Carmine Castellano. «Alcune idee per il Giro Baby»
LETTERA APERTA | 14/04/2013 | 10:00 Caro Direttore, come sai il ciclismo non è più al vertice dei miei interessi, anche se per tanti anni è stato il faro della mia vita. Ci sono però alcuni argomenti che richiamano i ricordi più belli della mia passata attività di organizzatore e che mi risvegliano stimoli particolari.
Uno di questi argomenti che in questi giorni vede rincorere proposte e controproposte condite da feroci polemiche, è legato al prossimo Giro Bio - meglio direi Giro Baby e non Giro d'Italia, perchè questo titolo spetta a chi per oltre cento anni se ne fatto carico e che vedo ampiamente dibattuto sul tuo tuttobiciweb.
In questo campo, vorrei ricordalo, ho fatto importanti esoperienze. Dopo una crisi che nel 1987 aveva reso impossibile l'organizzazione della corsa, la RCS, con la spinta del Direttore avv. Petrelli e di Candido Cannavò, decise di assumersi l'onere di far rivivere nel 1988 il Giro Baby, ponendolo come anteprima nelle tappe finali del Giro d'Italia, e quindi presentandolo al grande pubblico e a tutta la stampa accreditata. La corsa era riservata ai dilettanti, categoria non ancora abolita, ed aperta a rappresenative regionali e nazionali.
Il successo fu enorme anche il Giro si era arricchito di uno spettacolo supplementare e vennero alla ribalta atleti come Konychev, Belli, Gotti, Baldato, Zanini, Pantani, Lelli. La Gazzetta, da parte sua, nonostante un congruo contributo da parte della FCI, faceva pesare sul bilancio circa 300milioni all' anno, ma la perdita era considerata un investimento perchè all' epoca i vertici RCS Sport, sensibili ai problemi del ciclismo, pensavano che il maggiore organizzatore non poteva disinteressarsi delle categorie minori. Ma per il 1991 la FCI fu di parere contrario al rinnovo della concessione ritenendo che tempi più lunghi in televisione, anche se con ascolti minori, avessero maggior impatto delle centinaia di migliaia di spettatori assiepati sulle strade e di tanti guornalisti italiani e stranieri presenti nella sala stampa del Giro.
E così, dopo tre edizioni, la nostra avventura ebbe termine. Ma quando nel 2006, ormai libero da impegni con la RCS Sport, mi fu proposto dall'amico Maffezzoni, di organizzare il Giro Baby, senza ripensamenti, accettai e mi misi al lavoro con il solito impegno.
Ma la formula era cambiata - non c'erano più le rappresentative regionale e nazionali, ma le squadre di club - e l'età minima era sta portata a 26 anni. Nel proporre le tappe mi accorsi subito che l' interesse per questa corsa era molto calato e quasi veniva accettata come una proposta di serie inferiore. Anche le sponsorizzazioni risposero in maniera insufficiente e sulle strade e agli arrivi non c'era certamente il calore del pubblico. Del tutto assenti i media. E per chi si era gettato con fervore nell'impresa fu un risutato disastroso .
Quella esperienza mi fece meditare e tuttora sono convinto che è inutile girare intorno ad un soggetto che non presenta vivacità e prospettive . A mio parere solo cambiando radicalmente si potrebbero avere risultati diversi. Delle mie idee feci partecipe anche il Presidente Di Rocco e tuttora le considero pertinenti.
Non mi ritengo depositario di verità, ma le idee sono abituato a buttarle sul tavolo. Innanzitutto abbassare l'età di partecipazione a 23 anni. Sono gli Under 23 il futuro del ciclismo e non coloro che hanno superato questo limite perchè costoro oramai non sono più soggetti interessanti per il ciclismo di elite.
Ritornare alle rappresentative nazionali, con qualche raggruppamento di alcune Regioni italiane, per dare un crisma di internazionalità che con il ridimensionamento del Giro delle Regioni è ormai scomparso definitavente in Italia per questa fascia di età.
Controlli antidopig massici e seri, senza guardare in faccia a nessuno. È importante che anche attraverso questo campo si riconquisti credibilità.
Forse si dirà che è un ritorno al passato non è pertinente e che i tempi oggi sono cambiati. Ma se le nuove idee non funzionano è meglio rifarsi al " vecchio ".
Ma per il 1991 la FCI fu di parere contrario al rinnovo della concessione ritenendo che tempi più lunghi in televisione, anche se con ascolti minori, avessero maggior impatto delle centinaia di migliaia di spettatori assiepati sulle strade e di tanti guornalisti italiani e stranieri presenti nella sala stampa del Giro.
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