STORIA | 23/08/2016 | 08:18 Il termine “musette” ha vari significati nella lingua francese. Infatti, il vocabolo può indicare, secondo la collocazione nel contesto del discorso, uno strumento musicale a fiato, con variazioni che si estendono fra il flauto, il piffero e il corno, un genere musicale dove spicca il famoso valzer-musette che ha nella fisarmonica lo strumento base, un tascapane e una sacchetta.
Nel ciclismo di varie epoche la “musette” era, e lo è ancora, il sacchetto in stoffa, con striscia a tracolla, recante la scritta e i loghi del gruppo sportivo, dove i massaggiatori ripongono il “rifornimento” da consegnare in corsa ai corridori. Fino a non molto tempo fa “musette” era il termine maggiormente usato nell’ambiente dai corridori e dai masseurs, tanto per continuare a usare parole d’Oltralpe, per indicare appunto il contenitore del rifornimento nelle varie lingue. Ora ha preso sempre più piede la definizione di sacchetto rifornimento.
La premessa è per parlare delle corse definite “à la musette”. E' un tipo di gara ciclistica che è stata in grande auge, soprattutto in Belgio, nella regione delle Fiandre in special modo, e nelle confinanti zone di Francia e Olanda, in un passato anche recente. Un genere d’attività che continua tuttora, anche se il numero di queste manifestazioni è in decrescendo.
Le corse “à la musette” si disputavano, allora come ora, soprattutto in occasione della “kermesse”, ossia la festa patronale di un comune o di una parrocchia, la sagra con le giostre e altre iniziative collegate tanto che la parola ”kermesse” ha assunto poi anche un preciso significato ciclistico, ma non solo.
In special modo nelle Fiandre, nei villaggi della terra dei “flahute” – questo è il termine gergale che contraddistingue e indica i “fiamminghi” puri - in pratica ogni piccolo villaggio aveva la propria corsa "à la musette", definibile anche come criterium. Non vogliamo entrare qui nei meandri dei vari regolamenti che cercano di definire tecnicamente le differenze fra circuiti, kermesse, tipo-pista e altro ancora. Cerchiamo invece di rendere il clima che caratterizza ancora queste manifestazioni, vere e proprie gare, senza respiro, definite appunto “à la musette” poiché l’ingaggio è costituito per tutti i concorrenti, da una “musette” contenente un rifornimento alimentare e idrico standard. Per favorire l’agonismo e la combattività dei concorrenti ci sono molti premi, in denaro o natura, aggiudicati ai vari passaggi del breve circuito tracciato nell’ambito territoriale della zona interessata dalla “kermesse”, di solito nel cuore dei centri abitati, con curve, controcurve, pavé, brevi ma ripidissimi dislivelli con il numeroso pubblico che non fa mai mancare il proprio incitamento fra un boccale di birra, uova sode e le patatine fritte, le famose “frites”. D’abitudine il centro organizzativo di queste manifestazioni è nella birreria più spaziosa del paese, dove gli abitanti fanno anche a gara per mettere a disposizione dei concorrenti le proprie abitazioni, prima per cambiarsi e dopo per la doccia ristoratrice.
Le gare “à la musette” sono state, e per certi versi continuano ad essere, l’ambiente di formazione, una sorta di nave-scuola per l’apprendimento di molti risvolti del mestiere, dei corridori fiamminghi. E’ una tipologia di “duri”, anzi “duracci”, che fanno dello scatto e della resistenza alle condizioni climatiche fredde, bagnate, più severe, il loro punto di forza che affinano con il DNA ciclistico naturale, insito nelle loro caratteristiche e nella loro passione per le due ruote.
Vogliamo concludere queste note con un richiamo, un po’ più gentile, musicale, riferito al valzer-musette. E qui si propone il nome di Yvette Horner, francese, anno di nascita 1922, artista e virtuosa della fisarmonica, che si collega al ciclismo quale “star” di prima grandezza e popolarità della carovana del Tour de France, dal 1952 al 1963. Anticipava il passaggio dei corridori e, uscendo dall’abitacolo della sua vettura che reclamizzava l’aperitivo-amaro Suze, era un personaggio di grande, immensa, popolarità con la sua fisarmonica che suonava valzer-musette. Nel 1959, all’arrivo di una tappa del Tour che si concludeva sulla pista di atletica dello stadio di Aosta e vinta da Ercole Baldini, in maglia iridata, Yvette Horner intrattenne a lungo, e con eccezionale successo, il pubblico che, per un black-out informativo, era privo di qualsiasi notizia e o informazione sullo svolgimento della corsa.
Le sono succedute nella carovana pubblicitaria del Tour, sempre all’insegna di Suze, ma con diverse specificità, altre due grandi artiste quali Annie Cordie e Line Renaud. Giuseppe Figini
Credo che in gergo Courir à la musette volesse dire anche correre senza un contratto fisso, si diceva quando c\'erano gli indipendenti e i direttori sportivi li ingaggiavano nelle loro squadre solo per una o poche corse. Così come C\'est dans la musette si dice ancora di una corsa già vinta, l\'equivalente del nostro \"averla in tasca\"
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