TUTTOBICI | 30/12/2024 | 08:20 di Gian Paolo Porreca Siamo ancora qui, incerti al valico di dicembre, noi che già di ottobre ne sbirciavamo le indiscrezioni, maestro in merito Paolo Viberti - e non ricorriamo alla terminologia sciocca di “spoilerate”, così bello appunto “indiscrezioni” o “anticipazioni” -, sul percorso ufficiale del Giro di Italia che verrà. Siamo ancora qui, con Tour e Vuelta bene o male avvistati, senza un tracciato del Giro 2025 su cui poter formalmente giurare. Ma fra le giornate di corsa arcisicure, per quanto ci è più prossimo al sentimento e alla fantasia, possiamo senza dubbio cerchiare di rosa fucsia la tappa che porterà la carovana giovedì 15 maggio da Potenza a Napoli. Napoli, arrivo ennesimo, nel segno di un feeling fra la città e il ciclismo che vorremmo assicurato non solo dal risvolto economico, ma da una ridesta passione. E sarà curiosamente una prima volta, nella storia del Giro. Già, perché mai al Giro, da Potenza si era arrivati a Napoli. In Campania diversamente e certamente sì. A Teano nel 1961, primo Pietro Chiodini. A Salerno nel ’67, primo Rudy Altig. A Benevento nel 1971, primo Ercole Gualazzini. A Sorrento nel 1975, primo Marcello Osler. A Baia Domizia nel 1986, primo Guido Bontempi. A Caserta nel ’94, primo Marco Saligari. A Montevergine di Mercogliano nel 2001, primo Danilo Di Luca... Bella varietà di geografia e avvincente caleidoscopio di vincitori, se non ci sfugge altro, per le tappe che da Potenza sono arrivate in Campania, ma a Napoli il Giro da Potenza arriverà - o per un eccesso di cautela, “dovrebbe arrivare” - nel 2025 solo per la prima volta. E sarà, per la pur relativa storia del ciclismo, un primato. Ma se questa è una precisazione buona per il presente e il futuro, ben altro peso continua ad avere nella nostra memoria quel percorso inverso fra le due città, la Napoli - Potenza. E che peso specifico singolare, da rammentare ai meno giovani, visse dunque la Napoli - Potenza, disputata in due occasioni, nel 1963 e nel 1969. Napoli fu infatti città di teatro - ma diversamente - in tutti e due gli eventi. Nel 1963, con la partenza ufficiale della corsa con la sua prima tappa, Napoli diede l’incipit alla grande fuga di Vittorio Adorni, che prima all’attacco con Brugnami, poi con Zancanaro, infine in splendida araldica solitudine, avrebbe vinto quella tappa, indossando la maglia rosa. La sua “prima” maglia rosa, con un dorsale sulla divisa Cynar, il “21'” che del Giro più in là - sulle spalle di Eddy Merckx, suo capitano nella Faema nel 1968, al primo Giro da lui vinto - avrebbe targato l’esordio di una epica ancora maggiore. Ma quella Napoli - Potenza del ’63 sarebbe stata altresì il teatro della polemica virulenta tra Lega e Federazione, con al via due maglie tricolori, il veneto Marino Fontana, riconosciuto dalla Lega, e il toscano Bruno Mealli, riconosciuto dalla Federazione... Storia e intrigo di altri tempi, con minaccia di sospensione della corsa e di ritiro dei giudici della corsa, e rischio di invalidarne i risultati. Con il clamoroso ritiro, sin troppo prudenziale, per il dubbio di una squalifica ventilata dalla UCI, del favorito straniero di prammatica Rik Van Looy e dalla sua GBC, con Edgar Sorgeloos, secondo a Potenza, Hubertus Zilverberg e tutti i fedelissimi. Quel Giro sarebbe diventato così un Giro autarchico, ancora più guerra fra italiani, il secondo Giro vinto da Balmamion, ma almeno combattuto su strada, con l’intervento decisivo del CONI a sanare le polemiche, attribuendo da un lato il titolo unico a Bruno Mealli, e impegnandosi di contro a promuovere l’autonomia del settore del professionismo. Anche se in corsa non ci sarebbe stata più la San Pellegrino di Marino Fontana, che ritirò per protesta la sua sponsorizzazione, ma una formazione con gli stessi suoi atleti, da Marzaioli a Zancanaro, ma vestiti in livrea anonima polemicamente nera... Ancora teatrale, ma stavolta in maniera totalmente estranea ai valori e alle diatribe dello sport, fu la partenza drammatica da Napoli della Napoli-Potenza del 1969. Quella volta infatti la corsa fu costretta letteralmente ad andare in fuga, ma a gruppo compatto, da piazza Municipio, per una violenta protesta dei lavoratori portuali che aggredirono gli organizzatori e la carovana. «Mai più a Napoli, il Giro», sentenziò un vilipeso ed umiliato Torriani, si racconta. Con Raschi che avrebbe espresso su pagina la sua amarezza. «Anche i ciclisti sono lavoratori. Non si aggrediscono. Sono i più operai, o forse gli unici tali, dei personaggi dello sport». A Potenza vinse Michele Dancelli, quel 24 maggio, in volata. E come sono cambiate le cose, o almeno qui e dovunque solo in apparenza, da quel “mai più a Napoli, il Giro”, di Vincenzo Torriani del 1969. Ed ora con la frazione che per la prima volta viceversa da Potenza porterà la corsa a Napoli, e al quarto anno di seguito sede di arrivo come per un precetto teologale, sarebbe leale che gli appassionati della città - o almeno gli anziani testimoni di allora - applaudissero emblematicamente il Giro, anche per quegli insulti remoti da stadio fuori luogo. da tuttoBICI di dicembre
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