Il Gazzettino. Pellizotti: torno in sella, ma voglio giustizia

| 08/11/2010 | 17:50
Le discese ardite e le risalite sono il pane quotidiano dei ciclisti, perché se anche un corridore si arrampica come un camoscio poi non va lontano se non sa tenere la bici nelle picchiate verso il fondovalle. Franco Pellizotti, il delfino di Biobione, ha sempre affrontato come un treno ad alta velocità le discese che Giro e Tour hanno disseminato lungo la sua carriera, ma è stato catapultato nel precipizio in un giorno di primavera. «Ninetta mia morire di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio» cantava De André, e lui la morte sportiva l’ha vista in faccia per davvero quando gli comunicarono che c’era qualcosa di anomalo nei valori del suo passaporto biologico e gli sfilarono la bici da sotto, a tempo indeterminato. Niente Giro d’Italia (terzo l’anno prima, era uno dei grandi favoriti), niente Tour (maglia a pois nel 2009), stagione cancellata; da tutto a niente. Una decina di giorni fa gli hanno detto “Scusi, ci siamo sbagliati”; all’inferno e ritorno, ma non è così semplice. Perché Pellizotti ha perso uno degli anni chiave della sua carriera e perché la macchina del fanfgo gli ha tirato addosso troppi sospetti e quintalate di cattiveria. Per i ciclisti, del resto, la giustizia funziona a rovescio: tutti dopati finoa  prova contraria. A suo favore depone il fatto che risponda senza reticenze e guardandoti negli occhi.

Ma come ha saputo Franco Pellizotti che il suo mondo gli mostrava il cartellino rosso?
«Ufficialmente il 2 o 3 maggio. Ma il team manager Amadio mi aveva messo sull’avviso qualche giorno prima: “forse esce questa cosa, abbiamo già preso Nibali”. Una mazzata in faccia terribile, roba da restarci secchi»”.

Un bel modo da parte del team di comunicartelo, dicendo che prendevano un altro.
«Non criminalizzo la società, tra i professionisti funziona così. Peraltro il medico della squadra, il dottor Roberto Corsetti, si è battuto come un leone per dimostrare la mia innocenza. «È da sei anni che corri con me, so che tu non sei dopato” mi disse e mi è stato al fianco fino a quando è emersa la verità, ogni giorno».

Ma vi siete fatti un’idea sulle cause di quei valori sballati che determinrono la sospensione?
«Paradossalmente una delle ragioni della fregatura è stata che io ho sempre avuto dei valori abbastanza standard. Ma in quel periodo ero stato a lungo in altura, a duemila metri, per preparare bene la stagione e le variazioni potevano essere fisiologiche, come ha sostenuto anche il perito del Tna. Bastava che mi facessero dei controlli ulteriori, come è avvenuto in altri casi, per capire la verità. Sarebbe stato sufficiente per dare corpo ad eventuali dubbi o per sgomberare definitivamente il campo dai sospetti».

Invece ci fu subito la mazzata.
«Un fulmine a ciel sereno, arrivato in modo del tutto inspiegabile proprio perché l’Uci si fermò ai valori sballati del passaporto biologico senza preoccuparsi di ottenere conferme con esami successivi. Mi chiesi più volte perché non mi avevano fatto ulteriori controlli ed è quel che ancora oggi non mi spiego».

Par di capire che ora sli “esperti” dell’Uci dovranno provarlo in tribunale.
«Assolutamente sì, mi hanno fatto perdere uno degli anni più importanti della carriera e mi hanno gettato addosso un’ombra che non meritavo. Voglio giustizia e voglio un risarcimento dei danni. Non ho mai detto che il passaporto biologico sia uno strumento sbagliato, ma va gestito cercando riscontri scientifici. Nel mio caso non è successo».

E di Torri, guru della Procura Antidoping, che dice “ciclisti tutti dopati”, cosa pensi?
«Da lui non ci si poteva aspettare altro... Quando ci ho parlato a Roma mi disse “tu per me potevi andare al Giro”. Del resto Torri è quello che quando esplose il caso della positività di Cannavaro andò di corsa a Torino e sistemò tutto in una giornata. Io, che non avevo santi in paradiso, ho dovuto aspettare sei mesi perché fosse ristabilita la verità».

