GATTI&MISFATTI. ARU, REAGIRE SIGNIFICA RINASCERE

GATTI&MISFATTI | 20/05/2018 | 18:14
di Cristiano Gatti     -   

Stavolta non ho molta voglia di scherzare. Il crollo di Aru merita rispetto. Non c’è niente da ridere.
Cercando di fare la persona seria, dico che forse è meglio così. Fine dell’equivoco. Il campione italiano si guarda allo specchio e vede il profilo della sconfitta. Inutile voltarsi dall’altra parte. Inutile scappare. Inutile raccontarsela. Arriva il momento in cui non se ne può più di chiedersi cosa succede, come mai, perché non funziona niente. Di consumarsi dentro, più di quanto consumi la fatica del lavoro. Correre in bicicletta non è molto diverso da tante altre situazioni quotidiane: noi uomini crediamo di preparare tutto per bene, di prevedere qualsiasi evenienza, di curare ogni minimo dettaglio, poi si va in trincea e la vita rifila le sue sberle.

Fabio Aru è un uomo ancora giovane che per questo Giro d’Italia si è inventato di tutto. Nuova squadra tutta per sé, gruppo di lavoro tutto suo, mesi e mesi via da casa. Questo era l’esame, lo sapeva lui per primo, un autentico esame di maturità per dimostrare che la sua dimensione non è quella della promessa a vita, ma del campione acclamato e conclamato.

Finisce così, nella giornata dei venti minuti, tutto un sogno personale. Senza farla troppo romantica, non bisogna dimenticare che la sua nuova squadra, marchio Beppe Saronni, gli ha finanziato l’impresa con un contratto da quasi tre milioni all’anno. Significa qualcosa. Per dire come questo Giro fosse stracarico di attese, di significati, inevitabilmente di tensione. Sulla bicicletta di Aru, dalla partenza di Israele, c’è questo peso supplementare. Possiamo poi entrare nel tunnel delle spiegazioni e delle colpe, secondo i più soprattutto quella di lasciare Martinelli e l’Astana, ma che Aru sia andato a cercarsi una situazione complessa, stressante, esasperata è fuori discussione. Chi si carica addosso tanta responsabilità deve essere poi pronto ad affrontarla, tutti i giorni, in tutte le condizioni.

Siamo al punto. Più della preparazione fisica, più dei pochi giorni di gara in primavera, Aru paga adesso l’insostenibile leggerezza dell’essere. Dell’essere Aru, cioè leader, cioè bersaglio. Tra i suoi problemi nuovi c’è inevitabilmente quello di stare al centro della scena, con l’ingombro del suo ruolo e del suo ingaggio. Là fuori il mondo va così: un conto è giudicare una giovane promessa, un altro è giudicare una star. Sono le regole del gioco: chi non le sa accettare finisce inevitabilmente alla deriva.

Tocca a lui capirsi e conoscersi. Questo tracollo può indirizzarsi pericolosamente sul binario morto del fallimento rancoroso, ma può anche diventare tanta benzina sul fuoco dell’orgoglio. Di quello positivo, ovviamente.
Tutti noi, non solo Aru al Giro d’Italia, prima o poi andiamo a sbattere (fatte salve le beate eccezioni di quelli nati con la camicia, che al limite sbattono con la Porsche contro il guard-rail). C’è chi si accascia e si incupisce, crogiolandosi subito nel vittimismo e nel complottismo, al grido questo porco mondo ce l’ha solo con me, ma c’è anche chi incassa la bancata e la mattina dopo si rialza migliore. Più forte e più tenace, testimonial vivente della copiosa raccolta di proverbi sul tema, genere solo chi cade si rialza eccetera eccetera. Resta una indiscutibile verità: le difficoltà e gli ostacoli sono anche opportunità. Ci tirano fuori il meglio che neppure sappiamo di avere.

Ovviamente, è quello che l’Italia intera adesso si aspetta da Aru: che tiri fuori il meglio di sé. Il dopo-Nibali era lui fino a due settimane fa. Deve esserlo anche dopo i venti minuti di Sappada. Evitando accuratamente la tentazione tossica di pensare che tutti ce l’abbiano con lui. Voltare pagina, solo questo serve. Reagire significa rinascere. Sono parole grosse, ma non è che il momento sia molto leggero.

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COMMENTI
20 maggio 2018 19:07 tempesta
Aru, e finito e ora di capirlo se leggo quello che i cosidetti giornalisti scrivono mi viene il dubbio che Hanno visto la Corsa sbagliata.Ma di sicuro la commedia andra avanti cosi per anni.

Aru...dal 2015 che fallisce tutti gli appuntamenti preparati
20 maggio 2018 19:31 gambalenta
Sono daccordo con tempesta.Cari giornalisti e caro Aru avete illuso tutti e anche voi stessi.E continuerete .Mi meraviglio di Saronni...

Eh si...
20 maggio 2018 21:01 Berna71
A mio parere in Italia si portano suil%u2019altare della gloria troppo presto gli sportivi che vincono al primo approccio un qualcosa ma poi confermarsi e diventare se non un campione un grande e%u2019 molto molto difficile e a mio modesto parere Aru e%u2019 stato bruciato nel motore e poi nella testa dopo la vittoria alla Vuelta e ora deve sopportare il peso di una cambiamento di squadra ingaggio e tutto il testo connesso... l%u2019Astana ha visto lungo lasciandolo libero e puntando su altri corridori e i risultati della primavera lo dimostrano...

haters gonna hate
20 maggio 2018 23:24 AleC
Dopo la pioggia, come i funghi escono gli haters di Aru.
Può darsi che abbiate "fortuna", e che Sappada dopo Visentin ponga fine ad un'altra carriera al vertice. Ma non vi invidio neanche un po'.
Godetevi questa specie di tavernello delle gioie esistenziali che i tedeschi chiamano "schadenfreude"...

come diceva Alfredo Binda...
20 maggio 2018 23:47 pickett
Inutile scrivere tanti romanzi:il ciclismo é uno sport molto semplice.Se hai gambe e polmoni sei competitivo,se non le hai,non lo sei.Tutti i giornalisti che indicavano Aru tra i favoriti del Giro hanno seguito le corse nello scorso biennio?La figuraccia l'hanno fatta loro,prima ancora del povero Aru,che ha bruciato irrimediabilmente il motore nel 2015,proprio come il suo patron Saronni al Giro 83.

Peso supplementare ?
21 maggio 2018 07:43 ERIO
certo che se il peso supplementare di cui il povero Aru si e' caricato sono i 3 milioni....come vorrei pesare di più' ....

Crisi Aru
21 maggio 2018 09:45 TIME
Ragazzi il ciclismo è puro sacrificio sia a basso che ad alto livello.

Fabio Aru ci sbalordisce sia in un modo che nell'altro… capace di vincere, ma anche di “perdere” anzi di “prendere” bambole micidiali. L’abbiamo visto lo scorso anno alla Vuelta prendere un quarto d’ora da un redivivo Contador sui tornanti dell’Angliru.
Ha solo 28 anni … il “motore” dovrebbe ancora assisterlo per altri 4-5 anni a patto che ritorni però nei bassi ranghi e si rivolga ad un buon preparatore atletico. Forza Aru ... non mollare !!.


Triste realtà
21 maggio 2018 13:35 SERMONETAN
Condivido alcuni commenti,la colpa non e di Fabio Aru ma del suo primo DS da professionista che tutti lo elogiano,ancora acerbo gli ha fatto fare subito classifiche ai giri,stessa cosa ha fatto con Cunego.Dello stesso parere è anche il suo ex DS da dilettante,

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