Trento Film Festival, quando è di scenail grande ciclismo...

| 04/05/2010 | 14:25
Il silenzio della montagna, quel silenzio che diventa festa e chiasso al passaggio di piccoli uomini che diventano eroi in sella alle loro bici cercando di far proprie le grandi signore chiamate Alpi e Dolomiti. La fatica diventa poesia, il sudore diventa musica e la sofferenza ne è la chiave di violino.
Ieri sera al Trento Film Festival, la serata dedicata a scalatori e grimpeur è stata una novità per la rassegna, una news che ha entusiasmato e tenuto tutti incollati alla sedia dell’Auditorium Santa Chiara per ben 2 ore durante le quali Marino Barttoletti si è mosso nella storia e sul palco passando la parola a Francesco Moser, Maurizio Fondriest, Marcello Osler, Sergio Neri, il senatore Giacomo Santini ma soprattutto i figli dei due protagonisti, Andrea Bartali e Faustino Coppi. Ad aprire la kermesse, il padrone di casa, l’attore e regista Maurizio Nichetti, direttore del Trento Film Festival per il 6o e ultimo anno, anch’esso poi seduto ed attento in platea. Aneddoti e storia, dai racconti casalinghi di Coppi che insegna a Faustino ad andare in bici o Andrea “dimenticato sulla giostra perché il babbo era stato preso d’assalto dalla folla che voleva foto e autografi, alle grandi imprese passando per Gino che
vince il Tour del 48 scongiurando la guerra civile in Italia dopo l’attentato a Togliatti, Coppi e il suo 1953 scalando lo Stelvio beffandosi di Koblet. E poi ancora la famosissima borraccia… una leggenda che vivrà quanto il ricordo dei duo campioni ma che rimarrà tale per quanto giornalisti anche ieri si siano ostinati a chiedere ad Andrea Bartali chi ha passato la bottiglia a chi. Ma soprattutto è stata una serata che è andata ben oltre il tema della montagna pur toccando le vette più alte del ciclismo, quelle cime che solo i grandi campioni riescono davvero a raggiungere: il rispetto verso l’avversario, la lealtà verso il pubblico nel concedersi e nel concedere momenti da leggenda e infine, la stima nella sfida, quella che avevano Bartali e Coppi l’un l’altro pur nella loro guerra a colpi di pedale. I signori della montagna, i re assoluti ai quali è stata dedicata la serata attorniati comunque da altri uomini e campioni che le salite le conoscono e che hanno potuto parlare delle loro fatiche, forse ancor più grandi visto il loro non essere scalatori. Ma cosa ci hanno lasciato Coppi a 50 anni dalla morte e Bartali domani nel decennale della scomparsa, in un ciclismo che è cambiato?
«Papà era umile e discreto che non andava molto d’accordo con la notorietà» ha detto Faustino.
«Mi diceva che qualsiasi cosa non andasse, di non abbassare mai le braccia, di non arrendersi mai».

Laura Guerra
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