Editoriale
SCIENZA E COSCIENZA. In attesa che prendano in mano il dossier dell’Operacion Puerto, in attesa che decidano di metterci mano, dalla Spagna arriva l’ennesima provocazione. «Più tolleranza verso chi assume “cannabis”». A lanciare il sasso nello stagno è Jose Maria Odriozola, presidente della federazione spagnola di atletica leggera e membro del consiglio della federatletica internazionale. «Il Codice antidoping è troppo severo, ci vuole più tolleranza nei confronti della “cannabis”». E ancora: «Ci sono prodotti dopanti che incidono veramente. Queste sostanze dovrebbero essere considerate alla stregua degli alcolici», ha concluso Odriozola che nella vita è un biochimico. Capisco una volta di più perché la lotta al doping non potrà mai essere vinta: con certi luminari, con certi uomini di scienza. La Wada, comunque, ha deciso di lasciare la «cannabis» nell'elenco delle sostanze proibite. Con buona grazia della scienza e della coscienza.

TERRA BRUCIATA. Adesso vedremo se Ettore Torri sarà capace di andare a fondo alla questione Operacion Puerto, se davvero prenderà in mano anche la questione spagnola. In Spagna non muovono foglia? Ci penserà lui a convocare a Roma Alberto Contador, Alejandro Valverde e compagnia pedalante. E qualora questi decidessero di non rispondere alla convocazione, potrebbero essere giudicati in contumacia e se ritenuti responsabili di pratiche o frequentazioni illecite, potrebbero subire l’inibizione alla pratica ciclistica sul territorio italiano. Quindi, niente Sanremo, Giro, Lombardia e, soprattutto, niente Mondiale di Varese e Tour de France che il prossimo anno, per tre giorni, sarà in Italia. E potrebbe non finire qui. Se Torri riuscirà a rompere il fronte, si potrebbero aprire nuovi scenari. Quali? Altre federazioni, come quella francese e tedesca, molto sensibili a questo tipo di provvedimenti e atteggiamenti, potrebbero decidere di muoversi nella stessa direzione e fare terra bruciata attorno ai corridori dei sospetti.

AUGURI. Per dirla con Cristiano Gatti, sempre laggiù in fondo, anche a Vittorio Adorni diamo il benvenuto. Alla fine anche il presidente del ProTour è entrato a far parte della grande famiglia dei ravveduti, proprio il giorno del suo settantesimo compleanno. Ci ha impiegato un po’, circa tre anni, ma alla fine ha capito: «Abbiamo sbagliato tutti». Lui che ai Mondiali di Verona, tre anni fa, andava in giro dicendo: «Il Giro non vuole entrare nel ProTour? Al suo posto metteremo il Giro di Polonia…». Certo, come se alla propria moglie, anziché regalare una borsa di Gucci, si propinasse un sacchetto dell’Esselunga, con tutto il rispetto per il supermarket di proprietà di Bernardo Caprotti. E il bello è che solo un mese fa, poco prima del trionfante volo iridato di Bettini sulle strade di Stoccarda, l’Uci ha varato il calendario 2008 con «il declassamento» di Tour, Giro, Vuelta e di tutte le classiche monumento. In realtà di declassamento ha parlato solo l’Uci, dimostrando una volta di più di non aver capito molto e soprattutto di non conoscere la materia e la storia del ciclismo, perché in quell’occasione non hanno declassato Giro, Tour e Vuelta, ma hanno di fatto ucciso il ProTour, che oggi, solo oggi hanno compreso essere «una scatola vuota». Adesso, o meglio, il 15 novembre scorso, su La Gazzetta dello Sport, il settantenne Adorni diceva a Luca Gialanella che «senza i grandi giri al Pro Tour manca qualità». Evviva, ci è arrivato!
Lo ripetiamo ancora una volta: il ProTour avrebbe una logica, l’abbiamo scritto e riscritto mille volte in questi tre anni. Un ciclismo di élite ci vuole, è giusto dare anche delle garanzie a sponsor di grande livello, a multinazionali di assoluto prestigio, però ci sono troppe squadre, troppe corse, poche chance per quei team di seconda fascia che comunque hanno il diritto di potersi giocare una chance con una “wild-card” come incentivo per poter pensare un giorno di chiedere di entrare a far parte della grande famiglia del ciclismo che conta (leggi ProTour, appunto). Adesso ammettono di aver sbagliato. Lo sapete perché? Perché tra un anno dovranno essere rinnovate le licenze per altri quattro anni e conti alla mano, rischiano di trovarsi con sei-sette squadre. La T-Mobile non si sa se andrà avanti, la Rabobank idem con patate, la stessa Liquigas è alla finestra, la Lampre di Saronni ci penserà certamente due volte prima di imbarcarsi nuovamente in una simile avventura, la Gerolsteiner esce e il suo team manager Holczer al momento non ha ancora nulla in mano, così come la Quick-Step di Patrick Lefevere, anche lui alla ricerca di uno sponsor per andare avanti. La situazione non è semplice e nemmeno facile. Ad Aigle, dopo aver tirato la corda hanno fatto i conti e questi non tornano. Speriamo che nel frattempo torni almeno il buonsenso. Comunque al ciclismo, ad Adorni e a tutti voi auguri.
Pier Augusto Stagi
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