LIBRI | 01/08/2017 | 07:48 Non sentivamo francamente, per timore dell'ignoto o per pudore del sentimento, l'esigenza di un altro libro su Pantani e sulla sua tragica parabola. Ma altrettanto onestamente dobbiamo rendere onore e merito a Luca Steffenoni e al suo Il caso Pantani - Doveva morire, da poco in libreria (Chiarelettere, pagg 160, euro 12,00).
Luca Steffenoni, classe '61, criminologo e già attento esaminatore dei delitti maggiori della attualità nazionale, ripercorre con la necessaria puntualità i due tempi della storia maledetta di Marco Pantani, il ciclista romagnolo, lo scalatore che veniva dal mare, l'atleta che con la bandana gialla aveva unito i cuori degli italiani nel trionfo al Giro e al Tour del '98: e l' ultimo, giova ricordarlo, a riuscire in tale exploit.
E si riparte, in questa disanima rigorosa, alla luce degli elementi che negli anni si sono accumulati in merito, dalla facciata A del suo dramma, quella esclusione dal Giro del '99 di un Pantani in maglia rosa, ed arcisicuro della vittoria finale, a causa di un ematocrito di due punti o giù di lì fuori dalle regole UCI vigenti, al controllo ematico di Madonna di Campiglio, alla partenza di quel tappone alpino, con l'arrivo all'Aprica, che ne doveva costituire la legittima apoteosi.
Sul tema 'Pantani dopato', Steffenoni ricostruisce la possibilità di un controllo adulterato, con quella provetta "11440" assegnata a Pantani, che esprimerà singolari anomalie laboratoristiche: ematocrito alto, emoglobina normale, piastrine basse...
E dà ampia solidarietà alle dichiarazioni (2013) di Renato Vallanzasca che riferì di un patto diabolico, ad opera delle holding delle scommesse clandestine attive nel Napoletano, per far saltare Pantani e non dover pagare così una straordinaria quota di vittorie... Invocando in merito l'intervento della Commissione antimafia, per un tentativo di illuminare oltre questa nebulosa di testimonianze e ritrosie, annebbiate dal tempo o irrisolte per la scomparsa di alcuni protagonisti, come il giudice olandese dell'UCI, Wim Jeremiasse, morto in un incidente stradale. Il ciclismo, di per sè parte lesa e senza avvocati difensori già in questo primo step dell'affaire Pantani, è totalmente assente, come già passato in giudicato, nel tempo secondo ed ultimo del dramma Pantani. Non c'è più il ciclista Pantani offeso nel suo orgoglio di campione del '99, ci sarà un intervallo ben lungo e ambiguo fra i due atti, ma è l'uomo Pantani ferito a morte, quello su cui Steffenoni pone con la massima diligenza l'evidenziatore del criminologo puro.
Il drammatico epilogo di quel San Valentino 2004, nell' appartamento D5 del Residence Le Rose di Rimini, viene scandagliato, con la sua notte ed i suoi momenti precedenti e quelli successivi, in un milieu locale e familiare anche non semplice, senza pietà, senza concessioni. I pusher partenopei, troppa malaNapoli per Pantani secondo i nostri gusti, l'entraineuse russa, una receptionist che non dà ascolto alle richieste di aiuto trasmesse al telefono, il quadro di un disordine creato ad arte, l'autodistruzione di una vittima di overdose di cocaina che però ha le mani intatte, in una notte sorda ai rumori, in una portineria dove nessuno ha visto nessuno...
Anche perchè il Residence Le Rose aveva un'altra via di uscita, dal garage. Et de hoc satis, anche perché il libro vi racconterà tanto di più. Come si sa, il Residence Le Rose è stato raso al suolo, non esiste più. E di Pantani resta il ricordo. Per noi, è quello di un ciclista caduto in volo dalla sua gloria. Per Steffenoni, è quello di un primattore derubato prima e poi ucciso. Da ignoti, come in ogni giallo italiano che si rispetti.
Un'altro che vuole farsi publicità e che prova ad arricchirsi alle spalle del Pirata.
Io sinceramente non indendo leggerlo.
Pontimau.
Un po' stufo
2 agosto 2017 08:39geo
Storia trita e ritrita: molto più affascinanti le stori di Pastonesi, su ciclisti che hanno vinto e che hanno perso, che hanno vissuto ed hanno sofferto: belle storie di persone magari ignote o dimenticate che meritano risalto
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