Rebellin: la Gerolsteiner poteva lasciare in un modo diverso

| 15/10/2008 | 22:50
C'è amarezza nel cuore e nelle parole di davide Rebellin, atleta che si vede costretto a rinunciare all'obiettivo del Giro di Lombardia a causa del ritiro della Gerolsteiner, piegata dai casi di doping. «Peccato che la Gerolsteiner debba concludere cosi' la sua avventura con il ciclismo ed e' un peccato che non si possa chiudere disputando tutta la stagione. Purtroppo, ho parlato con il manager Holczer - ha detto il corridore veneto all'agenzia Dire -: è una decisione che ha dovuto prendere per il codice etico e bisognava agire in questo modo. Ci tenevo al Giro di Lombardia e mi dispiace perche' e' una gara che non ho mai vinto: e' bella, importante e io sto anche bene. Avrei voluto far bene e chiudere con un successo sarebbe stato magnifico. E' un brutto modo di lasciare la squadra, sarebbe stato bello finire la stagione assieme. Ora speriamo che tutti possano trovare un altro impiego. Quelli con la Gerolsteiner sono stati anni bellissimi. Forse i piu' belli della mia carriera. Si erano formati un bel gruppo e una squadra forte: eravamo una bella famiglia. Peccato che si vada a lasciare il ciclismo in questo modo. Anche Holczer non ha nessuna colpa: il fatto di doparsi non dipende dalle squadre, viene dal singolo corridore e non e' giusto coinvolgere tutta la squadra».
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COMMENTI
Rebellin smettila di fare il finto tonto
16 ottobre 2008 13:08 supercar
Come puoi dire che il doping è isolato. Già quando eri alla Liquigas, il doping era praticato regolarmente ed organizzato dalla squadra al punto che Dal Lago smise con il ciclismo per poi rientrare e fare peggio di prima. Allora giù la maschera una volta per tutte ed ammetti quello che succede in quasi tutte le square professionistiche. Se non lo fai è meglio tu smetta per sempre perchè c'è bisogno di gente nuova e soprattutto corretta. Non vorrei che ti succeda come a Sella che si mervigliava del doping di Riccò mentre lui faceva uguale ed e stato beccato il pochi giorni dopo. Ti consiglio di leggere questo bellissimo articolo pieno di verità scomode e di riflettere insieme a tutto l'ambiente che continua a far finta di niente o a giustificarsi in continuo come la Bastianelli o Basso.
Dal sito www.paoloziliani.it
Che strano mondo, il mondo dell'informazione sportiva “made in Italy”! C'è un presidente di una squadra di ciclismo – uno che sta nei professionisti da 25 anni, Ivano Fanini – che nei giorni che precedono i mondiali di Varese dichiara: A) Al mondiale vincerà un dopato; B) I corridori italiani si sono ritirati dalla Vuelta con qualche giorno d'anticipo, senza un motivo, per fare “rifornimento”, cioè assumere sostanze dopanti lontano da occhi indiscreti; C) Bettini è informato sui “controlli a sorpresa” e spesso, in corsa, avvisa le squadre che la sera o la mattina dopo saranno sottoposte ai controlli; D) I big sanno in anticipo anche quando, al termine di una corsa, ci sarà o non ci sarà il controllo antidoping; E) Ho denunciato i fatti, riferitimi dai miei corridori, per telefono e per iscritto ai presidenti di Lega e Federazione, ma inutilmente; F) Al Giro d'Italia del '98, vinto da Pantani, ci fu uno scambio di provette tra Pantani e Forconi e venne mandato a casa il gregario al posto del capitano, che era risultato positivo; G) Il fatto mi è stato raccontato il giorno dopo nel mio ufficio da Forconi stesso, mio ex corridore, alla presenza di numerosi testimoni di cui posso fare i nomi.
