VIAGGIO A SAN JUAN, LA TERRA DELL'ORO

PROFESSIONISTI | 26/02/2018 | 07:19
Quattro settimane fa si concludeva la Vuelta a San Juan. Ci sono state molte altre corse, nel frattempo, ma vogliamo proporvi di ripercorrere con noi questo viaggio attraverso il reportage che Giulia De Maio ha firmato per tuttoBICI, un reportage nel quale ciclismo e territorio, passione e sorprese si fondono in un quadro di mille colori.

Abbiamo chiuso il 2017 con l’alfabeto cinese, iniziamo il 2018 con quello argentino
. Il ciclismo ci permette di viaggiare e scoprire mondi nuovi e lontani dal nostro. Se la stagione scorsa l’abbiamo conclusa al Tour of Guagxi nell’estrema Asia, ora di ritorno dalla 36esima Vuelta a San Juan vogliamo condividere con voi quanto abbiamo imparato di una zona del mondo dall’altra parte dell’oceano che si definisce, a ragione, la capitale del ciclismo sudamericano.

A come ATTESA. Un momentito è la pa­rola d’ordine degli argentini. Per­so­ne squisite e dal cuore d’oro, ma dai tempi molto lunghi. A differenza no­stra, non conoscono cosa sia la fretta, quindi è inutile metter loro pressione nella speranza che si diano una mossa. Sia che si tratti del check in aeroporto o di darvi un’informazione qualsiasi. Non stressatevi e prendetela con filosofia. In fondo siamo alla Vuelta a San Juan, la prima corsa dell’anno, e non al Tour de France. Possiamo concederci un po’ di calma, non ci corre dietro nessuno.

B come BIFE. Gli argentini amano il buon cibo quanto la vita, la musica e il tango. Bevanda tradizionale è il mate, un tè verde amaro, che viene sorseggiato a qualunque ora. Per provare i piatti tradizionali occorre recarsi in una parrilla, ossia un ristorante specializzato in carne, che offre grigliate in stile rurale e familiare. Non si può tornare a ca­sa senza aver provato l’asado, una grigliata di carne cucinata all’aperto sulla brace e servita su un vassoio ri­scaldato chiamato brasero. A San Juan ho mangiato il bife (controfiletto) più buono di sempre.
 
C come CONDOR. 
È il soprannome di Gonzalo Najar, il ventiquattrenne campione nazionale argentino, che ha conquistato la Vuelta con 51” su Se­vil­la e 1’11” su Ganna. Il portacolori della S.E.P, formazione Continental di San Juan, ha mandato in visibilio i suoi connazionali imponendosi all’Alto del Colorado, al termine di una impressionante azione personale, quindi ha difeso la maglia bianca di leader nelle ultime due frazioni. «Questa corsa per noi corridori argentini è la più importante dell’anno, sono felicissimo» ha commentato dopo la tappa finale.

D come DAKAR.
Due giorni prima del via della corsa, da grandi appassionati di motori, alcuni corridori hanno visitato il paddock della Dakar, il rally più famoso al mon­do che attraversa Perù, Bolivia e Argentina e nelle tappe finali ha proprio toccato la città di San Juan. Tra i più entusiasti Giacomo Nizzolo, Matteo Pelucchi e Niccolò Bonifazio, tre piloti mancati, così come Vincenzo Nibali, che non ha perso l’occasione di posare per una foto di rito con campioni del calibro di Carlos Sainz e gli italiani in gara. Tutti, a loro volta, ciclisti praticanti e appassionati.

E come ESPN. Per la prima volta, an­che in Italia, abbiamo potuto seguire ogni istante della Vuelta a San Juan. L’organizza­zio­ne, magistralmente coordinata dal “nostro” Roberto Amadio (sulla carta responsabile dei rapporti con i team, nella realtà consigliere a tutto campo delle autorità locali alla guida della manifestazione) ha offerto la diretta integrale di ogni tappa grazie al supporto totale di ESPN Sud Ame­ri­ca, alle varie testate giornalistiche mondiali. Lo streaming su tuttobiciweb.it ha appagato la vostra “fame” di ciclismo di inizio anno?

