
Oggi il ciclista più forte è "Pogacar che ha vinto il Tour de France. Di italiani a questi livelli, al momento, non ne vedo. Ma c'è una schiera di giovanissimi buoni corridori e spero tanto per il ciclismo italiano che possano fare un salto di qualità". Lo dice Beppe Saronni, uno dei miti del ciclismo italiano, a 'Extratime' su Radio 1 Rai.
"Fra i campioni di oggi chi mi assomiglia? Ci sono tanti ragazzi che hanno queste caratteristiche: Oltre a Pogacar ci sono Evenepoel, Van Aert, Van der Poel, che però devono ancora dimostrare di poter vincere dei grandi giri", ha spiegato. "La mia grande capacità è stata quella di modificare le mie caratteristiche di corridore nato in pista, con il lavoro e con la professionalità, per riuscire ad andare bene anche in salita e difendermi a cronometro".
Saronni ha poi parlato delle differenze tra il ciclismo di oggi e quello di ieri. "Il ciclismo di oggi ha metodologie di preparazione molto mirate mentre ai miei tempi bisognava sfruttare la condizione quando c'era. Io vincevo 35, 40 gare l'anno programmando poco e seguendo il momento di forma, ma gli anni d'oro di un corridore sono 5 o 6, non di più. Ai miei tempi se vincevi 10-15 corse all'anno eri finito: così titolavano i giornali. E noi correvamo 120-130 corse all'anno mentre i corridori di oggi, da regolamento, non possono correrne più di 80. In questo modo i ragazzi si risparmiano e programmano meglio". Il campione del mondo 1982 ha poi rievocato la rivalità con Francesco Moser: "La nostra rivalità ha portato grande discussione, nei bar e per le strade: c'era un tifo incredibile. Ed è stata una rivalità vera, forse ancora più accesa di quello che si raccontava sui giornali. Io ero il giovane emergente che rompeva le uova nel paniere a Moser che era il predestinato che veniva da tantissimi successi. Una rivalità talmente accesa che i tifosi di Moser si organizzavano a gruppi per venire sotto agli alberghi dove stavo con la squadra - prima delle grandi corse - per fare schiamazzi e non farmi riposare". "Il mio stile? Per vincere - come ho fatto io - 2 Giri d'Italia, la Sanremo, il Lombardia, non basta essere attendisti ma bisogna avere anche altre qualità", ha continuato. "E Francesco non era generoso: lui doveva correre così perché non poteva fare altro, le sue caratteristiche erano quelle. Lui doveva attaccare e fare selezione: non poteva portare corridori veloci come me all'arrivo perché altrimenti sarebbe stato battuto".
"C'era anche un giornalismo che sapeva prendere i nostri litigi fuori dalla corsa e li sapeva usare bene", ha sottolineato Saronni. "Francesco quando veniva punzecchiato (e io da questo punto di vista ci sapevo fare) si arrabbiava enormemente, si innervosiva, e io giocavo a farlo arrabbiare ... e spesso portavo a casa qualche risulta importante. Parlando con la stampa ci chiamavamo reciprocamente 'Quello là'". I ricordi volano al Mondiale di Goodwood, dove Moser andò a tirare per ultimo in testa al gruppo per portare Saronni alla volata: "Venivamo dal mondiale di Praga - l'anno precedente - dove ero in grandissima condizione e che abbiamo perso, letteralmente buttato via, per rivalità interne. In quegli anni la nazionale italiana perdeva i mondiali solo ed esclusivamente perché c'era rivalità interna fra noi. Però l'anno dopo Francesco si è messo a disposizione, anche perché - conclude - tutti avevano riconosciuto che il leader ero io, perchè ero in grande condizione, e ci siamo riscattati tutti con una bella vittoria"
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