria in stagione. Il parmense del Team F.lli Giorgi trionfa per distacco nel Trofeo città di San Damiano d'Asti per la categoria juniores dove anticipa il trentino Christian Vedovelli (US Montecorona) e Andrea...


Si chiude con il trionfo di Carlos Cano Rodriguez la 77sima edizione del Tour de Romandie (Svizzera). Con i compagni della Ineos Grenadiers lo spagnolo ha controllato con disinvoltura  e lucidità la quinta e ultima tappa, da Vernier-Vernier di 150...


Prima vittoria in una corsa a tappe per Isaac Del Toro. Il talento messicano della UAE Team Emirates ha conquistato la classifica generale della Vuelta Asturias che oggi si è conclusa con il trionfo di Finn Fisher Black nella terza...


Il 2023 di Giacomo Nizzolo è terminato nella peggiore maniera possibile: il velocista milanese, che quest'anno corre con la Q36.5 ProCycling Team di Douglas Ryder, lo scorso 23 dicembre è rimasto coinvolto in un incidente durante il suo allenamento con...


Pioggia, freddo e strade scivolose nel circuito di Istanbul: per questo organizzatori e giuria hanno preso la decisione di neutralizzare l'ottava e ultima tappa del Giro di Turchia. I corridori affronteranno un solo giro del circuito schierati dietro la vettura...


TBRADIO

-

00:00
00:00
VIDEO





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi