EVANS: «CICLISMO IN AUTODROMO? ALCHIMIA PERFETTA»

PROFESSIONISTI | 03/09/2017 | 13:14

Un campionato del mondo e un Tour de France ne hanno fatto uno dei campioni di ciclismo più amati dell’ultima decade. E ancora oggi, mentre per la prima volta mette piede nell’autodromo di Monza, è capace di sfoderare quel sorriso sincero che l’ha fatto apprezzare sulle strade di tutto il mondo. Cadel Evans arriva per la prima volta in un paddock di Formula 1 e non nasconde di essere «impressionato da queste infrastrutture incredibili».


Arriva a Monza con la compagna Stefania Zandonella e i vertici della Federazione automobilistica australiana. Ma senza Richie Porte, «che pure doveva essere qui, ma che ha finito per andare ad allenarsi. Io, non dovendo farlo, sono venuto ugualmente», spiega Evans, menzionando il ciclista suo connazionale, portacolori della Bmc. Cadel è ospite di un altro australiano, Daniel Ricciardo, e si aggira curioso nel motorhome della Red Bull.


«Il ciclismo professionistico non mi manca. Continuo a pedalare, ma per mio piacere e per mantenermi in forma. Sono testimonial della Bmc e ho vari impegni in Australia. Questa è la prima volta che vengo in autodromo a Monza e la prima volta che assisto a un Gp. Del resto, è sempre stato difficile far combaciare gli impegni da professionista con altri eventi sportivi, come questo. Spiace solo di vedere questo spettacolo sotto la pioggia. È, in un certo senso, uno spreco».

Cadel Evans, che all’ultimo Giro d’Italia ha assistito a tre tappe, torna sulle parole di Ivan Capelli. Che poco prima aveva detto di doversi incontrare con Mauro Vegni, patron del Giro d’Italia, per dare seguito al connubio autodromo di Monza-grande ciclismo. Magari con una nuova tappa del Giro, magari portando in Parabolica il “Lombardia” (LEGGI qui)

«Sarò di parte - continua Evans - il ciclismo in autodromo è un’alchimia perfetta. A Melbourne organizzo una corsa, sul locale circuito automobilistico. E mi è capitato di correre a Laguna Seca, negli Stati Uniti. Pedalare in tracciato è qualcosa di molto impegnativo, perché la concezione motoristica del circuito richiede sforzi fisici, come per le salite proprio di Laguna Seca, ma anche mentali».

Stefano Arosio per Il CittadinoMB

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