L'UCI E QUEL DIRETTIVO CHE NON PARLA DI CICLISMO E CICLISTI

LETTERA APERTA | 10/04/2020 | 07:40
di Fiorenzo Alessi

Caro Direttore,


è proprio vero: quando si comincia ad avere più passato alle spalle che futuro davanti, ovvero quanto si entra nella terza età, si è portati a ritornare un po' bambini. Chiariamoci subito: il rincoglionimento è ancora ben di là da venire, sempre a Dio piacendo, e, con un azzardato ma efficace richiamo Manzoniano, tengo a confermare che per il sottoscritto il fulmine viene ancora subito dopo il baleno. Forse anche prima! Chi mi conosce lo sa bene.


Solo che di fronte a certi accadimenti, o pubbliche dichiarazioni così frequenti soprattutto in questi brutti giorni, riesco in alcuni casi a provare meraviglia. Proprio come un bambino che, tanto per restare sul pezzo, viene portato per la prima volta ad assistere ad una competizione ciclistica, magari in un bel velodromo. Chi negasse che l'infante ne sia affascinato, o  ha una naturale ripulsa per i bambini (ci può stare, l'iperattività di alcuni rasenta la forza degli uragani), oppure ha un metodo educativo e criteri valutativi che, francamente, mi sfuggono.

Tutto ’sto pistolotto, per dire che sono rimasto meravigliato, ai limiti della trance estatica, di fronte alle dichiarazioni rese pubbliche ieri, 9 aprile dell'anno del Signore 2020, dal Presidente dell'U.C.I. Monsieur David Lappartient. Dopo che da mesi il Mondo (che dicono sia un pelino più grande della beata Svizzera) sta facendo i conti con una epidemia/pandemia al cui confronto nella conta dei contagiati-morti tendono ad impallidire gli stessi conflitti bellici, con ripercussioni socio-economiche di proporzioni indubbiamente epocali, con una tempistica e precisione che sta alla risaputa e proverbiale precisione elvetica come ci sta - sempre ciclisticamente parlando - un bel piatto di pasta e fagioli per un Ciclista che dovesse prendere il via per affrontare una cronoscalata , l'ineffabile Presidente U.C.I. ci viene ad... illuminare e insieme ad ammonire circa la "...crisi senza precedenti..." che sta investendo - mi permetto di dire, ovviamente - anche l'istituzione Sportiva della quale ha l'onore e l'onere di reggere le sorti. Cavolo, questa sì che è un'affermazione storica, di certo adeguatamente ponderata, soprattutto nuova. 

Ciò che poi, sempre con quegli occhi grandi di bambino di fronte ad uno spettacolare carosello multicolore (ricordate? il bimbo assiste ad una kermesse pistaiola), mi procura vera ed ulteriore meraviglia, ed a dirla tutta anche una certa dose di stupefacente incredulità, è la singolare circostanza che, in un COMUNICATO di 62 righe - credetemi, le ho contate - dell'  U.C.I., cioè della massima Istituzione Mondiale del Ciclismo, ai ciclisti, intesi come donne e uomini che esercitano la professione del ciclismo, sia dedicata circa una riga e nell'ultimo capoverso. Testualmente: "La nostra Federazione sta attraversando una crisi senza precedenti...: l'inattività sta mettendo in crisi i corridori, le squadre..." e via dicendo. Tutto il resto, che di certo noia non è, ha a che fare con la vil moneta e i conti da far tornare: si ha riguardo, infatti (ed opportunamente, ci mancherebbe altro!) , a punti oggetto del Comunicato quali Economia, Futuro, Tagli.

Ma un paragrafo, dico uno non di più, che sia espressamente e specificamente dedicato proprio a quei pur menzionati corridori che l'inattività' sta mettendo in crisi (io mi permetto di dire che ha già messo in crisi) non lo vedo! Mi sarà di certo sfuggito, dovendosi credere che sia stato implicitamente ricompreso ed altrettanto ermeticamente ma efficacemente espresso in uno degli altri paragrafi del "meraviglioso" Comunicato. Quel che però risulta certo è che la riunione straordinaria del consiglio Direttivo dell'U.C.I. convocata dal Presidente Lappartient non ha partorito, proprio per i ciclisti-corridori, quelle misure da più parti invocate non solo per "...superare la tempesta..." ma anche, ed in termini d'intubile contestualità, per affrontarla  adeguatamente e ragionevolmente. Ma ho i miei limiti, mi si vorrà perdonare: questa è pur sempre l'opinione di un "non più giovane bimbo" innamoratosi del Ciclismo.

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