di Francesca Cazzaniga
Cambiare per continuare a crescere, per puntare sempre più in alto con un progetto che ha grandi ambizioni: è questa la filosofia della Uno-X Mobility e del suo Team Manager Thor Hushovd.
Campione del Mondo a Geelong 2010 (primo norvegese iridato della storia e per questo nominato sportivo dell’anno nel suo Paese), Hushovd è una figura molto rispettata nel ciclismo internazionale in particolare da ASO, con la quale ha un rapporto diretto grazie all’organizzazione dell’Arctic Race of Norway, corsa norvegese quest’anno giunta all’undicesima edizione, della quale l’ex campione è ambasciatore, dopo averla vinta nel 2013.
Nato il 18 gennaio 1978 a Grimstad nella Norvegia Meridionale, Thor Hushovd è ad oggi il più titolato corridore scandinavo di sempre: oltre al titolo iridato, nel suo palmarès vanta ben 74 successi, tra cui 10 tappe al Tour de France, la conquista di tre maglie verdi della classifica a punti e dieci giorni in maglia gialla, 3 successi alla Vuelta e uno al Giro, una Gand Wevelgem e sei campionati nazionali.
Con lui ci siamo fermati a chiacchierarde in una tranquilla e soleggiata mattina a Bodø (22 gradi, al di là di ogni aspettativa pre-partenza), piccola città affacciata sul mare di Norvegia nella quale l’Arctic Race ha fatto base.
Ne è uscita un’intervista ricca di spunti, con il filo rosso di una filosofia per la quale il prossimo obiettivo è sempre quello più importante. Nessun punto di arrivo prefissato, tutti passaggi necessari per poi compiere quello successivo, proprio come accaduto per la vittoria nella corsa di casa, con Magnus Cort e una squadra eccezionale che hanno regalato alla Uno-X Mobility la vittoria finale, la maglia della classifica a punti e tre delle quattro frazioni della corsa, due con Kristoff e una proprio con Cort. La felicità all’arrivo di Bodø era tanta con Hushovd visibilmente emozionato nel vedere la sua squadra trionfare davanti al proprio pubblico e ai propri sponsor.
Thor, cosa significa vincere in casa davanti alla vostra gente?
«Significa tantissimo, sono davvero contento ed entusiasta, non potevamo chiedere di meglio. Siamo arrivati qui con una formazione forte e siamo riusciti a centrare i nostri obiettivi».
Per Magnus Cort è la prima vittoria in carriera in una corsa a tappe…
«Lo scopro da te, che bella emozione! Questa è veramente una notizia fantastica. Sono molto orgoglioso del lavoro fatto dalla squadra e dai miei ragazzi. Stiamo crescendo giorno dopo giorno e sento che siamo sulla strada giusta».
Lei è ambassador dell’Arctic Race of Norway. Cosa significa avere una corsa così importante nel suo Paese?
«Sono orgoglioso di essere ambasciatore di una corsa ciclistica nel Paese più bello del mondo, specialmente quando il tempo è splendido come in questi giorni a Bodø. È importante per noi avere qui alcuni dei corridori migliori delle classifiche Uci e che si sfidino sulle nostre strade».
Siamo all’undicesima edizione dell’Arctic Race: com’è cambiata questa gara nel corso degli anni?
«È una corsa che sta crescendo anno dopo anno, il calendario delle corse è molto fitto ma i corridori sono felici di venire qui perché la nostra è una corsa diversa dalle altre, in un paesaggio unico al mondo. È una gara molto ben organizzata, non ci sono grandi spostamenti logistici e poi avere uno staff come quello di ASO è sicuramente una grande garanzia, sono gli organizzatori delle corse più importanti al mondo».
Perché ai corridori piace tanto venire all’Arctic Race?
«Come vi dicevo, è una corsa ben organizzata, i trasferimenti non sono lunghi e questo permette ai corridori di avere il giusto tempo di riposare una volta terminata la tappa. Ma soprattutto è una corsa che mette a stretto contatto con la natura, è qualcosa di davvero innovativo, incredibile e unico».
