
La teoria di partenze alla Bk Arena, aperta per gli under 23 uomini dal padrone di casa Etienne Tuyizere, incomincia come sempre con il sottofondo dei bonghi e speriamo vivamente che ci sia un certo turnover tra chi batte sui tamburi. Said Malale dalla Tanzania, secondo a prendere il via, consente di restare in questa porzione d’Africa, mentre Tiemoko Diamoutene mette in strada l’orgoglio del Mali, i cui portacolori si fanno chiamare “Cycling Eagles”, in occasione tra l'altro del 65esimo anniversario dell’Indipendenza del Paese la cui capitale dista da Kigali qualcosa come 6 mila chiometri. Della serie: cosa vuoi che sia mai una passeggiata come Atene-Helsinki? Vabbè, per le questioni meramente geografiche viene in soccorso un caro e vecchio mappapondo, piuttosto che un route planner di nuova generazione. Mentre le inquadrature riproposte sul maxischermo della fan zone indugiano sul pubblico, non senza un doveroso stacco sul memoriale del Genocidio, il 22enne Etienne è ormai a 15 km dalla prova che rappresenta a pieno titolo il giorno speciale della sua vita, conclusa in 30esima posizione, contro la 66esima del 2024 a Zurigo.
A QUESTI RAGAZZI OCCORRE UN CALENDARIO PIU’ FOLTO
Ai box delle squadre l’attesa per le prestazioni dei campioni si associa alle speranze dell’Etiopia per il risultato di Tekle Alemayo, appena 18enne ma già campione nazionale su strada tra gli Elite. Finirà 38esimo. A livello continentale, miglior piazzamento per il sudafricano Crause, 19esimo a 3'31" dal vincitore Söderqvist. Restando nel Team Amani, catalizzatore di talenti guidato dall’ex professionista etiope Tgsaby Grmay, per anni nel World Tour, ecco il bravo Lawrence Lorot dell’Uganda, ma è il suo compagno di squadra Shafik Mugalu a scherzarci su, fino ad un certo punto, lasciando pesare la sua bici da crono: “Mi è stata fornita dal team rwandese per cui gareggio, Java, e mi porto dietro anche tre chili in più rispetto ai big. Il mio calendario è scarno come quello di tanti altri corridori africani ed è stato incentrato sul mondiale e prima sul Tour du Rwanda, dove mi sono messo in mostra con una fuga di 115 km. Per noi l’evento di febbraio è la massima ribalta, unica corsa 2.1, ma lo vedete anche voi quanto questa rassegna iridata può cambiare decisamente in meglio le cose” – spiega il 20enne nativo della capitale Kampala. Quelli della Tanzania o del Botswana si soffermano con l’impresa di Soderqvist ed al pari di tanti colleghi delle nazionali africane meno strutturate mettono l’accento sull’importanza di dar vita ad una vera e propria attività giovanile nei propri stati.
NON PORRE LIMITI ALLE AMBIZIONI DELL’AFRICAN CYCLING
Intanto, la telecronaca ufficiale dell’Uci non a caso indugia decisamente sul progetto Amani, la cui sede d’allenamento è stata allestita in Kenya. “Non c’è ragione per non immaginare che un corridore di queste nazioni in futuro possa vincere una grande corsa a tappe, mettendo a frutto il miglioramento delle condizioni di allenamento e gli sforzi di programmazione dell’attività fatti ogni giorno” aggiunge il commentatore dalla propria cabina. Una visione ottimistica, d’accordo, ma la maglia verde di Biniam Girmay al Tour de France è la rappresentazione plastica di un importante percorso fatto.
E sembrerebbe davvero crudele stoppare i sogni di affermazione ad alti livelli di Tekle Alemayo, solo qualche mese fa vincitore a sorpresa e per distacco del campionato nazionale. Per evitare narrazioni agiografiche sul futuro ciclistico di nazioni dove lo sviluppo non è affatto omogeneo, le condizioni date dal punto di vista economico e del contesto sociale, è il caso dell’Uganda, possono fare la differenza, pensiamo alla testimonianza diretta di Mary Aleper, ragazza che ha partecipato alla crono mattutina. Lei rivendica fieramente la propria appartenenza al popolo karamojo, etnia di pastori che ha sofferto discriminazioni, conflitti e povertà. Essere qui per la 21 enne che nel 2022 si affacciava ai campionati mondiali di gravel, vero e proprio pallino del suo coach Grmay, corrisponde ad un lungo viaggio compiuto. Buona continuazione, Mary.
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