APPROFONDIMENTI | 30/12/2024 | 08:25 di Giorgio Viberti Quando un "Grande" come Gian Paolo Ormezzano se ne va per sempre, molti hanno la tentazione di ricordarlo autocelebrandosi: “Lo conoscevo bene, quella volta che insieme andammo, scrivemmo, vivemmo…”. Io invece - ultimo fra i piccoli - vorrei soltanto provare a trasmettere ai più giovani un’immagine, anzi due, della straordinaria statura umana e professionale di GPO, come lo chiamavamo, sommo e inimitabile giornalista, davvero unico nel suo genere, con il quale ebbi il privilegio di condividere tanti anni nella redazione del giornale torinese La Stampa. Qualche mese fa ero andato a trovarlo a casa sua e lui, Gian Paolo, con la solita ironia anche sulle proprie precarie condizioni di salute mi ha regalato due suoi libri - fra i quali vi consiglio in particolare il prezioso “Io c’ero davvero, reportage da due virus: il covid e il giornalismo”, Minerva Edizioni - oltre a una valanga di storie esilaranti e aneddoti, dai quali ho scelto quello che segue. “Autunno 1974, a Kinshasa ex Léopoldville, Zaire ex Congo belga, il dittatore Mobutu regala ai suoi sudditi il match di boxe del millennio per il Mondiale dei pesi massimi tra lo sfidante Muhammad Ali, 32 anni, e il detentore George Foreman, 25. Il primo è considerato il vero nero d’Africa che torna dalla sua gente, Foreman invece è lo «zio Tom» d’America, amico dei bianchi. Da pochi mesi sono direttore di Tuttosport ed era andato in Sudafrica per un servizio sull’apartheid, ma mi viene in mente di raggiungere Kinshasa per provare a intervistare Ali. Telefono a Gianni Minà, lui pure torinese, con il quale ero cresciuto professionalmente a Tuttosport. Dopo 10 minuti mi richiama e mi dice di contattare sul posto Angelo Mirinda, detto Dundee, che in realtà si chiamava Mirena o Merenda, come il padre che aveva origini calabresi. Dundee era l’allenatore di Ali. Arrivo a Kinshasa senza accredito, da perfetto sconosciuto. Davanti alla palestra dove si preparava Ali ci sono oltre mille giornalisti, che aspettano le poche frasi concesse loro nelle brevi conferenze stampa quotidiane. Io cerco e individuo Dundee, che subito mi chiede se sono l’amico di Minà. Annuisco e lui mi porta dentro da Ali, con il quale parlo a tu per tu per quasi due ore, presenti oltre a noi due solo Mirinda e il massaggiatore personale del pugile. ‘Anche uno dei re dell’antica Roma era nero, come me’ asserisce a un certo punto Ali. ‘No’ oso contraddirlo, ricordandogli a memoria il nome dei sette re di Roma, nessuno dei quali era di colore. ‘Eppure c’era un certo Hannibal, o Hasdrubal, che era nero!!! - ribatte Ali. ‘Venne dopo, non fu re di Roma e non era nero ma di origini arabe’ sento il dovere di aggiungere e così scateno l’ira di Ali, che si alza, fa per avventarmisi contro ma viene fermato in extremis dal massaggiatore, che per fortuna era più grande lui. Ma ci pensi? Ho rischiato di finire ko per un pugno di Ali, il più grande di tutti! Sicuramente sarei passato alla storia, che occasione persa…” concluse Gian Paolo, con quella sua risata contagiosa. Secondo aneddoto. Olimpiadi di Sydney 2000: Gian Paolo Ormezzano è inviato da La Stampadi Torino per seguire anche le gare di nuoto. Assiste di persona al primo oro nella storia del nuoto azzurro, conquistato da Domenico Fioravanti che fece addirittura doppietta: 100 e 200 rana. GPO celebra, affresca, cesella come suo solito, ma per una volta in uno dei suoi servizi incespica. In piscina furoreggia l’olandese Pieter Van den Hoogenband, che conquista l’oro nei 100 stile libero, la gara regina, battendo l’immenso russo Popov, e poi si ripete con record mondiale nei 200 sl, davanti al favorito padrone di casa Thorpe e al nostro Rosolino. GPO manda il pezzo al giornale su Van den Hoogenband nel tardo pomeriggio italiano, quando a Sydney però è già quasi l’alba. E la stanchezza lo tradisce: nell’articolo, come sempre esemplare, il complicato nome “Van den Hoogenband" è scritto in quattro modi diversi. In redazione a La Stampa ero solito essere io a passare i pezzi di nuoto, sport che mi era stato affidato da una decina d’anni. Scopro i refusi di GPO, li correggo ma non dico nulla in redazione e l'indomani, quando Gian Paolo chiama i caporedattori, chiedo di parlargli: “Gpo, scusa se mi permetto - gli dico misurando le parole e con la giusta deferenza che Ormezzano meritava - ma hai scritto Van den Hoogenband in quattro modi diversi. Volevo solo dirtelo, perché magari se i tuoi pezzi futuri li passa un collega che non sa molto di nuoto c’è il rischio che l’errore esca sul giornale…”. Aspetto con qualche timore la sua reazione, ma GPO mi dà l’ennesima lezione di vita: “Grazie Giorgio, per fortuna che l’hai passato tu. Qui per i problemi di fuso orario dormiamo pochissimo e siamo spesso stanchissimi, ma sono le Olimpiadi, bisogna viverle il più possibile e fino in fondo. Scusami per gli errori. E grazie ancora!”. Ecco chi era Gian Paolo Ormezzano: un gigante assoluto del giornalismo, un grande scrittore, un uomo di vastissima cultura, ma anche una persona umile, gentile, spiritosa, ironica, divertente, inimitabile, unica…
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