ADORNI: NEI GIOVANI NON C'È MEMORIA

GIRO D'ITALIA | 17/05/2018 | 14:48
San Lazzaro Parmense è al di là del Sillaro. "E di là cambiano accenti, dialetto e ripieno dei tortellini", sentenzia Erik Lanzoni, direttore generale dell'ente turistico che gestisce museo, ristoranti e promozione del circuito dei Tre Monti, a Imola. "Al di là c'è l'Emilia, di qua è Romagna", spiegano dall'autodromo bolognese. Vittorio Adorni, da San Lazzaro, è emiliano. "Eppure a Imola mi sento a casa", confessa il vincitore del Mondiale del '68. I riflettori della storia sono per lui, in questo arrivo in pista, anche se la memoria del ciclismo va spesso fuoristrada. "La memoria tramandata ai giovani? No, non c'è. Ma è il mondo del ciclismo a essere cambiato".

Oggi Adorni riguarda alle 80 primavere che si è lasciato alle spalle, 50 di queste vissute dopo la conquista della maglia iridata. "Allora si viveva diversamente tutto, oggi si parla da tante altre cose. Quando vinsi qui a Imola, c'erano centinaia di migliaia di spettatori. La gente era incollata alla tv, per sapere come sarebbe andata a finire. Non fu solo la vittoria, ma il modo in cui la ottenni, che fece la differenza. Con una fuga lunghissima e 90 chilometri corsi in solitaria. Io mi ero avvicinato al ciclismo per Coppi, ho corso con grandissimi campioni. Ho aiutato Merckx a centrare le prime vittorie importanti: ricordo la tappa di Nuoro, al Giro di Sardegna, nel nevischio. Al termine gli dissi: 'Se vuoi vincere il tuo primo Giro d'Italia, fai come ti dico'. Dividemmo la camera e gli consigliai come muoversi. Aveva il torcicollo, Eddy, a furia di girarsi a guardarmi: io gli facevo cenno con la testa e lui andava all'attacco".

Gli occhi di ghiaccio di Adorni guardano lontano nel tempo. "Ma la vera difficoltà era frenarlo: fosse stato per lui, sarebbe sempre andato in avanti. Al Giro del '68 Marino Vigna dovette inventarsi un cambio ruota inutile per arrestarlo e farlo frenare, quando non era ancora opportuno insistere. Poi, certo, arrivarono le Tre cime di Lavaredo e la storia del ciclismo cambiò".

Una storia che oggi vive innanzitutto nella memoria di ferro di Adorni. Ma nelle nuove generazioni?
"
Oggi si pensa alla tecnologia, ad altre cose. Io invece penso alla festa del 2 settembre, per ricordare i 50 anni del Mondiale. Mi avevano proposto il giorno prima, ma ho detto di no: quel giorno si festeggia nella mia Parma. A Imola va bene, ma il giorno dopo". Gettando il cuore al di là del Sillaro.

Stefano Arosio
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