L'ORA DEL PASTO. VELOSTAZIONE DI BOLOGNA, L'ARTE DELL'INCONTRO,. GALLERY

NEWS | 04/11/2025 | 08:15
di Marco Pastonesi

E’ un’oasi. E’ un presidio. E’ un campo neutro, un rifugio antistress e antitraffico, un principato della lentezza e della sostenibilità. E’ un centro immobile della mobilità. Ed è anche un centro – ma sì, non è una parolaccia - culturale.


E’ la Velostazione di Bologna. A due passi dalla stazione ferroviaria, da una parte, e a due dalla biblioteca Salaborsa, dall’altra, e ad altri due dalle Due Torri. Si entra e, porte scorrevoli, si rallenta, si respira, si accede a un piccolo mondo antico dove, invece di vendere, si ripara, e invece di duellare, ci si allea, e invece di scontrarsi a videogame o a carrozzerie, ci si sfida a scacchi.


Via dell’Indipendenza 71/Z: 1577 metri quadrati interni, 300 metri quadrati esterni, la scala monumentale del Pincio e i giardini del Pincio, la sua natura di rifugio (antiaereo) durante la Seconda guerra mondiale, la sua vocazione di parcheggio (per auto, oggi la nemesi, per bici), il suo spirito di solidarietà (sede di associazioni, incontri, appuntamenti…), soprattutto la sua indole ciclistica. Qui si trova Cicli Neri, qui si trova Salvaiciclisti, qui si parcheggiano “le bighe”, qui si noleggiano le bici, qui si aggiustano dalle Grazielle in su, qui si vendono (a 50 euro) biciclette restaurate di quelle che il Comune di Bologna aveva messo a disposizione di cittadini e turisti.

Secondo il progetto Ex.Dinamo, la Velostazione è “una casa per i ciclisti urbani, un hub dotato di ogni servizio per chi si sposta in bicicletta”, compresi “logistica, assistenza ai turisti, consulenza e piccolo ristoro”. Cicli Neri, per esempio: oltre a riparazioni, noleggi, vendite e parcheggio, anche la marchiatura, un deterrente contro i ladri di biciclette (a Bologna spetta forse il primato mondiale), l’incisione con una fresa di un codice identificativo sul telaio, l’applicazione di un adesivo protettivo, il rilascio di un certificato del mezzo e la registrazione nella banca dati Mondialmark. Salvaiciclisti, per esempio: non solo sede e officina, ma anche “Bike me to the moon”, pedalate notturne per le strade di Bologna illuminate dalla luna piena, oltre che dalle luci delle bici. E poi uscite, e poi viaggi, e poi – appunto – incontri.

La bicicletta è l’arte dell’incontro.

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