VISCONTI. «RIPARTO CON UN SOGNO AZZURRO»

PROFESSIONISTI | 14/08/2019 | 09:54
di Stefano Fiori

Giovanni Visconti è considerato unanimemente uno dei senatori più qualificati del plotone del ciclismo italiano. 36 anni compiuti, essendo nato nel giorno fatidico del 13 gennaio come Pantani, Oss e il vincitore del Tour 2019 Egan Bernal, Pro dal 2005 con 39 vittorie inclusi tre campionati italiani, il Giro di Turchia, 2 tappe e la classifica finale del GPM al Giro d'Italia, 4 tappe al Giro d'Austria, Visconti è tornato quest'anno al team che lo ha lanciato, la Neri Sottoli Selle Italia KTM di patron Giuliano Baronti, Angelo Citracca e Luca Scinto, dopo due anni di militanza nella Bahrain-Merida al fianco di Nibali.


Nel 2019 un avvio di stagione un po' tribolato, dovuto a problemi fisici, poi due belle vittorie, in Slovenia e Austria, che gli avevano fatto capire di essere sulla strada giusta, fino all'11 luglio scorso, quando fu protagonista di una terribile caduta, come lui stesso ci racconta:” «Si correva la quinta tappa del Giro d'Austria, che sentiivo di poter vincere dopo essermi già imposto due giorni prima. Per farla breve al termine di un lungo tunnel in discesa ci siamo trovati di fronte a una curva secca, roba da pazzi averla inserita lì, così siamo caduti io, lo spagnolo Barbero e l'austriaco Schonberger, mio compagno di squadra che è ripartito quasi subito, mentre Barbero ha riportato la frattura della clavicola. Io sono rimasto a terra per quasi mezz'ora, con il terrore di perdere conoscenza e di essere soggetto a una grave emorragia poiché soffro di sferocitosi e temevo nella caduta che fosse stata interessata la milza. Finalmente è arrivata l'autoambulanza e sono stato trasportato all'ospedale di Salisburgo dove il responso è stato di un costola fratturata e per fortuna nessun problema alla milza. Successivamente sono rientrato in Italia e ora sto ultimando le cure con un bravissimo infermiere di Monsummano, Francesco Paoli».


Il rientro alle corse quando è previsto?

«Per ferragosto, al Giro della Repubblica Ceka a tappe».

Come valuti il 2019 del team Neri Sottoli?

«Ottimo, io ho iniziato a carburare solo in estate a causa dei problemi avuti in primavera, ma Velasco – una bella rivelazione – e gli altri sono stati molto bravi. Peccato per il mancato invito al Giro....».

Sassolini nella scarpa da togliere?

«Ormai serve a poco... Gli organizzatori sono liberi di fare ciò che vogliono, però in Italia siamo i soliti autolesionisti, mai dando una mano ai team nostrani che sopravvivono tra mille problemi. In Francia e Spagna accade il contrario, le prime squadre ad essere selezionate sono quelle nazionali, là hanno capito che serve a ben poco, per la corsa e per il pubblico, ingaggiare team esteri semisconosciuti. Peccato perché con questo tran tran si fanno disamorare sponsor appassionati e importanti come il nostro patron Giuliano Baronti. E in futuro sarà ancora peggio con la pessima riforma del World Tour che restringerà ulteriormente la possibilità di invitare squadre della nostra categoria. Insomma, la vedo brutta per il ciclismo italiano che non ha più nemmeno una squadra World Tour».

Ti passa per la testa l'idea di smettere?

«Per ora no, mi sento ancora integro e competitivo. Vorrei ottenere un contratto per un anno ancora poi deciderò, anche se l'idea sarebbe quella di gareggiare ancora per due, tre anni».

I tuoi figlioletti, Thomas e Noemi, li stai indirizzando verso il ciclismo?

«Assolutamente no! Non sono matto. Oggi è da pazzi mettere dei giovani su di una bici e portarli a percorrere le strade. Quando esco per allenarmi c'è sempre il timore di non rientrare a casa, come accadde al povero Scarponi e a tanti altri. Io addirittura ho cessato di reagire con gestacci verso chi mi mette in pericolo, da un auto o da un camion. Più di una volta mi hanno minacciato con armi improprie, insultato verbalmente dopo manovre da criminali. Oggi la gente che guida mi sembra impazzita, tutti hanno fretta, tutti guidano con il sangue agli occhi e tenendo ben stretti i loro telefonini. Ma in che razza di mondo stiamo vivendo?».

Che obiettivi ti poni da qui a fine stagione?

«Anche se non sarà facile punterò alla maglia azzurra per il mondiale in Inghilterra. Il percorso mi si adatta e cercherò di convincere il CT Cassani che con la mia esperienza e la mia duttilità posso essere utile alla squadra. Intanto gareggerò nella Parigi-Bruxelles, nel GP Fourmies e poi in tutte le gare italiane, Giro di Toscana incluso. Ce la metterò tutta».

Intanto sembra che il tuo ex compagno di squadra Nibali abbia rinunciato alla gara iridata: cosa pensi della situazione che si è creata al team Bahrain-Merida in cui hai corso per due anni?

«Certi scricchiolii si erano già sentiti anche lo scorso anno e quindi non mi sono meravigliato. Quel gruppo si è sgretolato lentamente e
ora si cerca di correre ai ripari, ma non sarà facile anche se Copeland è in gamba. Vincenzo non poteva più continuare in questa situazione così confusa, va capito».

Tornando al mondiale, a chi si adatta tra gli italiani?

«Sicuramente a Trentin, Colbrelli e forse a Bettiol se tornerà quello del Fiandre. Viviani non credo che possa avere chances su di un percorso simile, se sarà al via».

Concludiamo con il calcio: è risaputo che tu sia un tifoso del Milan: come va?

«Malino, direi, forse abbiamo trovato qualche giovane interessante ma siamo ancora assai lontani dai top club come Juve, Inter e Napoli. A ripensare al grande Milan dei Van Basten & C.vengono le lacrime...».

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