F come FERNANDO.
Gaviria, vincitore della prima tappa, out alla quarta in seguito a una caduta. Lo sprinter co­lombiano ha iniziato una nuova stagione a braccia alzate, regalando il secondo successo del 2018 alla Quick Step Floors, già a segno in volata con Elia Viviani al Santos Tour Down Under. Nonostante le botte ri­portate tre giorni più tardi, come previsto riattaccherà il numero dorsale alla Oro y Paz, corsa di casa, in cui cercherà subito riscatto. Ha dichiarato di non essersi mai preparato bene come quest’inverno e i rivali sono avvisati.

G come GANNA.
Filippo è stato l’italiano che ci ha regalato le azioni più interessanti in questa corsa. Il 21enne piemontese, iridato a Londra 2016 nell’inseguimento, ha indossato la maglia di leader per due giorni ed è salito sul podio finale della generale, con addosso il simbolo del primato di miglior Un­der 23. Il corazziere della UAE Emi­rates, che pesa tre chili in meno rispetto a un anno fa, ha dimostrato di essere cresciuto e di avere gambe e carattere per poter togliersi parecchie soddisfazioni, anche su strada. Prossimi obiettivi per lui: mondiali su pista e classiche del nord.

H come HOCKEY A ROTELLE.
Filippo Pozzato è molto amato anche in Sud America: alle tv locali al seguito della Vuelta a San Juan ha rivelato che fino ai 13 anni, prima di scegliere la bicicletta, ha praticato hockey su pista, uno degli sport più popolari dopo il calcio da queste parti insieme al pattinaggio a rotelle. Nella sede dell’Olimpia Patin Club di San Juan, Pippo per un quarto d’ora è tornato bambino, avendo l’occasione di giocare una partitella con una vera leggenda di questa disciplina: Francisco “Panchito” Velázquez, il Ma­radona dell’hockey.

I come INCUBO. È quello che ha vissuto Gia­como Nizzolo lo scorso anno e che è svanito con il rientro alle corse in Ar­gentina. Dopo una stagione da dimenticare, il brianzolo della Trek Se­gafredo è tornato a sprintare come ai bei tempi. Risolti i guai fisici (potete leggere quanto ci ha raccontato al riguardo nell’intervista su questo numero, ndr), nell’ultima tappa ha centrato una vittoria che lo fa ben sperare per il prosieguo della stagione. La sua ambizione è tornare a pedalare come nel 2016, quando vinse la maglia tricolore e fu quinto al mondiale.

J come JOSU. Garai è il capo ufficio stampa della corsa. Insieme al collega Andrea Agostini, è stato colui che ha coordinato il lavoro della stampa internazionale invitata a San Juan. Origi­nario di Bilbao, ma da anni residente a Madrid, è stato la firma di riferimento del ciclismo di Marca, il quotidiano sportivo più letto in Spagna. Coor­di­na­tore dei mondiali di Ponferrada 2014, in carriera vanta 28 Vuelta, 27 Tour e 11 Giri come inviato. L’abbiamo so­prannominato “uomo cronometro” per­ché il suo count down in sala stampa segnava ogni giorno il tempo limite entro cui potevamo utilizzare la linea internet per inviare i nostri pezzi.

K come KO. Un virus è serpeggiato in mezzo al gruppo. Tanti corridori sono stati colpiti ed hanno evidenziato problemi gastrointestinali, soprattutto nei primi giorni. Il nome più prestigioso che vantava la starting list addirittura è stato costretto a non partire. Vincenzo Nibali è rimasto in albergo e ha dovuto rinunciare all’esordio stagionale per colpa di un improvviso quanto violento rialzo febbrile importante. Peccato per lui e per la manifestazione. Lo Squalo però non si è perso d’animo e già il giorno successivo era di nuovo in sella. In gara lo vedremo al Dubai Tour.