Quest’anno nella seconda tappa è stato inserito anche un tratto gravel. Come è nata questa scelta?
«Il gravel è sempre più parte integrante del nostro ciclismo, da qui la scelta di inserire qualche km di sterrato. Lo sport è intrattenimento e quindi è giusto aggiungere qualcosa di nuovo ed interessante alla corsa».
Su cosa pensa che ci sia ancora da lavorare?
«Ci piacerebbe coinvolgere sempre più grandi squadre, con i loro migliori corridori e magari portare la corsa all’interno del circuito World Tour».
Ci sono differenze nel ciclismo odierno rispetto a quando era corridore?
«È cambiato il modo di correre, oggi si va subito forte sin dai primi km di gara. Quando correvo io era totalmente diverso. Oggi i corridori cercano di fare la corsa difficile sin dall’inizio, rendendo quasi impossibile provare a fare tattiche di corsa. Il livello si è alzato moltissimo, così come la velocità, grazie anche allo sviluppo dei materiali. Oggi in gruppo c’è anche meno rispetto per gli avversari e spesso i corridori prendono dei rischi mettendo quindi in difficoltà il plotone senza una reale ragione, rendendo così quest’ultimo più nervoso e questo alla fine finisce per fare la differenza».
L’aspetto più bello del ciclismo?
«La tattica. Ogni volta, in ogni corsa, tutti i team hanno le loro tattiche di gara e ce ne possono essere tante differenti. È una scoperta nuova ogni giorno, non si smette mai di imparare».
Lei è team manager della Uno-X Mobiliy, formazione Professional con grandi ambizioni. Qual è il potenziale di questa squadra?
«La squadra è ben strutturata, ha una ottima organizzazione e buoni atleti sia per la formazione maschile che per quella femminile e questo ci rende più forti, professionali e ci permette di crescere sempre di più».
Quanto è importante per la Norvegia avere una squadra come la Uno-X?
«È importante per tutto il Paese soprattutto in ottica scouting di giovani talenti, quindi nuovi corridori, rendendo così possibile il sogno di ogni bambino che vuole cominciare ad andare in bici».
Qual è la filosofia del vostro team?
«Abbiamo tanti valori e uno tra i più importanti è quello di amare ciò che facciamo e quindi divertirci sempre svolgendo il nostro lavoro».
Qual è il bilancio della sua squadra sin qui?
«Sono orgoglioso di tutta la squadra, dai corridori allo staff, tutti stanno lavorando nel miglior modo possibile. Quando si vince una corsa sappiamo di non aver ancora raggiunto l’obiettivo, perché bisogna pensare a vincere la prossima, è una continua crescita, il successo non è mai un punto d’arrivo».
Quali sono oggi i sogni e le ambizioni di Thor Hushovd?
«La mia ambizione con la squadra è quella di creare una buona organizzazione intorno al team, con la speranza che sempre più corridori possano sognare di venire a correre alla Uno-X. Un’altra mia ambizione è quella di sviluppare lo sport soprattutto in Scandinavia per fare avvicinare i più piccoli al mondo del ciclismo, sia in campo maschile che femminile».
E il World Tour?
«Certo, diventare una squadra World Tour è un nostro sogno e le licenze per il prossimo triennio saranno assegnate tra un anno, quindi abbiamo ancora un po’ di tempo per continuare a crescere e sognare. È un grande obiettivo che abbiamo e crediamo che possa trasformarsi in realtà».
Nel suo passato, da bambino, c’è stata la parentesi anche dello sci di fondo, che in Norvegia è lo sport nazionale. Poi ha deciso di continuare con la bici ed è stata una scelta vincente. Che cos’hanno in comune il ciclismo e lo sci di fondo?
«Entrambi richiedono un grande impegno e un duro lavoro. Sono due sport molto faticosi e fisici per i quali servono ottime doti fisiche per sopportare i grandi carichi di lavoro. Lo sci per i corridori è un ottimo allenamento per migliorare il fondo e creare resistenza, ovviamente durante l’inverno».