Questa sera andrà in scena l’ultimo ballo di Elia Viviani, il campione azzurro che nei suoi anni da professionista ha ottenuto 90 vittorie. Il veneto ha scelto la Zesdaagse per chiudere la sua carriera. La Sei Giorni di Gand, l’iconico evento su pista dal sapore antico, questa sera vedrà per l’ultima volta correre il ragazzo di Isola della Scala. Viviani su questo anello ha avuto il privilegio di vincere nel 2018 e oggi lo vedremo chiudere la sua avventura in coppia con il compagno di squadra Jasper De Buyst (31 anni), con il quale ha condiviso una stagione nella Lotto. In Belgio calerà il sipario sulla carriera agonistica di Elia, che sceso dalla bici salirà sulla macchina azzurra della nazionale dove porterà tutta la sua esperienza e passione, per continuare a far crescere il movimento italiano della pista.
«È strano però, la mia ultima, ultima gara. Stavo preparando la valigia per venire in Belgio: casco, scarpe, maglie da ciclismo – ha raccontato Viviani a Gand alla stampa presente alla Sei Giorni - Per anni, questa è stata la mia più grande preoccupazione: ho tutto ciò di cui ho bisogno? Se prendo l'aereo la prossima volta, non avrò nemmeno bisogno di tutto questo. Strano».
Vivani lo scorso inverno non aveva una squadra e rischiava di chiudere la sua carriera senza aver potuto fare un’ultima stagione, salutando e ringraziando quel mondo al quale per anni ha dato tutto se stesso.
«Lo scorso inverno ho dovuto cercare una nuova squadra e avevo un brutto presentimento. Poi ho corso con la Lotto ed è stato un anno importante per molti aspetti e adesso mi trovo qui a Gand, per la mia ultima volta da professionista».
La fusione tra Lotto e Intermarché ha fatto saltare molti contratti: forse il veneto avrebbe potuto continuare ancora, se le due squadre non si fossero unite.
«Quando ho firmato con Lotto a febbraio, l'accordo era: avremmo portato a termine il programma per un anno. Se fosse andato bene, avremmo potuto prolungarlo per un altro anno. Ma una volta annunciata la fusione tra Lotto e Intermarché, ho capito subito che con tutti quei corridori rimasti non ci sarebbe stato posto per me. Ho deciso subito che quello sarebbe stato il mio ultimo anno. Passo dopo passo, ho pianificato i miei ultimi appuntamenti. Prima, il Giro del Veneto, la mia ultima corsa su strada, ma forse troppo dura per me, ma c’era l'arrivo a Verona, sulle strade dove ho iniziato ad andare in bici. Dopodiché, volevo andare ai Campionati del Mondo di ciclismo su pista per l'ultima volta. Sapete come è finita, con un titolo mondiale nell'eliminazione e, perché no?, anche con l'ultima copertina che mi avere regalato voi di tuttoBICI. Semplicemente pazzesco».
Quel Mondiale è stato l’evento che ha portato Viviani a correre ancora e chiudere la sua carriera proprio con la pista e la Sei Giorni di Gand era la gara perfetta.
«Durante quel Mondiale, ho mandato un messaggio a Christophe Impens, dell'organizzazione Golazo. Era dal 2018 che non correvo la Sei Giorni, ma volevo davvero concludere definitivamente la mia carriera a Gand. Nel 2016, ho visto l'addio di Bradley Wiggins, il mio idolo. Quell'atmosfera unica, quel velodromo speciale e per un ciclista che ama la pista non c'è posto migliore di Gand per ritirarsi».
Il veneto è un corridore unico, straordinario su pista, dall’oro olimpico a quelli mondiali ed europei e anche su strada ha ottenuto molti successi. Viviani non ha rimpianti ed è felice di chiudere a Gand la sua carriera: saluterà stasera il mondo delle corse con il sorriso, perché sa che è un arrivederci e che ora è pronto a vivere questo sport da un'altra angolazione.
«Non si può dire che sono stato uno specialista più della pista o della strada, dipende da come si guarda la mia carriera. L'anno scorso ero uno di quei quattro o cinque corridori con più di novanta vittorie su strada. Non è male. Così come sono orgoglioso di far parte del gruppo di corridori con vittorie di tappa al Tour, al Giro e alla Vuelta. Il mio unico rammarico è di non aver mai avuto successo nella Gand-Wevelgem o nella mia corsa dei sogni, la Milano-Sanremo.
Per me, strada e pista sono sempre andate di pari passo. Il che non è stato facile all'inizio. Con Milan, Ganna e Consonni, l'Italia ora ha una delle migliori squadre di pista al mondo. Ai Giochi di Londra, ero ancora solo. Io e un allenatore: tutto qui. Il nostro box nel campo centrale era così piccolo che nemmeno un meccanico ci entrava. Se tu, da ciclista su strada, dicevi di voler correre in pista, ti guardavano male. Ma non ho mai voluto rinunciare a una cosa per l'altra. Tranne durante gli anni olimpici. Poi i Giochi sono venuti prima di tutto. Lo si vede nel mio palmares. Nel 2016 ho vinto solo due gare su strada, nel 2021 solo un paio e nel 2024 nessuna. Ma ne è valsa la pena. Oro a Rio, bronzo a Tokyo, argento a Parigi: non c'è colore che non abbia. Sono felice, ho veramente fatto quello che amavo in questo sport e ora, finisco da uomo felice».
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