L come LLEGADA. L’arrivo, tanto agognato da tutti i corridori. Ma anche da noi giornalisti che in zona traguardo po­tevamo contare su una sala stampa ben attrezzata con tv e wi-fi per seguire la corsa e raccontarla. Novità di questa edizione la quarta tappa con partenza da San Jose Chacal e arrivo a Vil­la San Agustin nella Valle Fertil. Quel giorno la carovana si è messa in moto alle 7 del mattino per rientrare in hotel alle 22. Una bella sfacchinata, che però ci ha permesso di visitare strada facendo Ischigualasto, noto per i resti dei più antichi dinosauri conosciuti, e di ammirare le terre aride della Valle della Luna.

M come MULLEN.
Ryan ha centrato la prima vittoria del 2018 per sé e la sua nuova squadra, la Trek Segafredo, nella cronometro. Il ventitreenne irlandese ha dedicato il suo successo all’ex compagno Jason Lowndes, ucciso da una auto in Australia, mentre si stava allenando a Victoria, pochi giorni prima di Na­tale. «Era un mio carissimo amico e purtroppo non è più tra noi. La strage di ciclisti sulle strade di tutto il mondo è uno scempio inaccettabile». Ascol­tan­do­lo, noi abbiamo pensato a Michele Scarponi e a quanto ci manca, anche qui a San Juan.

N come NARCOS.
La serie tv di Net­flix, che racconta la storia vera della di­lagante diffusione della cocaina tra Sta­ti Uniti ed Europa negli anni Ottanta, ha impazzato nel gruppo media alla Vuelta a San Juan. Il nostro fotografo Ilario Biondi si era scaricato sul computer le prime due stagioni, incentrate sulla lotta delle autorità colombiane e della DEA contro il narcotrafficante Pablo Escobar e il cartello di Medellin, e le ha “spacciate” ai colleghi. Una pun­tata dopo l’altra ha imparato lo spagnolo, o per lo meno lo slogan di Escobar “plata o plomo” (soldi o piom­bo). Chissà se lo inizierà ad utilizzare con chi usa le sue foto senza chiedergli il permesso...

O come ORO.
Da dove arriva la ricchezza di questa zona dell’Argentina? Dal­le miniere, soprattutto di oro. L’area più florida in questo senso è San Juan de Oro, nel dipartimento di Santa Catalina nella provincia di Jujuy, da dove arriva - pensate un po’ - il vincitore della 36esima edizione della Vuelta Gonzalo Najar. Un gioiello di valore per il ciclismo argentino.

P come PICK UP. Il mezzo di trasporto più utilizzato in Argentina. Le persone, di ogni ceto sociale, lo preferiscono alle classiche automobili perché il suo cassone posteriore è utile per trasportare qualsiasi cosa: materiale di lavoro, prodotti raccolti in campagna, ma anche animali o passeggeri che non ci stanno in cabina. Ne ho visti di vecchi e scassati come di nuovi, ce n’è davvero per tutti i gusti.

Q come QUE CALOR! In Argentina in questo periodo dell’anno è estate, quin­di fa caldo. Non è una sorpresa. Questa volta il meteo è stato però atipico: alla sera ha piovuto spesso quindi durante il giorno le temperature, seppur alte, erano sopportabili. I computerini dei corridori hanno segnato fino a 45°, ma rispetto alla passata edizione non hanno dovuto convivere con un’umidità incredibile. Insomma: caldo, ma non caldissimo.

R come RICHEZE.
In gara c’erano ben tre atleti con lo stesso cognome, tre dei quattro dei fratelli Richeze. Dal più grande al più piccolo: Maximiliano (Quick Step Floors), Mauro e Adrian (ACA Virgen de Fatima) e al seguito c’era anche papà Omar, “colpevole” di aver trasmesso a tutti l’amore per il ciclismo portando i figli a vedere qualche gara quando erano piccoli. Maxi è il più conosciuto perché fa parte di un team WorldTour e ha saputo anche vincere, come nei giorni scorsi, ma è solo uno dei Richeze in sella. Tra l’altro, da dilettanti tutti sono cresciuti in Italia.

