John DEGENKOLB. 9. Ventiquattro anni compiuti a gennaio, ventinove vittorie in carriera, la prima al Giro dopo le cinque conquistate l’anno scorso alla Vuelta. È l’erede naturale di Erik Zabel. È la grande speranza del ciclismo mondiale che spera di riconquistare la fiducia e le attenzioni di un’intera nazione dilaniata dagli scandali doping. È il ragazzo che può rialzare il morale alla Grande Germania che sogna con il Bayern e il Borussia, ma che può fare qualche pensierino anche con il ciclismo. È caduta per terra, ma John può risollevarla, e vista la destrezza avuta oggi nell’evitare la caduta e lanciarsi verso il traguardo, è certamente l’uomo giusto per una causa giusta.
Luca PAOLINI. 8. Per il terzo giorno è in maglia rosa. Ma il vero spettacolo è vederlo vagare per il grande villaggio del Giro con il sorriso dipinto sul volto, come un bimbo gira al luna park. Estasiato e felice. Chiedetegli cosa significhi vestire la maglia rosa…
Marco CANOLA. 7. Si lancia come una palla di cannone per lanciare il suo compagno di squadra Sacha Modolo, poi alle sue spalle succede di tutto, e lui mette quello che ha per inseguire un sogno. Il lungo rettilineo di Matera diventa una strada senza fine: che lo finisce.
Stefano GARZELLI. 7. Piano piano, senza fretta, anche oggi si prende 12’40”. Sa che sarà il suo ultimo Giro d’Italia. Sa che a 40 anni (li compirà il prossimo 19 luglio) non si possono fare i miracoli, ma coltivare un sogno, quello sì. Ti allontani dalla maglia rosa e ti avvicini a quelli che possono godere della libera uscita. Una vittoria per dire addio. La sta preparando mentalmente, con pazienza certosina, ma non dipende tutto e solo da lui.
Team SKY. 2. Molto probabilmente un giorno ci spiegheranno come si vince un Giro d’Italia dopo aver vinto un Tour de France. Molto probabilmente arriveranno anche a spiegarci come si fa buona comunicazione. Forse un giorno, molto più semplicemente, decideranno anche di comunicare: con il resto del mondo. Per il momento vagano per l’Italia del Sud con aria svagata e svanita. Un po’ come la “troupe” di SKY Italia, che è costretta a viaggiare al seguito della “loro” squadra, mangiare e dormire dove mangia e dorme il team britannico, senza per altro riuscire a raccogliere una sola battuta. I poveri inviati sono letteralmente presi a pesci in faccia, neanche fossero quelli della Rai o di Mediaset. È già accaduto qualche settimana fa alle Tre Cime di Lavaredo, dove Wiggins si è presentato con più di quattro ore di ritardo all’appuntamento con gli inviati di Gazzetta e di SKY Italia. Qualcuno spieghi al Barone che SKY Italia fa parte della british family. Non sono i soliti italiani spaghetti e mandolino che s’inventano una televisione. Loro sono una tivù che fa parte del Gruppo: fate squadra, please.
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