Gatti & Misfatti
Mani bucate
di Cristiano Gatti

Soldi, sesso, sangue e salute: pare che con questi quattro temi si possa scatenare la curiosità del pigro lettore italiano. Infatti poi riempiamo i giornali di politica. Tranquilli, non lo farò anche qui. Stavolta vado coi soldi. Soldi pressochè pubblici, i soldi della federazione ciclistica. In un’altra parte di tuttoBICI un consigliere nazionale, Battista Cailotto, e il presidente, Giancarlo Ceruti, si azzuffano su una questione che sembra interna ai fatti loro, ma che in realtà merita l’attenzione dell’intero ciclismo.

Per quel che ci riguarda, a tutti noi osservatori interessati e neutrali di queste cose, vale soltanto una considerazione: visto che i tesserati pagano annualmente il loro tributo, e visto che pure lo Stato (tramite il Coni) versa di suo, sarebbe fondamentale spendere bene questi soldi. Invece è con vivo stupore (uso la logora immagine per non dire altro) che la collettività apprende alcuni dati francamente raccapriccianti. Il primo: 19.400.000 lire alla settimana (fanno 77.600.000 al mese, 931.200.000 all’anno) per confezionare l’organo ufficiale Tuttociclismo. Questo giornale è il fiore all’occhiello del presidente Ceruti: se lo porta in giro con orgoglio, lo considera a tutti gli effetti un figlio suo. Certo ogni scarafone è figlio di mamma sua, ma è una creatura che costa. Ceruti ha voluto farne un giornale vero, peraltro fallendo miseramente l’obiettivo. Del giornale vero questa cosa ha solo i costi. Il resto, lasciamo stare: all’inizio è comparsa addirittura un’inchiesta su quanto è difficile il mestiere del giornalista di ciclismo, argomento già bugiardo nel titolo, perché il mestiere del giornalista di ciclismo è bellissimo, magari un po’ faticoso, comunque sempre più eccitante che lavorare in miniera o al catasto. Quanto alle firme, si nota una certa prevalenza di collaboratori Rai. Solo una domanda, volutamente maliziosa: non sarà che il direttore, casualmente ex giornalista Rai, ha scambiato Tuttociclismo per un simpatico house-organ di viale Mazzini? Dico così, senza giri di parole, perché le cose è bene spararsele in faccia. In attesa della eventuale risposta, chiedo comunque anche questo: per mandare alle società i risultati e i comunicati di cui hanno assoluto bisogno, non basterebbe un bel ciclostilato a costo zero?
Sono semplicemente domande. E ne allego poi ancora un’altra molto pratica, una vera e propria domanda di lavoro: mi offro come aiuto addetto-stampa. Lo stimolo mi viene nell’apprendere che Ceruti e la Federazione versano 76 milioni annui all’attuale capo ufficio stampa: non è rimasto qualcosa anche per me? Magari la gente non è tenuta a saperlo, ma l’addetto stampa avrebbe come primo compito la comunicazione coi giornalisti, fare cioè da tramite tra mondo del ciclismo e mondo dell’informazione attraverso comunicati, fax, banalissime telefonate, persino con semplicissimi «come va?». Ecco, attualmente vengono spesi 76 milioni all’anno, ma posso testimoniare senza possibilità di smentita d’aver mai ricevuto un solo comunicato, un solo fax, una sola telefonata. Il «come va?» neppure, ma non è dovuto. E tra l’altro constato di non essere io un lebbroso, un caso di emarginazione o una vittima del sistema: niente di tutto questo, anche i miei colleghi mi dicono più o meno lo stesso. E allora passo all’ennesimo quesito: dopo aver risparmiato molti soldi trasformando Tuttociclismo in quello che deve essere, cioè un utilissimo e agilissimo ciclostilato, perché non risparmiare ulteriormente facendo a meno anche dell’addetto stampa? Non è neppure una cosa traumatica: si tratta semplicemente di ratificare ufficialmente una situazione già consolidata nei fatti. La federazione non ha un addetto stampa, perché mai deve pagarlo?

Tralascio per pura pietà umana il capitolo dei collaboratori che non vengono pagati. Dico solo che se questa circostanza è vera, il presidente Ceruti dovrebbe almeno imbarazzarsi un po’: proprio lui, di limpida estrazione sindacale, butta soldi per un giornale e per un addetto stampa assolutmente virtuali, salvo poi speculare sulla generosità e sulla passione dei ragazzi che mandano gli articoli. Non è umanamente accettabile. A meno che non si esca definitivamente allo scoperto, stabililendo per decreto una norma del genere: «La federciclo italiana paga quanto le pare solo chi le pare. Eventualmente, può decidere anche di buttare i soldi dalla finestra. Per chi ha qualcosa da ridire, la finestra resta aperta».

Cristiano Gatti, bergamasco,
inviato de “Il Giornale”
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