L'ORA DEL PASTO. CENT'ANNI DI MALABROCCA

STORIA | 21/06/2020 | 07:48
di Marco Pastonesi

Per coerenza, per sintonia, per solidarietà, questo articolo non avrebbe dovuto essere pubblicato oggi (la vigilia) e neanche domani (“il” giorno), ma addirittura dopodomani, cioè ad anniversario avvenuto, finito, celebrato. Perché lui era il re del ritardo, il primatista della lentezza, l’imperatore del dopo, lui era il fondista fondatore del profondo fondo, lui era praticamente il teorico (e teoricamente il pratico) dell’ultimo posto, il filosofo degli opposti estremismi. Giungeva al traguardo quando gli altri corridori erano già in albergo, o sotto la doccia, o già a cena, quando gli spettatori erano già a casa, quando lo striscione dell’arrivo era già stato smontato. E avrebbe meritato un servizio fato alla sua maniera: all’ultimo momento.


Il 22 giugno 1920 nasceva Luigi Malabrocca, quello che la storia ha poi identificato come la maglia nera, quello che ribaltò l’ordine di arrivo, rivoluzionò la classifica, invertì la numerazione, rovesciò il tifo. Beato l’ultimo: nell’impossibilità di competere con Bartali e Coppi, nell’indifferenza verso i gradini bassi del podio, nel disinteressamento per qualsiasi altro piazzamento, il Cinese (il soprannome gli fu imposto per i suoi occhi a mandorla) puntò al primo posto ma a cominciare da sotto, da dietro, dal fondo. Fu così che Malabrocca arrivò ultimo nel Giro d’Italia del 1946 a 4 ore, 9 minuti e 34 secondi da Bartali: un’impresa. E fu così che, superandosi (o meglio, facendosi superare), migliorandosi (o meglio, peggiorandosi), arrivò ultimo anche nel Giro del 1947 a 5 ore, 52 minuti e 20 secondi da Coppi: un capolavoro. Un uomo solo al comando, anche lui, benché dall’altra parte del gruppo, finché non incontrò un altro fenomeno nella lenta lotta al fuori tempo massimo. Sante Carollo, vicentino di Montecchio Precalcino, muratore, più giovane di quattro anni, chiamato dalla Wilier Triestina all’ultimo momento per sostituire Fiorenzo Magni al Giro d’Italia del 1949, si rivelò impreparato, inadeguato, inadatto, insomma, a suo modo più forte (o meglio, più lento) del fortissimo (o meglio, lentissimo) Malabrocca. La differenza: Carollo era un autentico brocco, Malabrocca un finto brocco.


Malabrocca è la zona Cesarini, il canestro alla sirena e il gong finale del ciclismo, ne è anche l’ultima spiaggia, l’ultima moda e l’ultimo grido. Geograficamente è l’orizzonte, automobilisticamente è il testacoda, familiarmente è il sottosopra, latinisticamente è l’in extremis, tecnicamente è la moviola. Malabrocca è quanto di più umano ci sia fra gli eroi, quanto di più bradipo ci sia fra i ciclisti.

Per festeggiare, esaltare, osannare Malabrocca, da mesi - lentamente - si tramava per organizzare eventi indimenticabili. La pandemia ha sconvolto piani, progetti, programmi. Ma qualcosa si farà comunque. Tortona ricorda il suo campione al contrario con due gigantografie, davanti al municipio e al Palazzo Guidobono, e con una pedalata proposta dai ciclostorici della Mitica. Domani (lunedì 22 giugno) Serena Malabrocca, la nipote di Luigi, allestirà il virtuale assembramento “Siamo tutti Malabrocca!” sulla sua pagina Facebook con l’aiuto di Roberto Lauciello, l’autore della graphic novel sul nonno pubblicata da ReNoir, che ha indetto un “contest” di disegni, caricature, vignette, illustrazioni. Domani ci sarà una diretta streaming sulla pagina Facebook Tortona Oggi con la stessa Serena, Giampaolo Bovone e forse Gino Cervi. E domani, modestamente, contribuirò alla memoria del Cinese con una storia raccontata per Wikiradio (Rai Radio 3 alle 14).

 

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COMMENTI
se pensate,
21 giugno 2020 13:04 canepari
in base al pezzo di Pastonesi, che parlare di Malabrocca, “la maglia nera”, voglia dire raccontare le storie di uno che col ciclismo ha poco da spartire o di uno che gli ordini d’arrivo li vedeva soltanto alla rovescia, ebbene: siete in abbaglio. Luigi Malabrocca è stato un buon corridore professionista, anzi “molto professionista” nel senso che lui, nella fatica dei pedali, più che la gloria cercava i soldi. Era sufficiente infatti che ci fosse un bel premio in palio e che la concorrenza non fosse di primordine perché non facesse fatica ad aggiudicarsi qualche corsa: saranno 6 nel 1946 e ben 17 totali, nella sua lunga carriera. Ad esempio, siccome c’erano dei bei premi per il vincitore, trionfa nella classica Parigi-Nantes. L’Equipe titola a taglio alto di apertura: [La “Lanterna” del Giro illumina Parigi]. E la vittoria nel Giro di Croazia e Slovenia? E la Coppa Agostoni? E il titolo tricolore e le belle prestazione nel fango delle Cicloprato? E no, caro Marco, Pur essendo il migliore degli ultimi non avrà mai l’onore di far parte della tua Equipe dei “non vincenti” perché quando c’era in ballo la moneta sapeva bene come fare.

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