Il piccolo gregario

| 03/02/2011 | 08:59
Ciao a tutti voi, meravigliosi marinai, benvenuti in questo nuovo anno e bentornati in questo nuovo viaggio insieme. Ognuno di voi ha ritrovato in questo periodo di festività il calore e le gioie dei propri cari, passando con loro dei momenti splendidi e felici. E anche per me, miei prodi compagni di viaggio, so­no arrivate le emozioni, le gioie e il sorriso di un bellissimo Babbo Natale che mi portava un meraviglioso dono: la vita. Già, quella mia stessa vita che doveva terminare alcuni mesi fa, quella stessa vita che pareva non aver più alcuna possibilità di vincere nessuna corsa, nessun giro, nessun mondiale. Eppure in questo lungo anno mi sono ritrovato a combattere, lottare, a scattare, ad alzarmi sui pe­dali e a stringere i denti per non perdere, per non ricadere nel vuo­to, per non dire ormai ho perso, ormai è finita.

Al mio fianco avevo anche voi, cari ragazzi, e ogni volta che entravo in clinica o in ospedale era per me una lunga trasferta, un Giro d’Italia, un Tour de France, dove dovevo sempre lottare non solo contro il gruppo avversario, la mia malattia, ma anche contro la lontananza, la solitudine e ogni tipo di dolore e sofferenza. Ogni terapia intensiva diventava un grande distacco in classifica, ogni diagnosi dei medici aveva quasi l’odore della sconfitta, vedevo i miei compagni di squadra (di stanza, di letto) combattere con me, gridare con me e scattare disperatamente verso la vetta infinita di quella maledetta montagna... la vita.
Ci sentivamo tutti uniti, tutti forti e pronti per superare ogni ostacolo, ogni squadra, ogni nemico e quando mi stendo in quel lettino, raccolgo in me, nel mio cuore e nei miei pensieri, ogni vostro ge­sto, cari splendidi campioni. Ri­cor­do le fughe, i vostri scatti, i vo­stri sorrisi all’arrivo a braccia levate e tutti quei sorrisi di ogni bambino che tifa per voi, solo per voi, perché voi siete numeri uno.
E allora mi sento pronto e forte per affrontare ogni tipo di dolore e ogni tipo di terapia, mi sento un vero campione, uno di voi, unico come voi. E quando allora sento infilarsi nel mio braccio quel solito ago di quella solita terapia, quello è il segnale, è l’inizio della nuova tappa, della nuova battaglia durissima che ci aspetta. E immobile in quel mio solito letto, ho soltanto la forza di guardare a destra e a sinistra, per vedere dove sono piazzati i miei compagni e quella stanza di ospedale diventa per noi quella lun­ga e impervia salita da scalare.

Bisogna tenere la posizione, marcare e essere pronti a scalare un rapporto quando dopo mezz’ora la terapia inizia a spingere forte dentro di me, dentro ognuno di noi, provocando pian piano sempre più dolore, sempre più nausea e ti senti scoppiare il petto e allora, tra le lacrime, hai sempre più paura che non finisca mai.
«Forza, andiamo», il mio urlo im­ma­ginario e disperato verso i miei compagni, «non si molla, ragazzi», bisogna aggredire il nostro avversario, la nostra malattia, dobbiamo tenere la ruota e appena il male attacca e si sale al 20% noi dobbiamo crederci, ragazzi. All’im­prov­viso senti il tuo splendido gregario gridare e alzi gli occhi verso di lui, verso il suo letto e lo vedi in preda ai crampi, distrutto dal do­lore... Mi giro a stento, non sento più il mio corpo, mi sento vuoto, inutile, solo ma penso a voi, devo pensare a voi, ragazzi. Voi affrontate il dolore e rialzate la testa e provate a ripartire sempre e ovunque più forti di prima: è passata quasi un’ora dall’inizio di quella salita e la terapia continua, la corsa diventa terribilmente dura, un altro grido e vedo lui, il mio umile compagno, tra le lacrime, fermarsi e cadere nel suo dolore «No, no, no» è l’urlo di terrore che mi esce dal cuore, «non è giusto, no» continuo a gridare verso di lui. Era co­sì giovane, forte, amava la sua fa­miglia, donava ogni attimo di sé per la sua squadra, per la vittoria, per la sua vita. E tutto intorno all’improvviso quel maledetto odo­re di silenzio, quel maledetto profumo di lacrime e di disperazione.

Poco dopo si arriva in cima, e fi­nalmente inizio a vedere il sole ed inizio a toccare il cielo... È finita, è fatta... In quell’istante però le mie emozioni erano terribili. Sapevo di aver vinto, sapevo che potevo sognare il domani, di vedervi in televisione, di sentire la vostra voce, di leggere le vostre imprese, di avere vicino la mano dei miei cari. Ma io, nel mio cuore, sapevo che quelle gri­da, quel dolore, quel mio meraviglioso compagno aveva abbandonato il lettino, la stanza, la vita. Nel nostro Tour non hai scelta, non puoi sperare nella tappa di domani o nella cronometro, nè puoi illuderti di poter vincere la gara successiva. Ogni volta che sali in bici, che le parli, che la ami sai che può essere l’ultima volta, l’ul­ti­ma corsa, l’ultima vittoria... Avevo vinto quel giorno, ma in realtà io sapevo che avevo perso. Perso per sempre uno splendido gregario: la salita, stavolta è stata tremenda, più forte di lui e di tutti noi e nessuno avrebbe potuto scalarla. Quel mio gregario, quel giorno, in quella tappa, aveva chiesto aiuto e speranza, e aveva soltanto nove anni.

Cari ragazzi speciali, vi rubo ancora due soli minuti perché il 24 dicembre ho ricevuto un sacco di vostri messaggi e pensieri e soprattutto ho ricevuto un messaggio per me stupendo da una persona speciale, che è come tutti voi, è una numero uno, una campionessa in gara e nella vita. Grazie a tutti, stupendi marinai e preziosi campioni, grazie di non mollare, grazie di esserci e ricordatevi sempre che ognuno di voi è unico e ognuno di voi è il numero 1 nella propria vita e nel proprio cuore. Vi saluto tutti dal cuore chiedendovi un piccolo regalo: do­mani mattina, quando uscite di casa per andare ad allenarvi o al lavoro, per favore, fermatevi, voltatevi indietro e guardate la vostra porta di casa, la vostra famiglia, i vostri bambini o i vostri genitori. Guardateli per un istante e in si­lenzio ascoltate il vostro cuore. Ec­co, ora potete andare. E se mentre vi allontanate, sentite che una la­crima vi scende in viso, non abbiate paura, anzi siate orgogliosi di voi perché grazie a quella lacrima avete avuto il dono più bello della vita e avete provato l’unico e vero segreto della vita stessa: la felicità.

da tuttoBICI di gennaio a firma di Diego Murari
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COMMENTI
sii il tuo miracolo
3 febbraio 2011 11:50 sbrinzoblu
c'è solo da dire GRAZIE per la condivisione di questa "gara"...che ci fa ricordare quanto dobbiam dare priorità alle cose più importanti della vita, come nella storia del barattolo da riempire con sabbia, ghiaia e ciottoli...

GRAZIE DIEGO!
4 febbraio 2011 10:01 Anthony
Grazie Diego, sei davvero........UNICO!

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