Da «Il Giornale». Il Giro ritrova l'Italia: e gli italiani?

| 12/05/2010 | 10:23
Adesso che il Giro ha ritrovato l’Italia, bisogna ritrovare gli italiani. Anche nella tre giorni tulipana i nostri non hanno battuto chiodo. Zeru tituli, direbbe il pensatore. Persino i piazzamenti sono patetici. La congiuntura funerea, iniziata l’anno scorso, sembra interminabile. Però è inutile piagnucolare: bisogna solo perseverare. Da un rapido check-up sul gruppo, uscito in cocci da un avvio più tremendo di una settimana alpina, è possibile trovare qualche nome e qualche motivo di moderata consolazione tricolore.
Subito però un pensiero solidale a quelli che piangono sulle macerie olandesi. Tra loro c’è la speranza Pozzovivo (caduto addirittura nel cronoprologo) e c’è pure Cunego, a 2’06’’ dopo una serie inaudita di colpi fantozziani. A condividere il lamento, parlando di vip, l’inglese Wiggins, già lontanissimo, e lo spagnolo Sastre, lontanino.
Poi ci sono sono sempre quelli che ridono. In fila così.

VINOKOUROV: confermando d’essere l’uomo più in forma del momento, dopo le vittorie al Trentino e alla Liegi-Bastogne-Liegi, si ritrova già in maglia rosa, senza neppure averla cercata. Semplicemente, ha corso con la testa: ottimo cronoprologo, quindi sempre vigile per scansare le duemila cadute che hanno fatto più danni della grandine. Non è uomo da altissima montagna, ma se gli lasciano ancora un po’ di spazio rischia di arrivarci con un vantaggione. Hai voglia poi di spostarlo. Sia detto fuori dai denti: la sua vittoria finale non sarebbe soluzione idilliaca per il Giro che vanta il più alto grado di controlli antidoping. Come noto, è tornato in bicicletta dopo due anni di squalifica per trasfusioni allegre al Tour 2007. Ha sbagliato, ha pagato, non è nemmeno giusto rimenarla ogni volta: però servirebbe tutto un altro spot.

EVANS: magari non può piegarsi in due dalle risate, ma ha molti buoni motivi per stare allegro. Certo, nella tappa delle dighe, l’ultima olandese, ha perso la maglia rosa e pure la squadra, tagliata fuori dalle cadute e dalle raffiche di vento. Ma non importa: i danni sono limitatissimi. Contano molto di più la sua forma e la sua lucidità: sono da favorito, anche da vincitore. La squadra dopolavoristica che si ritrova non è degna di lui, ma nelle tappe vere – crono e montagna – può ampiamente fare da solo. Tocca agli altri, se vogliono, eliminarlo prima. Ma non è che possano sperare di trovare in Italia il ventilatore assassino dei Paesi Bassi. Bisognerà pedalare. In questo, Evans non ha niente da imparare.

BASSO: arrivato al Giro con la depressione per gli scarsi risultati primaverili, si ritrova a partire benissimo, molto meglio di altre volte. Vietato però caricarlo di troppe attese: va lasciato correre spensierato. Va ignorato. Sarà lui, nella terza settimana di grandi montagne, a richiamare eventualmente l’attenzione. A quel punto, l’Italia sarà pronta a ri-adottarlo nel modo più festoso. La prima mossa, però, tocca a lui.

NIBALI: il giovane compagno di Basso, reclutato all’ultimo momento per sostituire Pellizotti, corre senza obblighi e già nella cronosquadre di oggi potrebbe ritrovarsi in rosa. Non è ipotesi così delirante. E comunque, non c’è problema: ha tutto il tempo davanti. Senza impegno, può diventare la grande sopresa nazionale: solo il tricolore sa quanto ce ne sia bisogno.

GARZELLI&SCARPONI: non sono esattamente volti nuovi, ma sono lì. Se ci restano, meglio. Da come siamo messi noi italiani, il nostro Giro è diventato come il maiale: non si butta niente.

da «Il Giornale» del 12 maggio 2010 a firma Cristiano Gatti
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