Editoriale

di Pier Augusto Stagi

L’UFFICIALE GIUDIZIARIO. Della Francia pigliatutto ho già parlato anche su tuttobiciweb: non è bello che ciò accada, ma è anche vero che ad un certo punto è opportuno, per non dire necessario, domandarsi il perché tutto questo accade.
A livello politico contiamo poco più di nulla e contrastare una corazzata di nome Aso e un presidente Uci di nome Lappartient non è cosa di poco conto. Sono chiaramente in vantaggio. L’Aso macina fatturato e utili, organizza in ogni angolo del mondo con soddisfazione propria e altrui, poi già che c’è dà una mano al movimento interno, recuperando sponsor e facendo sistema. Non porta via nulla ai team manager transalpini, anzi, li mette nelle condizioni di allestire squadre con sponsor e risorse che l’Aso intercetta e poi smista alla bisogna. Da noi succede esattamente il contrario, con visione a dir poco miope, se non con nessuna visione.
L’Uci sarà anche cattivona, ma pretende da noi qualità, investimenti e un prodotto televisivo degno di questo nome da vendere nel mondo. Agli organizzatori chiede eventi, non più solo e soltanto corse fine a se stesse. Vuole che queste manifestazioni siano supportate da strategie di comunicazione, che il prodotto da distribuire all’estero e in streaming abbia certi requisiti per intercettare pubblico sul globo terraqueo. E i nostri organizzatori, che in questi anni grazie alla Lega e alla Ferderciclismo hanno stretto un patto con la PMG che produce e rivende le corse all’estero, che fanno? Pensano di tornare tra le mura di casa. Ragionano in chiave nazionale. Siamo un Paese che batte in ritirata e si abbatte. Che non capisce che le corse di un certo livello devono avere un determinato standard qualitativo e distributivo. Siamo nazionalisti e per questo chiediamo ospitalità a mamma Rai, in nome di un solo credo: guardo a casa mia. Senza neanche renderci conto che in casa abbiamo già l’ufficiale giudiziario. E non è venuto per complimentarsi.

OPPORTUNITÀ MANCATE. I Mondiali sono tornati nel Regno Unito 37 anni dopo Goodwood ’82, il secolo scorso. Sulle strade inglesi si erano già tenute le sfide iridate del 1922 a Liverpool (solo per dilettanti) e di Leicester nel 1970. Non è più una novità, lo sanno anche i muri: il Regno Unito crede nella bicicletta. Per questa ultima rassegna iridata - fonte Sole 24 Ore - il governo ha investito qualcosa come 24 milioni di sterline e stimato che i Mondiali lasceranno in eredità agli sportivi britannici ben 27 strutture destinate alle attività ciclistiche. Per la Federciclismo inglese, questo è un ulteriore investimento che potrebbe portare alla bicicletta altri 5 milioni di praticanti e secondo la British Cycling garantirebbe benefici economici di almeno 640 milioni di sterline.
Per la 92esima edizione degli Uci Road World Championships l’audience globale è stata stimata attorno ai 250 milioni di telespettatori, mentre gli organizzatori dello Yorkshire - nonostante il tempo pessimo - hanno contato sulle strade non meno di 2 milioni e mezzo di appassionati.
Dal bilancio dell’Unione Ciclistica Internazionale, le entrate generate dalla rassegna iridata ammontano a 16,7 milioni di euro. Al netto dei costi organizzativi la rassegna iridata ha inciso positivamente sul risultato operativo per 8,6 milioni di euro. Lo scorso anno 600mila visitatori sono giunti nel Tirolo austriaco per vivere la sfida iridata generando un impatto economico pari a 39, 8 milioni di euro, mentre i costi sono stati superiori ai 13 milioni.
Varese, come ben sapete, non è stato un affare. Firenze men che meno. Vicenza sperava di poter emulare le due Verona, ma nemmeno è arrivata a giocarsela, visto che le è stata preferita Aigle-Martigny in Svizzera. Per molti il ciclismo è un’opportunità di crescita e di guadagno. Per noi solo un’opportunità, mancata.

CONTI E TONTI. Dai numeri belli ai numeri, perché in ogni caso sulle strade dello Yorkshire qualcuno i numeri li ha dati per davvero, e questi sono gli organizzatori con l’avallo colpevole dell’Uci. Non tanto per la pioggia, perché questa ci sta ed è stato un valore aggiunto che ha dato sostanza ed epica, ma l’organizzazione sì, quella ha fatto davvero acqua da tutte le parti. Molta approssimazione, poca cura e attenzione, e quel tratto in linea che si poteva tranquillamente evitare, facendo qualche giro in più del circuito. Che in Gran Bretagna sappiano far di conto lo sappiamo, e che all’Uci i conti devono tornare anche, ma non ci facciano tonti.

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