Roberto Damiani: Serenamente disoccupato, ma utile all'Italia

LETTERA APERTA | 10/03/2013 | 10:28
Riceviamo e con molto piacere rilanciamo sul nostro sito. È una lettera aperta che Roberto Damiani, uno dei tecnici più apprezzati del panorama ciclistico italiano e non ci ha inviato. Entra senza tanti indugi nella discussione della sucessione di Paolo Bettini alla guida della nazionale italiana, visto che l'oro di Atene andrà a ricoprire il ruolo di grande coordinatore delle squadre azzurre. Damiani lo fa alla sua maniera: a busto eretto, con grande dignità e passione. Ecco il contenuto della sua missiva.


D.S.I.
Cosa potrebbe indicare questa strana sigla? Direttore Sportivo Italiano. Potrebbe ma non è così. Dignità Sportiva Italiana. In questo momento mi sa che nel ciclismo latita. Disoccupato Serenamente Incazzato. Nella lingua di moda nel ciclismo direbbero : “yes, i am”. Disoccupato perchè per la prima volta dopo trent’anni di ammiraglia non sono tesserato per nessuna squadra.

Serenamente perchè sto vivendo come non mai il piacere di stare un poco a casa con la mia famiglia ed occuparmi di tante cose che avevo lasciato da parte per anni.
Incazzato perchè in questo periodo sto sentendo e leggendo, in rigoroso silenzio, una montagna di fregnacce, di opinioni e diprogetti che coinvolgono il ciclismo in generale e la Squadra per eccellenza. La Nazionale.

Da qualche tempo sembra che per far qualcosa di buono nel nostro sport sia necessario prima di tutto parlare almeno due o tre lingue tra cui non può asolutamente mancare l’inglese.  Sento dire :”il ciclismo è diventato anglofono”. Uella, una volta era gambofono! Ironia a parte, dobbiamo dare atto che la scuola inglese e quella australiana hanno messo in atto programmi a medio lungo termine che stanno dando in questi anni risultati in termini sportivi e di immagine del ciclismo notevoli.

Ho avuto il piacere e la curiosità di conoscere già dal 2000 alcuni risvolti del progetto inglese grazie al fatto che Charly Wegelius era con me in Mapei e l’impostazione multidisciplinare con struttura piramidale si è rivelata vincente negli anni.  Ancora nel 2000 ho potuto conoscere il progetto australiano per la connessione che Bannan e tutto il suo gruppo hanno sempre avuto con Mapei, perchè ho lavorato con atleti australiano come Evans, McEwen, Rogers, Lloyd, Davis e perchè la maggior parte viveva nella nostra zona.

Penso che la sostanziale diversità dei due progetti, oltre a stili diversi dei loro leaders, sta nei tempi di attuazione condizionati dalla quantità diversa di denaro a disposzione del progetto. Il progetto australiano è di fatto partito da Sidney 2000 mettendo anno dopo anno un tassello in più alla struttura fino ad arrivare al professionismo nel 2012.
Il progetto inglese ha lavorato molto sulla base nei primi anni duemila ed ha avuto un grande impulso con l’ingresso di Sky e dell’evento olimpico Londra 2012.

Come vedete in ogni progetto è evidente la presenza dei cinque cerchi olimpici e delle relative masse di denaro che vengono coinvolte. Alle olimpiadi di Londra , a cui ho avuto il piacere di partecipare, ho saputo quante sterline il ciclismo inglese avrà a disposizione in vista di Rio 2016. Preferisco non dirvelo perchè ci sentiremmo da terzo mondo!

In questo momento sento dire che i progetti anglosassoni sono quelli da copiare e da seguire. Può essere vero ma mi sembra di ricordare che a scuola quelli che copiavano erano gli impreparati o  peggio ancora quelli che non avevano voglia, gli scansafatiche. Copiare vuol dire non avere nessuna idea di base e seguire il gregge senza conoscere i particolari del progetto. Vuol dire provarci e poi vediamo!

Scusatemi ma io ritengo che il ciclismo italiano non debba essere così svilito. Provo un certo senso di vomito solo al pensiero di gettare via la nostra storia e le nostre capacità senza un minimo di riflessione e ragionamento. Partiamo dalla multidisciplinarità. Bene ed allora sapete quanti velodromi coperti hanno in Inghilterra e Australia? Almeno 5 volte i nostri, dislocati geograficamente in modo da coprire l’intera nazione e svolgere attività di alto livello insieme all’attività di reclutamento dei giovani. Si tratta di sapere l’inglese o di aver un progetto serio con obiettivi concreti da realizzare con un supporto finanziario certo? Oggi ho letto l’opinione di un giornalista che sosteneva che il CT della Nazionale professionistica è qualcosa di simile ad un’appendice della squadra ed allora vi dico che il primo vero investimento che questi progetti anglofoni hanno effettuato è sugli uomini. Sui tecnici, fidiologi, esperti nei vari rami da migliorare ed ottimizzare. Hanno poi lavorato sulla struttura. Il Team GB non ha caso ha sede nel velodromo di Manchester. Gli australiani sono riusciti ad avere addirittura sovvenzioni italiane per la loro struttura di Gavirate in provincia di Varese.