Fanini dice queste cose terribili – e molte altre - in una lunga intervista a nostra firma pubblicata su “La Stampa”, intervista che alla vigilia del mondiale (sabato 27 settembre) viene ripresa, pressoché integralmente, dal quotidiano francese “Libération”, e lette le risposte di Bettini rincara la dose in un paio di comunicati che l'agenzia Ansa diffonde, l'ultimo alle ore 17,44 di venerdì 26 settembre. Ebbene: nonostante la gravità delle accuse (per dirne una: il campione del mondo in carica che viene informato dal “Palazzo” sui controlli a sorpresa e l'inutile denuncia inoltrata a Lega e Federazione), non c'è giornale, telegiornale o notiziario che ne dia notizia a lettori o telespettatori. Eppure, delle due l'una: o Fanini è un pazzo visionario che lancia false accuse e racconta bugie, e allora è giusto che venga querelato ed esemplarmente punito dai giudici sportivi e dai giudici ordinari; o Fanini dice la verità, e allora diciamolo, non si può proprio fare finta di niente. Perché nella migliore delle ipotesi si passa per conniventi. A voi non sembra?
Dicevamo: che strano mondo, il mondo dell'informazione sportiva “made in Italy”! Eh sì, perché due giorni dopo il mondiale vinto a mani basse da una nazionale italiana formato “Gulliver nel paese dei Lillipuziani” (sembrava che gli azzurri andassero in moto e gli altri in monopattino) succede che un esperto di doping francese, il professor Gerard Dine, se ne esca con la dichiarazione: “Armstrong vincerà il Tour 2009 da dopato”, spiegando quello che tutti nell'ambiente sanno, e cioè che Armstrong “è sfuggito a tutti i controlli per 10 anni” poiché dispone, come la maggior parte dei corridori che contano, di “un entourage medico di alto profilo che gli consente di restare nelle regole utilizzando un arsenale di prodotti dopanti”; basta questo, dicevamo, perché tutti i quotidiani italiani, sportivi e non sportivi, e i tigì e i notiziari, si tuffino sulla notizia sbattendo il mostro-Armstrong in prima pagina. L'importante, naturalmente, è che i sospetti non riguardino un corridore italiano.
Pantani era dopato anche al Giro dell'89 e al suo posto venne squalificato un gregario senza colpa che il giorno dopo raccontò tutto davanti a testimoni? Bettini era informato sui “controlli a sorpresa” e avvisava in corsa i capitani delle squadre interessate perché i corridori a fine corsa si lavassero il sangue e abbassassero i valori? Ci sono denunce scritte che giacciono dimenticate nei cassetti di Lega e Federazione? Nel ciclismo ci si dopa né più né meno di prima con il tacito assenso di tutti, a cominciare da quello del Palazzo? Sembra di sì, ma chissenefrega! L'importante è non farlo sapere in giro; e se qualcuno – come questo Fanini - viene meno al clima di omertà mafioso, la parola d'ordine è fare finta di niente. Ignorarlo. Isolarlo. Trattarlo come un appestato.
Così vanno le cose nel carrozzone del ciclismo italico nell'anno di grazia (o di disgrazia?) 2008. Da tre anni, il giorno del campionato del mondo, facciamo un mazzo così a tutti. Noi marziani, gli altri zombi. C'è da essere orgogliosi, non credete?


Meglio pedalare!
16 ottobre 2008 13:42 marcobici
Sono appassionato di ciclismo da tanti anni.
Ho anche due figlie che lo hanno praticato agonisticamente ed ora hanno smesso.
Mi sono però, purtroppo, dovuto ricredere sul mio sport, almeno per quel che riguarda l'attività agonistica.
Che senso ha seguire una gara, che sia di professionisti come di amatori non cambia, dopo tutto ciò che è emerso?
Basta, ora le trasmissioni televisive riguardanti il cicismo agonistico e le riviste che ne parlano non avranno da me nessun interesse.
E come me la pensano ormai moltissimi amici innamorati della bici.
Meglio, molto meglio, uscire a farsi un giro e pedalare, in gara con se stessi, su strade faticose che appassionarsi di agonismo senza lealtà.
Pedaliamo di più e seguiamoli mai più!!!

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