ADORNI. «Aru deve osare sul Mortirolo»

GIRO D'ITALIA | 25/05/2015 | 16:35
Cinquantatre anni fa, come domani, l'Aprica per la prima volta svelava le insidie di una salita che sarebbe entrata nella storia del Giro d'Italia. Era il 1962 e, dopo 215 km di fatica, in una tappa partita da Moena, trionfò Vittorio Adorni, che quest'anno celebra il cinquantenario della conquista dell'unica corsa rosa di una carriera magnifica. Adorni fu il primo a tagliare il traguardo su una salita dove poi avrebbero trovato gloria gente come Pantani, Basso, Chioccioli, tanto per fare dei nomi.
«Quel giorno si correva la 15/a tappa - ricorda Adorni - e avevo già sfiorato la vittoria nella frazione fermata sul Rolle, per la neve. Il giorno prima, nella tappa vinta da Vincenzo Meco, ero in fuga con lui: fu a quel punto che si avvicinò il ds Fiorenzo Magni e mi disse "dove vai? Rischi di scoppiare, piove, fa freddo e ancora manca tantissimo. Stai tranquillo". Seguii il suo consiglio, rallentai nei pressi di San Martino di Castrozza e aspettai Carlesi, che era il capitano della squadra: era in crisi e sul Rolle persi 9'. La sera Magni mi guardò e disse: 'Se ti avessi lasciato via libera avresti vinto?'. E io dissi di sì. L'indomani mi lasciò libero, andai in fuga dopo Malè, superai il Tonale e arrivai da solo, con 3'30" circa di vantaggio. Al Giro vinto da Balmamion finii 5/o. Però Aprica e Adorni, nel segno della lettera "A", erano ormai storia».   
Ma domani è un'altra corsa e Adorni pensa che «l'Aprica faccia da contorno al Mortirolo, il piatto forte della tappa. Non so cosa voglia fare Contador, non so se Aru attaccherà. Ieri Contador è andato un pò meglio del sardo. Il giorno prima c'era stata la crono e, a chi non è uno specialista, quel tipo di prova resta nelle gambe. Domani ci sarà una tappa importante, perché il Mortirolo fa paura a tutti».
Manca però la cultura del rischio nel ciclismo di oggi. Mancano le imprese, gli attacchi. No, Adorni? Il vincitore del Giro 2015 dice: «Molte volte manca più che altro il coraggio, nel ciclismo bisogna rischiare. A volte può darsi che ti riprendano, altre volte non accade. In ogni caso, la gente chiede l'impresa alla Pantani, ai tifosi non interessa uno scatto ai -500 metri per guadagnare 2 secondi. Il nostro è uno sport in cui la gente ha fame di spettacolo».
Aru, classifica alla mano, sembra l'unico in grado di impensierire re Contador, signore e padrone del Giro. «Ha 24 anni, è secondo in classifica, alla sua età bisogna osare. Poulidor, in Francia, ha guadagnato la stessa popolarità di Anquetil, pur arrivando sempre alle sue spalle. Ci vuole coraggio, un pò di pazzia. Se va male, pazienza; ma, se va bene, entri nella storia dello sport. Se Aru riuscisse ad andar via sul Mortirolo, la gente lo amerà per sempre».
Adorni nel 1968 vinse un Mondiale "da pazzi", come egli stesso ammette: «Andai in fuga ai -230 km e vinsi con 10' di vantaggio. La gente ancora ricorda la mia impresa: se avessi vinto in volata, nessuno se ne sarebbe più ricordato». «Il Giro - conclude - finora è stato bello, a detta degli stessi corridori, e impegnativo. Contador non è l'ultimo arrivato ma, se si vuole tentare qualcosa, bisognerà cominciare domani. Ieri hanno cercato di isolarlo, ma alla fine si è capito che Aru non aveva le gambe. Porte e Uran? Che delusione. Non credo che il colombiano avesse la condizione di un anno fa, l'australiano ha commesso vari errori e torna a casa. Il bello, però, viene adesso. Aru deve provarci sempre, fino alla fine; nella peggiore delle ipotesi diventa il vincitore morale». (ansa)
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