NIBALI SCRIVE A PELLIZOTTI: «DIRETTORE, SPERO DI REGALARTI ALTRE VITTORIE»

PROFESSIONISTI | 20/10/2018 | 07:51
di Vincenzo Nibali

Quante volte le ho sentite da te “Pelli” per uno scatto di troppo quando ero giovane e le forze erano talmente tante nelle mie gambe che mi sembrava di poter spaccare il mondo?
Quando arrivai 21enne alla Liquigas, eri già lì, un punto di riferimento. Mi piacevano il tuo modo di correre, la tua capacità di vedere la corsa, la tua professionalità. Spesso ci mettevano in camera assieme. E i consigli arrivavano puntuali. «Stai attento a quando attacchi, non sprecare energie “Vince”. Sei forte, ma...».
C’ero, nel 2007, quando alla Maddalena vincemmo la cronosquadre e Gasparotto prese la maglia rosa. Quell'anno ci prendemmo il Giro d’Italia con Di Luca, fu la nostra prima grande vittoria anche se, prima della partenza della carovana rosa dalla Sardegna, resta per me indimenticabile la fuga insieme al Gp di Larciano in Toscana dove alla fine tu mi lasciasti la vittoria.
Eravamo ancora insieme, tu e io, al Giro 2008 quando prendesti la maglia rosa ad Agrigento, nella mia Sicilia. La gente ci metteva pressione. Io giovane, quello che tutti aspettavano al varco, tu più esperto, capace ­ in uno di quegli arrivi che sembravano fatti su misura per te d’indossare la maglia rosa.
Arrivasti quarto in quel Giro, io continuai la mia crescita, anche grazie ai tuoi consigli. E siamo al 2010. Un anno non bello per te. Non dovrei dirlo io, lo so, che fui mandato al Giro d’Italia per sostituirti, dopo che eri stato fermato per i valori anomali del passaporto biologico. L’anno che per te segnava l’inizio di un momento difficile, per me era il primo di una collezione di podi e vittorie nelle grandi corse.
Quando vinsi ad Asolo la mia prima tappa al Giro, il giorno prima della vittoria di Basso sullo Zoncolan in quella che avrebbe potuto essere la tua tappa perché arrivava sulle strade di casa, mi chiesero se un pezzo della mia vittoria la dedicavo a te, che eri rimasto a casa. Io risposi di sì, perché con te ho sempre avuto un rapporto splendido. Ho scritto che ho sempre ammirato la tua professionalità. Ma ti ricordi cos’hai fatto al campionato italiano 2012 a Borgo Valsugana? Arrivavi da due anni di squalifica e ci avevi messi tutti in riga su un percorso durissimo.
Uno che fa una cosa del genere vuol dire che si è allenato alla grande e che ha un “motore” super. Battesti Di Luca, Moreno Moser, Scarponi e me che andavo forte e poi arrivai terzo al Tour de France.
Avremmo dovuto correre di nuovo insieme già nel 2014 all’Astana io e Te, ma la cosa non andò in porto. Chissà forse avresti potuto anche tu aiutarmi a vincere il Tour, ma era destino e alla fine ci siamo rincontrati. Ti ho ritrovato alla Bahrain-Merida nel 2017: di nuovo dopo dieci anni, compagni di camera. Io che la sera fatico ad addormentarmi, ma che la mattina dormirei per ore e riesco a riposare anche sul bus prima delle gare, tu che la sera sei il primo a spegnere la luce e il primo ad alzarti.
Litigi? Macché. Come si fa a litigare con uno come te?
Consigli? Tanti. La sera, analizzando la gara appena finita o preparando quella del giorno dopo, oppure in bus durante la riunione della squadra pre-gara. Hai sempre detto la tua, come fossi già un po’ direttore sportivo quando correvi, figurarsi adesso che lo farai davvero il ds e salirai sull’ammiraglia. Però andavi forte Pelli, anche a 40 anni...
Sull’Angliru alla Vuelta 2017, dopo che ero caduto prima di quella salitaccia e che rischiavo di perdere il secondo posto, mi trascinasti letteralmente all’arrivo. «”Vince” forza, non mollare, dai...», mi sentii urlare a un certo punto in uno dei tornanti più difficili.
E sabato al Lombardia? Sei venuto dopo il Ghisallo a vedere come stavo.
«Che facciamo?», mi hai chiesto. E così hai fatto il muro di Sormano a tutta per tenere Roglic a tiro e pure mi hai urlato, che sì, era troppo presto tentare di andare all’arrivo. Beh, stavolta ho avuto ragione io forse... È stata dura quest’anno, tanti sacrifici fatti insieme in ritiro al San Pellegrino e poi la mia caduta al Tour ha rovinato tutto.
Ma tu eri lì a incoraggiarmi, a spronarmi a credere nel Mondiale. Un grande, fino all’ultima pedalata, perché per andare forte così, come hai fatto a Innsbruck, bisogna essere grandi corridori. Che cosa ti posso augurare adesso, caro “Pelli”? Di fare una grande carriera sull’ammiraglia e di essere lì sotto il podio a festeggiare i miei prossimi successi.
“Direttore”, perché adesso ti devo chiamare così, grazie di tutto e in bocca al lupo. Spero di farti divertire (e vincere) ancora.


da Il Messaggero Veneto


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