Anche l’altra sera, a Striscia la Notizia, è spuntato un “testimone” che parlava di “ciclisti tutti dopati”, fin da piccoli.
«È una cosa brutta, si cerca di screditare che fanno questo sport, indistintamente. Sappiamo benissimo tutti che ci sono furbi, ma c’è un accanimento evidente. Quando Gattuso disse che non voleva fare gli esami del sangue tutti zitti e buoni, l’avesse affermato un ciclista sarebbe stato considerato automaticamente un dopato. Due pesi e due misure».

E ora che il quadro si è chiarito, cosa pensi voltandoti indietro?
«Che sono stati giorni terribili, sotto ogni aspetto. Un evento così ti destabilizza, ho avuto problemi anche in famiglia, mia moglie ha messo in discussione il nostro rapporto:”mi hai sempre detto che non ti dopavi”. Sono finito anche da uno psicologo. E poi cambia il mondo: prima eri un dio e il giorno dopo sei uno da non salutare per strada, è accaduto anche qui al mio paese. Del resto per certi versi è comprensibile, un campione è anche un simbolo per i bambini e quella del doping è un’accusa infamante. Però devo dire che mi ha colpito di più la solidarietà, tanta, di chi mi conosce. Nel bene e nel male un’esperienza che mi ha fatto crescere».

I tifosi di Bibione, ad esempio, si sono mobilitati per sostenere che sei pulito.
«Il loro affetto l’ho sentito. Mi dispiaceva tanto anche per i tifosi, per quelli che ho qui nel Trevigiano e per i miei concittadini. Di Bibione sono stato un testimonial, ho portato la scritta sulla maglia per due anni; la loro fiducia e solidarietà mi hanno fatto stare bene».

Come vedi il tuo futuro?
«Ho lottato per ottenere giustizia, non mollo certo ora che sono stato riabilitato. Il ciclismo mi ha dato tantissimo ma ha richiesto anche sacrifici pesanti: i miei due figli li ha tirati mia moglie su praticamente da sola, io al primo giorno di scuola del più grande non c’ero, e non c’ero neanche alle recite... È per tutto questo che voglio tornare in sella, anche se, ovviamente, se valevo cento ora - dopo una stagione persa, a 32 anni - valgo dieci. Però non perdo la fiducia e una squadra la trovo».

Tiziano Graziottin
da Il Gazzettino del 7 novembre
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COMMENTI
GRANDE.....
8 novembre 2010 20:11 CIPO81
CE NE VORREBBE DI GENTE COME TE....
NEL CICLISMO....
COMPLIMENTI DAVVERO.....CMQ FATTI RISARCIRE DI TUTTO....
GRANDE FRANCO.....
OLTRE A TE...I GRANDI CAMPIONI...SE COSI' SI POSSONO DEFINIRE...
DOVREBBERO......ESSERE DALLA TUA PARTE...E DIFENDERE QUESTO MERAVIGLIOSO....SPORT.....

CHIEDIAMOLO
9 novembre 2010 08:46 ettore65
.................... E ALLORA VISTO CHE ORAMAI E'EVIDENTE PERCHE' NON ANDIAMO A CHIEDERE AI "PALADINI" DELLA LOTTA AL DOPING COME MAI CI SONO DUE PESI E DUE MISURE?
PERCHE' QUANDO C'E' DEL FANGO DA BUTTARE COME BERSAGLIO C'E' SEMPRE E SOLO IL CICLISMO. EPPURE PARECCHI CASI DI DOPING CI SONO STATI ANCHE NEL CALCIO, NUOTO, ATLETICA, SCI, ECC. ECC. ENON PARLIAMO DI VALORI STRANI MA DI POSITIVITA' VERE E PROPRIE.
FORZA ..... CHI PUO' FARE QUALCOSA LO FACCIA.
PROPONGO: UNO SCIOPERO ( NEL CALCIO LO MINACCIANO DA TEMPO PER GLI STIPENDI!!!!! POVERINI) MAGARI ALLA 1^ DEL TOUR TUTTI SEDUTI SULL'ASFALTO - MOTIVO : LEGGI E TRATTAMENTI UGUALI PER TUTTI. PENSATECI!!!!!!!!!

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