FISCO, COSI' PER SPORT. ASD E PREVALENZA DELL'ATTIVITA' COMMERCIALE

SOCIETA' | 30/07/2021 | 08:00
di Umberto Ceriani

A distanza di pochi mesi dalla sentenza 526/2021 pronunciata dalla Sezione V della Corte di Cassazione, riguardante lo svolgimento di attività commerciale in via principale da parte di un ente religioso e la perdita della qualifica di ente non commerciale come conseguenza di questa prevalenza rispetto ai ricavi istituzionali nonostante le previsioni dell’art. 149, comma 4, TUIR la Corte di Cassazione torna su questo tema pronunciandosi in merito alle contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una Associazione Sportiva Dilettantistica titolare di P.IVA.


Ricordiamo in premessa che l’art. 149 DPR 917/1986 prevede che “indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta.” Il comma successivo elenca  degli ulteriori parametri ai fini della qualificazione commerciale dell’ente, ma l’ultimo comma sancisce che “Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili ed alle associazioni sportive dilettantistiche.”


In base a tale dettato normativo nel corso degli anni molti sodalizi sportivi hanno svolto attività commerciale prevalente rispetto a quella istituzionale, notoriamente grazie agli incassi delle sponsorizzazioni. Tramite i ricavi di questa natura ASD e SSD finanziano l’attività sportiva di base ed agonistica potendo offrire corsi e lezioni con un contributo da parte dei soci e tesserati inferiore rispetto ai costi sostenuti grazie all’apporto economico dei proventi commerciali.

La Cassazione ha emesso una nuova sentenza (n. 17026 del 16/06/2021) che non solo conferma la precedente n. 526/2021, ma anzi argomenta in maniera ancora più esaustiva l’iter logico-interpretativo che ha condotto gli ermellini verso tale orientamento, contestando inoltre la ricostruzione effettuata dalle Commissioni Tributarie Provinciale e Regionale in merito alla tassazione dei redditi così determinati.

Nel caso in esame la verifica dell’Agenzia delle Entrate aveva accertato che l’ASD svolgeva attività commerciale prevalente rispetto ai ricavi derivanti da attività istituzionale ed aveva ricondotto a tassazione la totalità delle somme da questa incassate nell’anno oggetto di verifica. Le Commissioni tributarie però, nel confermare la ricostruzione dei ricavi effettuata dai verificatori, avevano considerato che il recupero a tassazione dei ricavi dovesse avvenire solo in proporzione alla percentuale di attività commerciale, escludendo da tassazione i ricavi derivanti da attività istituzionale.

La Cassazione contesta questa posizione delle Commissioni di primo e secondo grado in quanto specifica che, proprio in ragione della prevalenza dell’attività commerciale rispetto a quella istituzionale, il giudice avrebbe dovuto applicare correttamente l’art. 149 TUIR nel combinato disposto con l’art. 81 TUIR il quale stabilisce il principio per il quale tutti i redditi percepiti dagli enti commerciali residenti si considerano redditi di impresa e quindi ogni provento conseguito dal contribuente avrebbe dovuto essere assoggettato a tassazione come emergeva correttamente dall’avviso di accertamento.

La Corte riconferma quindi che lo svolgimento di attività commerciale prevalente sull’attività istituzionale conduce, anche per gli enti ecclesiastici e per le associazioni sportive dilettantistiche, alla perdita di qualifica di ente non commerciale, ma soltanto se l’esercizio prevalente di attività commerciale si protrae per più di un periodo di imposta. In aggiunta a tale posizione la Cassazione reputa che le Commissioni Tributarie abbiano commesso l’errore di distinguere le due diverse tipologie di attività esercitate, una volta che era stata stabilita la prevalenza per più di un anno dei ricavi commerciali e quindi di considerare esenti da tassazione i ricavi istituzionali. A parere degli ermellini la perdita della qualifica di ente non commerciale determina l’attrazione nella categoria del redditi di impresa di tutti i ricavi conseguiti dall’ente, senza distinzione tra istituzionali e commerciali.

Ultima conseguenza dell’attrazione nell’ambito della categoria dei redditi d’impresa, con applicazione degli artt. 55 e 81 TUIR, è anche l’obbligo di attivare le scritture contabili ex artt. 144 e ss. DPR 600/1973 con ulteriore aggravio di costi e adempimenti amministrativi per i sodalizi sportivi.

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