La Stampa. Cheula, il mio ciclismo senza doping

| 05/05/2010 | 11:05
Il ciclismo ha tanti appassionati, Giampaolo Cheula tanti tifosi: il gioco è fatto. In molti hanno inviato fax e scritto e-mail per conoscere curiosità, informazioni e ambizioni del professionista che si appresta a una stagione super: Giro d’Italia, Tour de France e forse (per ora è riserva) anche Vuelta.
Quante ore si allena?
«In media 4: da un minimo di due a un massimo di sette».
Perché ha scelto proprio il ciclismo?
«Vedevo pedalare mio fratello  Raffaele, che aveva ereditato la passione da papà Dario. A 7 anni ho avuto la prima bici, non sono più sceso».
Quante vittorie?
«Non le ho mai contate, ma non molte. Un’ottantina da quando ero bambino, due da dilettante, cinque da professionista».
Quanti Paesi ha visitato grazie al ciclismo?
«Tutti i continenti. Mi ha colpito il Giappone, un mix tra modernità e tradizione».
Correndo c’è tempo per fare il turista?
«I periodi morti non mancano, c’è chi preferisce stare in camera a giocare con la play station, io cerco posti nuovi».
La corsa più bella?
«La Milano-Sanremo del 2005: 240 km in fuga. Ma anche la Liegi non si dimentica facilmente».
A proposito di Liegi-Bastogne-Liegi, molti hanno criticato l’ordine d’arrivo 2010.
«Non è stato idilliaco».
Il ricordo più brutto?
«Tour de France, luglio 2008: il compagno
Duenas fermato per doping. Quaranta gendarmi a scortare il bus della Barloworld fuori dall’hotel, fischi, insulti».
Ad un bambino consiglierebbe di correre in bici?
«Certo. Capisco i rischi della strada, che sono maggiori rispetto a quando ho iniziato io, però ci sono anche realtà che aiutano: a Pieve Vergonte due volte a settimana chiudono un circuito per permettere ai ragazzini di allenarsi senza pericoli».
E se un giorno glielo chiedesse suo figlio Pietro?
«Non aspetto altro».
Eppure molti rispondono al contrario perché conoscono i mali del settore.
«Come potrei rinnegare la mia vita, il mio mestiere: io l’ho sempre fatto con onestà».
Non si è mai dopato?
«Mai».
Cosa pensa di chi ricorre a questi metodi per andare più forte?
«Che è un truffatore. Mi sono allenato da solo per quasi un mese in altura in Colombia a inizio stagione, alle 6 del mattino del 23° giorno si sono presentati ispettori e medici partiti dall’Italia per farmi controlli a sorpresa. Mi ha fatto piacere, non ho nulla da nascondere».
Il compagno che ricorda più volentieri?
«Ho un solo amico nell’ambiente: Paolo Longo Borghini. Gli altri sono colleghi di lavoro».
Meglio il Giro o il Tour?
«Sono italiano, dico Giro. Ma il Tour è la corsa più importante al mondo».
Cosa mangia prima di allenarsi?
«Pane e marmellata, barrette energetiche, e bevo caffè».
E per una corsa di 200 km?
«Tre ore prima un piatto di pasta, frittata, pane, prosciutto, formaggio, marmellata, cereali. In gara panini, tartine, prosciutto, formaggio, zuccheri in gel. Appena finita una tappa patate bollite o riso per reintegrare i carboidrati, a cena pasta, carne o pesce, verdure».
Quanti giorni di gara all’anno?
«Da 80 a 90».
E lontano dalla famiglia?
«Almeno il doppio».
Il miglior direttore sportivo?
«Alberto Volpi, Barloworld».
C’è chi contesta l’uso delle radioline in corsa dicendo che riducono lo spettacolo.
«Sono utili, non solo per le strategie. Dall’ammiraglia ci avvertono dei pericoli».
Quanto guadagna un professionista?
«Dai 27 mila euro lordi di un giovane ai centomila di un buon atleta. I campioni sono a un altro livello».
Chi vincerà il Giro?
«Evans».
Il Tour?
«Contador».
Il Mondiale?
«E’ piatto, Freire o Cavendish».
Qual è la salita del Vco più impegnativa?
«Dicono l’Alpe Quaggione, ma non l’ho mai fatta. Non scherza neppure l’Alpe di Andromia a Preglia».
Al Giro sarà senza capitani: a quale tappa punta?
«Non lo dico».
E la maglia rosa?
«E’ un sogno, almeno per un giorno».
Un cicloamatore può pedalare al suo fianco?
«Certo, mi fa piacere. Quando sono a casa
tutte le mattine mi si trova sulla Domodossola-Fondotoce tra le 9 e le 10».
Cosa è stato Marco Pantani per il ciclismo?
«Un grande personaggio che ha esaltato la folla quando l’attenzione stava calando. Poi purtroppo sappiamo come
è finita».

da La Stampa
a firma di Ivan Fossati


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COMMENTI
cheula
5 maggio 2010 14:12 overend
esempio di corridore raro. Perchè semplice, diligente, alla mano, qualche volta vince (poche ma buone le sue vittorie) e soprattutto PULITO! L'esempio di corridore che piace a me. Bravo Cheula, che cita Longo Borghini altro atleta serio!

bravo
5 maggio 2010 15:07 cheygr
un grande complimento a Cheula continua su questa strada e vedrai che di soddisfazioni te ne toglierai ancora molte.

Permettetemelo, se potete cambiate però divisa, questa personalmente la trovo proprio orrenda....

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