PU' ROGLIC, MENO UCI

di Cristiano Gatti

Appunto di questo si parlava, lassù a Campo Imperatore, al termine dell'orrore. Di quello che gli stessi attori inscenano subito il giorno dopo, a Fossombrone: non una guerra mondiale che sconvolga il Giro (nessuno lo pretende, non c'è ancora il terreno, non è ancora il momento), ma semplicemente una tappa divertente e rispettabile.

C'è modo e modo di correre, più ancora di non correre. All'indomani dell'imperdonabile sfregio a Campo Imperatore, a Pantani che lì ha lasciato ben altro affresco, ma più ancora al Giro e al suo pubblico, ci pensa Primoz Roglic a dimostrare come si fa.

Non un attacco epocale e neppure un distacco abissale (cosa sono mai 14'' di fronte all'eternità). Semplicemente, una prova di forza, di salute, di personalità. Lo strappo carogna nel finale, immediata la pronta centrifuga alla sua ben nota frequenza: e stavolta, senza lasciarci le penne, Evenepoel ci lascia la zampa. A dimostrazione che comunque, senza aspettare la terza settimana, provare si può. Fa bene al fisico e fa bene soprattutto alla psiche, perchè dopo una settimana l'umore dei due torna a riallinearsi, rimettendoli sullo stesso piano a poche ore del nuovo match – questo sì feroce – nella crono lunga di Cesena. Certo che già domani sera Roglic potrebbe ritrovarsi depresso come sulla Costa dei trabocchi, ma almeno non è depresso alla partenza, il che tante volte incide parecchio sul ritmo e sulla forza degli uomini.

Grazie Roglic, naturalmente grazie anche a Thomas e Geoghegan, i Flik e Flok della Ineos che si accodano, ma in fondo grazie pure a Evenepoel, che da parte sua subisce il colpo e rende più divertente questo Giro, considerato già ucciso e tumulato alla prima tappa.

In attesa della baraonda a cronometro, è già possibile definire quella di Fossombrone la tappa ideale del Giro: grande vincitore (a me questo inguardabile Healy piace una cifra, non da adesso), grandi attaccanti da lontano, grande classe là dietro, dove si muovono gli spasimanti della maglia rosa. Così si corre il Giro. Esattamente come non si corre al modo di Campo Imperatore, facendo solo del male a questo povero sport.

E chissà perchè, alle volte le associazioni, mi viene subito istintivo mandare due righe di compassione ai genialoidi dell'Uci, che mentre il mondo va a pezzi lanciano un'ammuffita crociata moralistica contro le grandi squadre, così sfrontate da noleggiare l'elicottero per scendere dal freddo polare di Campo Imperatore.

Se non fosse seria, esilarante la motivazione. Farneticano di un “vantaggio che rappresenta una totale mancanza di lealtà sportiva”, denunciano indignati che “l'uso di un elicottero contravviene anche al principio di minimizzare le emissioni”, minacciano sanzioni e chiudono senza vergognarsi neanche un po' di dichiarare all'umanità come l'elicottero (nel 2023!) sia una “totale mancanza di equità e pari opportunità, valori fondamentali dello sport".

Mentre giro a Crozza e a Zelig i testi di questi creativi, è fin troppo facile ricordare che la battaglia dell'elicottero ha tutti i patetici connotati della battaglia di retroguardia, una cosa del genere quando il dito indica la luna, qualcuno guarda il dito.

Personalmente, alla partenza non ho sentito una sola squadra avversaria lamentarsi di questa ingiustizia. Tutti, nel 2023, considerano normale che le squadre con 30-40 milioni di budget possano permettersi mezz'ora di elicottero per scendere dai duemila metri, soprattutto quando l'organizzazione non prevede docce calde a quella quota, a quelle temperature. E comunque: lo chef personale, le ruote di ultimissima generazione, il pullman stellare, i soggiorni sul vulcano, tutto questo non altera l'uguaglianza e non offende le pari opportunità?

Facciano il piacere. E si dedicassero a cose più serie (l'elenco è lunghissimo). Più Roglic, meno Uci: questo è il vero slogan che parte da Fossombrone. E se può servire, facciamo subito una colletta per noleggiare un altro elicottero: l'Uci salga a bordo e vada velocemente a quel paese.



 

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