Convegno a Verona. Il doping, una questione culturale

| 29/10/2010 | 09:24
Riceviamo e pubblichiamo:

Spettabile Redazione,
sono un avvocato del Foro di Verona, grande appassionato di ciclismo, e Vi scrivo per segnalare che lo scorso 28 ottobre è stato organizzato in Verona un convegno multi-disciplinare dal titolo “Lo Sport ed il Doping. Conferenza di analisi dei problemi legati alle discipline sportive ed alla diffusione del Doping” (organizzazione evento: G.I.F. Verona; patrocinio evento: Comune di Verona; Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona; Associazione Medici Sportivi di Verona), dal quale è emersa tra l’altro l’opinione condivisa che quello della diffusione del doping nello sport è un problema innanzitutto di tipo culturale che, coinvolgendo diversi aspetti (salute, etica, legge), richiede da parte di tutti uno sforzo educativo orientato alla diffusione di quella che è stata definita “cultura dello sport”.
Gli argomenti trattati dai relatori sono stati molteplici. Tra gli altri, di particolare interesse è stato il tema dei riflessi penali delle pratiche dopanti, argomento peraltro di attualità viste le diverse indagini della magistratura ordinaria che negli ultimi mesi hanno avuto anche risonanza mediatica, notizie tutte alle quali la Vostra rivista ha dato pregevole risalto.
In tale contesto, è stato anche possibile mettere in luce l’evoluzione della legislazione penale di settore, a partire dalle questioni connesse all’applicabilità della normativa di cui all’art. 1, L. n. 401/1989 (Frode in competizioni sportive) alle ipotesi di doping – tesi sostenuta dalla giurisprudenza di primo grado nella nota vicenda Pantani (cfr. Trib. Forlì, Sez. dist. Cesena, 11/12/2000, sentenza poi riformata dalla Corte d’Appello di Bologna nel 2001) ma esclusa dall’orientamento dominante (cfr. Trib. Tione di Trento, 02/10/2003) – sino all’approdo alla legislazione antidoping attualmente vigente di cui alla L. n. 376/2000 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping).
A tale riguardo, mi preme sottolineare come sia già stato affermato (cfr. Cass. Pen., 29/03/2007, n. 21324) che mentre il bene giuridico protetto dalla legge del 1989 era la correttezza e la lealtà dello svolgimento delle competizioni sportive, la successiva legge del 2000 aveva come oggetto specifico quello della tutela delle persone che praticano lo sport. Esprimendo un mio personale punto di vista della questione, ritengo che in tema di contrasto al fenomeno del doping una efficace collaborazione tra autorità sportiva ed autorità giudiziaria ordinaria – con conseguente sommatoria delle sanzioni previste dall’ordinamento sportivo (da un lato) e delle sanzioni previste dall’ordinamento giuridico italiano (dall’altro) – potrebbe condurre nel tempo a risultati di un qualche rilievo.
Di più. Probabilmente – e qui esprimo nuovamente un’opinione personale – sarebbe auspicabile un inasprimento delle sanzioni penali attualmente indicate dall’art. 9, L. n. 376/2000 (pene detentive e pecuniarie), o perlomeno una effettiva applicazione delle pene edittali già oggi previste, e ciò sia in un’ottica di vera repressione degli illeciti già consumati e sia in funzione di un’efficace azione deterrente rispetto ad illeciti che potrebbero eventualmente essere consumati.
Tutto ciò soprattutto in un momento come quello attuale dove gli “anticorpi” predisposti dalle autorità internazionali antidoping hanno manifestato chiari segnali di debolezza. Valgano per tutti i recenti esiti negativi dei deferimenti di atleti sulla base delle risultanze del c.d. «passaporto biologico» (i casi Franco Pellizzotti e Tadej Valjavec. È peraltro notizia recente che anche Pietro Caucchioli ha presentato ricorso al TAS contro la squalifica di due anni che gli è stata inflitta dal Tribunale Nazionale Antidoping del Coni riguardo presunti valori irregolari del suo passaporto biologico), nonché della decisione del Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna che ha dato ragione ad Alexandre Vinokourov nell’arbitrato che lo opponeva all’Unione Ciclistica Internazionale per la richiesta del pagamento di un anno di stipendio quale sanzione relativa alla positività del kazako al Tour 2007.
Per tali ragioni, ho ritenuto quindi opportuno segnalare la predetta iniziativa di formazione e condividere altresì alcune riflessioni al riguardo, con la certezza che una maggiore condivisione e diffusione delle problematiche legate al tema del doping in ambito sportivo non potrebbero che contribuire in maniera efficace alla ricerca di soluzioni orientate alla promozione e difesa dell’etica sportiva nonché della salute degli sportivi coinvolti.
Cordiali saluti
Avv. Agostino Bighelli

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COMMENTI
D'ACCORDO
29 ottobre 2010 12:27 Capitano
SONO COMPLETAMNETE D'ACCORDO, SE INIZIAMO FIN DALLE SCUOLE, FIN DAI PICCOLI, A TRASMETTERE I VERI VALORI DELLO SPORT, DELLA "SALUTE FISICA E MENTALE", DELLA VITTORIA, DELLA SCONFITTA, DELLA COMPETIZIONE LEALE, SARA' UNA CORSA DURA MA IN LA' NEL TEMPO, SI VEDRANNO DEI RISULTATI, ALTRIMENTI SAREMMO SEMPRE A COMMENTARE PIU' O MENO LE STESSE NOTIZIE. CI VUOLE INOLTRE UN GRANDE INNOVAMENTO A TUTTI I LIVELLI, CORRIDORI, MEDICI, PREPARATORI, MANAGER, DIRETTORI SPORTIVI...E ULTIMA COSA, CORRIDORI SVEGLIATEVI, UNA VOLTA PER TUTTE E PRENDETE IN MANO IL VS. MOVIMENTO, NON FATEVI TRATTARE COME DEI BURATTINI E' ORA. W IL CICLISMO E ABASSO IL DOPING. ROBERTO BERLESE

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