SOFFI AL CUORE. «DOTTORE, SONO BUI: PERCHE' MI FACEVA ARRIVARE SEMPRE ULTIMO?»

NEWS | 16/12/2022 | 12:20
di Gian Paolo Porreca

La scomparsa di Idrio Bui, il compagno di squadra di Coppi, di Pambianco, di Taccone, un gregario fedele nella Ghigi, della Fides, della Lygie, ci riporta alla mente, anzi al sentimento, quell'incontro casuale con lui, all'Eroica di Gaiole in Chianti, una dozzina di anni fa.


Si presentava un libro, non ricordo bene di chi, e nel mio intervento, raccontando di ciclismo, di passione, di tanta infanzia, mi venne di parlare giustappunto di un gregario che si chiamava Pellicciari e di un altro che si chiamava (giustappunto) Bui. E della loro sorte così drasticamente diversa nella fantasia di quel bimbo che giocava con le biglie che ero stato. «Pellicciari, sapete, lo facevo arrivare sempre primo, e Bui invece sempre ultimo».


E a fine sera, quel mite signore che mi si avvicina e si presenta gentile, «buonasera, dottore, io sono Bui, Idrio Bui, ma mi scusi perchè lei mi faceva arrivare sempre ultimo?».

Ed io che non sapevo davvero, con un sorriso inadeguato, rispondere a quella giusta domanda. Come del resto a tante altre, più o meno importanti, nella esistenza di un uomo solo.

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La storia
16 dicembre 2022 17:49 canepari
della bandiera del ciclismo senese degli anni sessanta è ricca di episodi di varia umanità e soprattutto ricca di vicende ciclistiche che si intersecano con Coppi e il dopo-Coppi, con la povertà nazionale e con accenni del boom economico segnati anche dai primi dignitosi stipendi che vennero finalmente attribuiti ai gregari che facevano tanta fatica. Ebbene Bui era uno di questi, ma era bravo, così bravo che Fausto Coppi in persona lo volle nella sua formazione per dare una mano in salita. Bui non lo ha mai detto, ma dai suoi racconti traspariva che, sul finire della carriera, Fausto in salita non avesse più il bel passo degli anni migliori e ogni tanto, facendo finta di appoggiarsi, i gregari gli davano una piccola spinta… Negli anni del dilettantismo Bui ebbe la ventura di misurasi e, spesse volte, di battere autentici campioni dell’epoca da Nencini a Ciolli, da Ranucci a Boni, da Carlesi a Favèro. Il ciclismo dei puri e la grande passione toscana per la bicicletta hanno accompagnato sempre la carriera del nostro protagonista che vivrà poi alcuni anni da buon professionista. Il tutto, ricordiamolo, in funzione dei figli e della propria famiglia, che Idrio ha sempre considerato valore sacro e irrinunciabile. Ciao.

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