S come SEVILLA. Oscar Sevilla, secondo nella classifica generale, a settembre compirà 42 anni, ma non ha alcuna intenzione di smettere di correre. Lo spagnolo trapiantato in Co­lom­bia continua a battagliare con colleghi ben più giovani e, spesso, a metterseli alle spalle. Soprattutto quando la strada sale, come è capitato alla Vuelta a San Juan. «Potrei essere il papà di Gan­na, è vero...» risponde divertito alle nostre provocazioni. «Però il ciclismo mi diverte ancora molto. Il passaporto dice che ho 41 anni, ma io me ne sento 30».

T come TIVANI. Nicolas è stato il miglior sanjuanino della gara. Direte, quanti mai saranno gli atleti di San Juan? Quasi metà gruppo considerando che c’erano ben 5 team Continental legati alla regione. Lo sprinter del­la Trevigiani Phonix, campione nazionale in carica sia su strada che a cronometro tra gli Under 23, è stato inoltre il volto della corsa: infatti è apparso nei video promozionali, sui cartelloni pubblicitari sparsi per la città, sui mezzi e dé­pliant della gara. Persino sull’elicottero della televisione. Praticamente dovunque.

U come UNAC. Il futuro della Vuelta a San Juan è assicurato anche per i prossimi anni. Nel giorno di riposo della corsa argentina, il governatore della provincia Sergio Uñac ha incontrato la stampa e assicurato che l’investimento nello sport e nel ciclismo in particolare aumenterà. «La chiave per promuovere la pratica sportiva è co­struire infrastrutture per far giocare, pedalare e correre grandi e piccini in sicurezza» ha detto, dando il via ai la­vori per il nuovo velodromo che, con i suoi 6.500 posti, sarà il più grande al mondo.

V come VITO. Una leggenda. Vito Mu­lazzani ha 70 anni ma ha lo spirito di un ragazzino e un’energia che farebbe invidia a un ventenne. Ex motociclista, pilota ufficiale Guzzi, in carriera vanta 42 Giri d’Italia. Ha iniziato alla guida della moto di radioinformazioni, poi è passato a trasportare i fotografi, quindi è diventato ispettore di percorso e da ultimo è entrato a far parte della direzione in corsa del grande giro di casa nostra. Qui a San Juan ha guidato la moto del nostro Roberto Bet­tini, permettendogli di scattare le belle fotografie che accompagnano questo articolo.

W come W I CORRIDORI!
Se San Juan è la capitale del ciclismo argentino, i sanjuanini vanno matti per questo sport. Se ne intendono e lo seguono con grande passione. Alla presentazione delle squadre, alla vigilia della cor­sa, lo stadio Aldo Cantoni era strapieno, anche se per entrarvi e assistere all’evento con tanto di show musicale e danze tipiche, bisognava pagare 20 pesos a testa. E a ogni arrivo di tappa era un boato davvero emozionante per la quantità di gente a bordo strada. L’ultimo giorno erano 150.000...

Z come ZONDA. Nella provincia di San Juan la ruta del vino costituisce uno dei circuiti turistici più tradizionali e frequentati dai visitatori provenienti da tutto il mondo. Ne abbiamo approfittato anche noi, prima di tornare a casa. Con dei colleghi abbiamo visitato alcune botteghe specializzate nella produzione di vino e olio per poi pranzare a La Coqueat di Zonda, ristorante specializzato in cucina alla brace, dove ab­biamo bevuto e mangiato alla grande. Che ve lo dico a fare? Da domani: die­ta. Almeno fino alla prossima gara.

Giulia De Maio, da tuttoBICI di febbraio
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