PROFESSIONISTI | 22/04/2017 | 21:03 Ieri. Non una vita fa, non anni, neanche mesi. Un giorno. È passato un giorno, anzi meno, 21 ore.
Sono al Tour of the Alps con la nazionale. Ho l'ammiraglia numero 8,
davanti a me i tedeschi della Bora e dietro l'Androni. La fuga ha preso
il largo e, come spesso accade, il gruppo rallenta e diversi corridori
si fermano a bordo strada. Ho il finestrino abbassato anche perché,
finalmente, la temperatura ha ripreso a rialzarsi dopo qualche giorno di
freddo quasi invernale. Assorto nei miei pensieri, attento alle
comunicazioni di radio corsa, sento una mano attaccarsi alla portiera
della mia macchina. Giro lo sguardo ma prima di avere il tempo di aprire
bocca per salutarlo mi incalza: "Allora Cassa, ma quanto devo correre ancora?"
La mia risposta è immediata: "Ascoltami Scarpa, il prossimo anno, a Innsbruck abbiamo un Mondiale
durissimo, ho bisogno di un corridore come te. Almeno almeno devi
correre fino al prossimo anno, poi decidi tu. Ok?"
Michele mi
risponde con un sorriso, ed è normale perché lui, il sorriso, ce l'ha
stampato sul viso. Anzi no, lui ci prova a fare il serio ma non ci
riesce. Lo dice sempre.
Sono 300 metri che è attaccato alla mia ammiraglia, ha voglia di parlare, è felice. Ha molti motivi per esserlo. Il primo? Ha vinto una corsa dopo 4 anni di digiuno, da quel giorno di
settembre del 2013 quando, già convocato da Ballerini per il Mondiale di
Firenze, si impose al GP Costa degli Etruschi a Donoratico.
Il
secondo? Avere dedicato la vittoria ai suoi due bambini, Giacomo e
Tommaso. Hanno 5 anni i suoi due gemellini ed essendo nati nel 2012 non
avevano mai visto il loro papà vincere una corsa. Li adorava.
Il
terzo? Un Giro d'Italia alle porte, da correre nelle ritrovate vesti di
capitano per merito di un Fabio Aru, costretto a restare a casa per
colpa di una brutta caduta. E di motivi, Michele, per essere felice ne avrà sicuramente tanti altri perché è ottimismo fatta persona.
E come corridore? Esemplare. Ho detto di questo periodo senza vittorie ma non perché Michele fosse
calato, ma per il semplice fatto che dal 2014 ha cominciato a lavorare
per gli altri.
Risoul 2016, penultima tappa alpina del Giro d'
Italia. Michele è in fuga con il belga Monfort. Cosa fa? Si ferma. Mette
piede a terra per aspettare il suo capitano che nel frattempo ha
staccato quasi tutti gli avversari più diretti, a cominciare dalla
maglia rosa kruijswijk (caduto) e Valverde. È proprio il lavoro di
Scarponi che permette al siciliano di avvicinarsi alla maglia rosa che
verrà conquistata il giorno dopo, sempre grazie ad un Michele
straordinario.
Io ci provo ma non riesco a scrivere al passato.
Vorrei tornare indietro di qualche ora, magari allungare di un giorno il
Tour of the Alps o nascondere la bicicletta a Michele in modo che non
esca questa mattina in bici. Ma non posso.
Da questa mattina quando
parlerò di Michele dovrò usare il passato, ma ogni volta che penserò a
lui lo vedrò li, di fianco alla mia ammiraglia, a chiedermi per quarto
tempo dovrà correre ancora.
Davide, Michele continuerà a correre per sempre nei nostri cuori per la sua simpatia, per il suo buon umore, per la sua ironia che solo chi l\'ha conosciuto personalmente e ha avuto modo di condividere con lui un po\' di tempo può comprendere.
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