DA TUTTOBICI. ANDRONI CIPI. Due obiettivi, due centri

| 29/11/2011 | 08:51
Novembre 2010: prima presa di contatto della Androni Ci­pi, Gianni Savio indica chiaramente gli obiettivi cui puntare per la stagione a venire. «Di­spu­tare un buon Giro d’Italia e puntare al bis nel campionato italiano a squadre».
Ottobre 2011: sul podio del Giro del­l’Emilia, Gianni Savio invita i suoi a salire e a schierarsi dietro lo striscione “Androni Cipi: campione d’Italia 2011” e alle spalle c’è un grande Gi­ro d’Italia. Obiettivi centrati, ap­plau­si per tutti.
«Siamo tutti molto contenti - esordisce con orgoglio Giovanni El­lena, dal 2005 direttore sportivo del team piemontese - perché siamo riusciti a centrare il doppio obiettivo che ci eravamo prefissati. Un risultato im­por­tante, certamente non facile da raggiungere per una squadra che conta solo sedici corridori e ha la ne­ces­sità di far convivere l’esi­genza di disputare un gran­de Giro e al contempo di spalmare le forze dei suoi ra­gazzi lungo tutto l’ar­co della stagione».
Un “obbligo” figlio del ciclismo moderno.
«Sicuramente sì. Con una formazione di sedici elementi come la nostra, è im­pensabile di essere sempre al vertice e diventa quindi inevitabile porsi degli obiettivi, anche perchè ba­stano un in­fortunio o un calo di forma per ri­schiare di mettere in ginocchio l’intera squadra. Per esempio, i nostri sudamericani hanno lottato per il piazzamento in tutte le corse a tappe della prima me­tà di stagione, Giro d’Italia compreso, ed era inevitabile che dopo lo stacco non riuscissero più a ritrovare il colpo di pedale di quel periodo. L’abilità dello staff tecnico dev’essere proprio quella di gestire gli uomini in riferimento agli obiettivi e alle energie».
Serve un grande lavoro di squadra, quindi.
«Esatto e devo dire che quest’anno più che mai abbiamo avuto a disposizione un gruppo di grandi professionisti. Lo spirito di gruppo, infatti, è stato indispensabile per superare momenti difficili, come l’ultima settimana del Giro che è stata veramente durissima. Ma se devo dire la verità, questo spirito non ci ha sorpreso: sin dal primo ritiro, praticamente un anno fa, avevamo notato questa compattezza, questa coesione, questa voglia di essere protagonisti di un grande progetto che poi si è tradotta sulla strada in ottimi risultati».
E pensare che vi è mancato un Ferrari nel motore...
«Roberto è un grande lottatore, pensate che in Austria ha ottenuto un terzo posto in una tappa nonostante fosse già indebolito dalla mononucleosi. La sua assenza ha pesato tanto sull’economia della squadra e sono convinto che, se non avesse avuto problemi, sarebbe riuscito a mettere qualche stoccata vincente e avrebbe potuto lottare per un posto in nazionale».
Il 2011 ha segnato anche il “debutto” della vostra collaborazione con il Coach Team Assistant del professor Fabrizio Tac­chini: quale il bilancio di questa collabo­ra­zione?
«Questo passo è stato fortemente voluto da Gianni Savio e caldeggiato da Mar­co Bellini e da me, perché è la strada migliore da seguire nel ciclismo moderno. E i risultati sono stati eccezionali: ci siamo interfacciati con quattro persone estremamente umili, professionali e disponibili. Non tutti i ra­gazzi hanno accettato il discorso con facilità, non tutti erano abituati a scaricare i dati degli allenamenti e a rapportarsi con il tecnico di riferimento con tanta frequenza, ma pian piano tutti sono entrati in sintonia sulla stessa lunghezza d’onda: pensate che alla vigilia del Lombardia abbiamo fatto un breve raduno a Ovada proprio per programmare il lavoro in vista del Lombardia. Di lavoro da fare, comunque, ne resta ancora molto: diciamo che abbiamo salito cinque gradini, ma altrettanti ne dobbiamo superare per arrivare all’obiettivo».
A proposito di obiettivi: traguardi confermati anche per la prossima stagione?
«Ne parleremo in concreto durante i primi ritiri, ma sostanzialmente possiamo dire di sì. Attendiamo che venga ufficializzata la nostra presenza al prossimo Giro d’Italia e prepareremo l’ap­pun­tamento con grande attenzione. E poi inseguiremo il terzo titolo italiano consecutivo: per il prestigio e perché, al momento, è l’unica strada valida per conquistarsi un biglietto d’invito per la corsa rosa».
Finora abbiamo parlato di Androni Cipi, adesso ci racconta un po’ chi è Giovanni Ellena?
«Non amo i riflettori ma... se insistete. Ho sempre corso, sono stato un discreto dilettante, poi nel 1994 ho chiuso la carriera. Due anni più tardi mi hanno chiesto di seguire una squadretta di allievi e da lì ho iniziato a salire di categoria fin quando nel 2005 mi ha chiamato Bellini, che era stato mio compagno di squadra proprio nel ’94. Così mi sono trovato a fare questo mestiere a tempo pieno, realizzando quello che in fondo era sempre stato il mio sogno. Che senza Savio e Bellini sarebbe probabilmente rimasto tale... Certo, il nostro è un mestiere tutt’altro che facile: mi sono messo a contare i giorni che quest’anno ho trascorso lontano da casa, ma ad un certo punto ho smesso per... non mandare a rotoli il matrimonio! Ma devo dire che a me piace così. L’unica concessione che mi faccio sono le “vacanze”: tre settimane, dopo il Lombardia, con il telefonino spento a lavorare i campi vicino a casa. Perché con i sogni si può volare alto, ma nella realtà è bene stare aggrappati alle proprie radici».

di Paolo Broggi
da tuttoBICI di Novembre

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