Lingua inglese ok, ma denaro e molto personale italiano. Qualche cosa non quadra allora quando parliamo della lingua trend in questo momento se c’è così tanto tricolore in mezzo. In questo momento di euforia anglofona e di depressione italica vorrei attirare la vostra attenzione in altri paesi. Ad esempio la Francia dopo anni di disagio ha messo in atto un lavoro silenzioso, in  lingua francese, basato sulla serietà e selezione delle squadre dilettantistiche che lavorano ed educano i talenti giovanili. Come d’incanto sono tornati protagonisti proprio con questi ragazzi usciti dalla multidisciplianrità e dal grande lavoro dei tecnici federali in abbinamento con i tem professionistici. Altro paese che sembra non avere una lingua di moda ma è tornato ad essre protagonista è la Germania. Dal grande caos del dopo T-Mobile sono usciti con la selezione del gruppo che ha prodotto i Tony Martin e i Greipel. Tutti parlano tedesco!

Ho lavorato quatro anni e mezzo in Belgio e dovrei parlarvi di tutto il lavoro di selezione portato avanti da Marc Wauters a Zolder con la BMX per i giovani. L’effetto Gilbert è importante ma il lavoro dietro le quinte lo è altrettanto. Tutti parlano fiammingo e francese. Non possiamo dimenticare quanto lavoro stanno facendo tecnici e personale italiano per il ciclismo sudamenricano con finanziamenti colombiani e venezuelani. Tutti parlano spagnolo. Ma allora non è vero che il bel ciclismo parla solo anglosassone. Probabilmente parla quelle lingue che hanno avuto il coraggio e la progettualità di investire prima sulla qualità degli uomini a cui affidare il progetto e poi sul lavoro. Ci hanno creduto seriamente. Noi italiani pensiamo a progetti part-time, a copiare probabilmente sperando che tra i bei giovani che cominciano a mettersi in evidenza esploda il “campione risolviproblemi” che ci permette di buttare la povere sotto il tappeto. Stiamo facendo questo? Spero di no ma in questo momento è solo una speranza il mio no.

All’ultimo covegno dei DS un tecnico straniero che spiegava la bontà del vivaio del suo paese ci ha detto che uno dei motivi del successo è stato il fatto di vietare la Coca-Cola ai loro atleti. In milanese risponderei: “ma vadaviaiciap”. Non posso pensare che quella italiana che è stata per anni e stata la scuola di riferimento  sia arrivata a dover sopportare certe umiliazioni. Belle parole ma allora che fare?
Un budgeto concreto, neanche milionario ma serio. Riportiamo poi a casa i buoni italiani che lavorano all’estero e sono certo che a Rio 2016 il nostro quartetto andrà sotto i 4’, che la lingua di riferimento tornerà ad essere l’italiano e tutti correremo... per VINCERE.
    
Roberto Damiani  - D.S.I.
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COMMENTI
sono riconoscente
10 marzo 2013 12:30 cesco381
..al Direttore Pier Agusto Stagi per aver pubblicato questa lettera di Roberto Damiani. Condivido in pieno, tutto quello che ha scritto. Ha detto delle verità sacrosante. Non ci sono altre parole da usare quando una persona usa la saggezza della sua esperienza, la trasparenza del linguaggio tecnico. Chissà se il presidente federale sarà in grado di capire quanto ha detto Damiani? E sono particolarmente grato a Damiani perchè fino ad ora, dopo tutto lo scritto sulla questione Sciandri e Bettini (che farebbe molto bene ad andare a casa) è stato l'unico che ha difeso, e non per appartenenza italica, il ciclismo italiano e i suoi tecnici che hanno insegnato al mondo intero e ancora lo stanno facendo.
Un saluto onorato a Roberto Damiani.

Un

cesco381
10 marzo 2013 14:12 raggi
Sono pienamente d'accordo con la tua analisi e quella di Damiani, fino a prova contraria sono stati altri paesi a copiare il nostro modo di correre e di organizziare (attualmente risultano i più bravi).

10 marzo 2013 14:24 ragno70
condivido pienamente la lettera di Damiani e senza voler mancare di rispetto a nessuno il paragone grande corridore ... grande tecnico non tiene...a volte la magia non si compie basta guardare la storia anche in altri sport....

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