Mi ha ovviamente emozionato leggere di un Bartali, non di un Coppi, come riferimento per la Maturità. Tempo di un paio di flashback mentali e poi, una volta ancora - ma dubito che interessi tanto a me, quanto ad altri - mi è sovvenuto di come passi struggente il tempo.
In assoluto, penso che esso trascorra in peggio, però però però... può capitare sempre una eccezione. Con Bartali alla Maturità, Bartali non Coppi, mi è tornato in mente infatti di quando stavo per essere bocciato - io, il più bravo, o giù di lì, della classe -, agli esami di ammissione al Liceo Classico. Dal V Ginnasio al I Liceo, sez. B, 'Umberto', fucina di talenti di una Napoli talora snob, più che perbene.
Il tema di allora, vagamente, era 'parlate da giovani di oggi delle vostre idealità di vita...'. Ed io, 1965, avrei scritto colonne su colonne - anzi, mezze colonne, come si usava, di foglio protocollo - che la mia idealità altro non era che il ciclismo, la sua solitudine, la sua sfida infinita di strada e per icona un umile corridore francese che si chiamava Le Dissez, ed aveva il gusto irrisolto della fuga.
La professoressa Biondi, o anzi si chiamava Bartoli, ma era certo bionda e saccente come in genere le docenti di lettere di quella lontana stagione, si sarebbe chiesto cosa volesse mai annunciare per la vita ed il futuro quel ragazzo biondo che aveva scritto tanto. Il ciclismo come idealità, parvenu, al giudizio severo della Bartoli, scritta a lettere quasi ma non come Bartali.
E mi giudico’ lucidamente 'FUORI TEMA'. Ce la feci a stento ad essere promosso, scalando Foscolo come fossi stato Gaul, solo con la prova orale.
Ma oggi che alla Maturità del 2019 scoprono la lezione morale di Bartali - Gino 'il pio', che ci strinse la mano nel 1992 - mi sento tornato nelle righe del tema, riabilitato dopo l’ ostracismo di tanti decenni, anche io. E lo devo assolutamente raccontare, ma non c'è più spazio, e forse non c'è più tempo, ad Andre Le Dissez. Prima che sia dimenticato il suo trionfo.