LUCIANO CERRATO, L'AMBASCIATORE DEL CICLISMO ASTIGIANO NEL MONDO

STORIA | 27/06/2020 | 07:38
di Franco Bocca

 


Quando, parlando di biciclette in giro per l'Italia, vengono a galla le nostre origini astigiane, invariabilmente ci viene chiesto: "Come sta Luciano Cerrato?". Passano gli anni, la Coppa Città di Asti non si corre più dal 2007, ma l'ambasciatore del ciclismo della nostra provincia nel mondo è ancora e sempre lui, il vulcanico Luciano, che da pochi giorni ha compiuto 84 anni ma non ha perso la grinta e il cipiglio dei giorni migliori.


Cerrato, come è stato il suo approccio con la bici?

«Quando ero ragazzo ero affascinato dal racconto delle imprese del Diavolo Rosso, che andavo spesso a trovare nella sua officina di via Cavour. Successivamente è nata una bella amicizia con la figlia Paola e con la nipote Michela. Nei primi anni Sessanta sono diventato Presidente della Polisportiva Libertas, poi dirigente del Cavallino Rosso, della Barbero di Canale e del Pedale Astigiano Giovanni Gerbi».

Ma il ciclismo non era la sua unica passione, vero?

«Vero, negli anni Settanta mi sono occupato anche dell'Asti Calcio quando era Presidente l'amico Marco Gastino. Ricordo che insieme siamo andati in Calabria ad ingaggiare Luigi Sacchetti, che l'anno dopo avrebbe debuttato in serie A nella Fiorentina. Per quanto riguarda il Palio, l'altra mia grande passione, nel '67 sono stato tra i fondatori del Borgo San Lazzaro, il mio rione, che tuttora detiene, con sei successi, il record di vittorie nella kermesse di  piazza Alfieri. Nel 2008 sono stato premiato come "Borghigiano dell'anno" dal fantino vincitore di quella edizione, Giuseppe Zedde detto Gingillo».

Ma la Coppa Città di Asti resta il suo capolavoro...

«Dopo essere rimasto a lungo fuori dall'ambiente, ho seguito con Franco Tarabbio l'edizione del 1992, riservata agli Juniores. Quel giorno ho deciso che quella corsa sarebbe diventata una classica degli Under 23 tra le più ambite d'Europa e senza presunzione, grazie soprattutto ai numerosi sponsor che mi hanno affiancato nel corso degli anni, credo di esserci riuscito».

E allora perchè ha smesso di organizzarla dopo l'edizione del 2007, vinta dal futuro iridato Tony Martin?

«Non certo per una questione finanziaria, perchè il sostegno degli sponsor storici era assicurato. Ma mi era venuto a mancare il prezioso apporto di mio cognato Piero Pia e non ho trovato nessuno disposto a sostituirlo nella delicata gestione amministrativa dell'evento, che ormai aveva assunto una dimensione internazionale. Oltretutto cominciavo ad invecchiare e, non avendo trovato un erede, ho preferito lasciare il ricordo di una corsa organizzata al top piuttosto che rischiare un ridimensionamento che sinceramente non è nelle mie corde».

I riconoscimenti però non sono mancati...

«Nel 2008 sono stato insignito dell'Ordine di San Secondo, che è l'onorificenza più importante conferita dal comune di Asti, insieme a Paolo Conte e Bruno Gambarotta. E in quello stesso anno ho avuto la grande soddisfazione di essere chiamato a far parte del Comitato organizzatore dei campionati del mondo di Varese, come addetto alle partenze e agli arrivi».

Ad ottobre il Giro d'Italia farà nuovamente tappa ad Asti, 17 anni dopo quell'arrivo in via Torchio che proprio lei aveva organizzato...

«Mi avevano chiesto di far parte del Comitato di tappa, ma ho dovuto rinunciare per motivi di salute. Ma non sono d'accordo sull'arrivo davanti al Palazzo della Provincia, con tutti i lavori stradali che dovranno essere eseguiti per eliminare gli ostacoli. Sarebbe stato molto più semplice e spettacolare arrivare in corso Alfieri all'altezza della curva del Cavallone, 50 metri più avanti del punto in cui si concludeva la Coppa Città di Asti».

da La Stampa - edizione di Asti

 

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