L'ORA DEL PASTO. IL RAGAZZO DEL '99

STORIA | 22/07/2018 | 07:11
di Marco Pastonesi

E’ un ragazzo del ’99. Del 1999. Fabio Mazzucco ha 19 anni, è veneto, anzi, padovano di Este e corre per la Trevigiani, che se fosse rugby (un padovano a Treviso, un petrarchino al Benetton) sarebbe un sacrilegio, ma essendo ciclismo è un onore, un omaggio, un lavoro da semiprofessionista (e semi solo perché non pagato da professionista). Fabio ha sentito nominare Bartali e Coppi, e ha sentito parlare di Merckx e Pantani, ma non ha idoli né eroi, non ha miti e modelli, si guarda in giro, guarda anche dentro se stesso, cerca di essere orgoglioso di quello che fa. Quest’anno: il quinto posto al Gp Liberazione e al Gp Industrie del marmo, il settimo ai campionati italiani Under 23, recentemente un secondo di tappa al Giro della Valle d’Aosta.


La scintilla deve essere stata accesa dal papà, Simone, più che dalla mamma, Tiziana: “Il papà, da piccolo, andava in bici”. Tant’è che la scintilla ha acceso anche i suoi due fratelli: “Claudio, del ’96, ma ha smesso di correre e ha cominciato a lavorare, e Stefano, del 2000, secondo anno da junior, nella RM Cycling Team di Montagnana”. La bici era di casa: “A tre anni ho tolto le rotelle, poi una mountain bike arancione, a cinque una da corsa, un anno prima del previsto perché morivo dalla voglia, a sei anni da G1 la prima corsa, a Sant’Andrea, vicino a Padova, e l’ho vinta. E ho vinto anche la seconda e la terza”.


La scintilla è diventata fuoco, a volte falò, a volte incendio, ma sempre fiamma: “Il bello del ciclismo è viaggiare, dunque conoscere, dunque vivere. Il bello del ciclismo è che insegna a vivere: per ottenere risultati bisogna avere costanza negli allenamenti, regole nel mangiare, divieti nel bere, orari la sera. Il bello del ciclismo è che ogni gara è diversa dalle altre”. Per esempio: “La Parigi-Roubaix”.

Fabio si esplora. La pianura: “Non mi dispiace. La crono, la fuga, l’inseguimento…”. La volata: “Il mio punto debole. Spero sempre di non arrivarci, ma se ci arrivo, ci provo”. La salita: “Se stai bene, se hai la gamba buona, passa in fretta, quasi te la godi”. La gamba, appunto: “Certe volte, alla partenza, ti senti in forma, ed è così, invece altre volte, strada facendo, capisci che era un’illusione. Ma anche il contrario. Certe volte, alla partenza, ti senti svogliato, poi invece, strada facendo, vai meglio degli altri”. Il momento più bello: “Quando vinci. Ma è bella, di per sé, anche la velocità. Ed è bello quando vai più forte degli altri: ti dà morale”. Il difetto: “Quelle volte in cui mi viene da mollare”. Il pregio: “Ogni volta parto motivato, cerco di non lasciare mai andare via una corsa, cerco di lasciare un segno”. Il sogno: “Diventare professionista, fare della mia passione una professione”.

Intanto, non si sa mai, ha conquistato il diploma di tecnico della manutenzione, insomma, meccanico: “Di auto. Ma la bici la conosco. E se c’è da metterci le mani, per le operazioni di base ce la faccio: gomme, freni, cambio…, sono autosufficiente. Ma per gli interventi più importanti, lascio fare a chi ne sa più di me”. Però nessuno ne sa più di lui su se stesso: “Uno e 84 per 70, 43 e mezzo di piedi, 55 battiti a riposo ma da tanto non li controllo, probabilmente adesso meno. Leggo poco, guardo film con i compagni durante le trasferte, uso ma non mi lascio ipnotizzare da telefono e social. Religioso sì, battesimo comunione e cresima, ma non frequento molto la chiesa, prima della partenza prego che non mi succeda niente, dopo l’arrivo ho altri pensieri, altre urgenze, le preghiere dei corridori valgono come le promesse dei marinai. Trasgressioni, zero: ogni tanto una pizza, il pranzo di Natale ma è solo una volta l’anno, se proprio ho un peccato di gola è per il pasticcio di lasagne alla bolognese. E incubi, zero: però quella volta sullo Zoncolan, dal versante di Sutrio, mi ricordo quanto ho sofferto, e su un colle-di-qualcosa in Francia, 20 km di salita, i primo 10 in falsopiano, gli altri durissimi, non finiva più, sotto la pioggia, non sapevo più a che santo votarmi”. 

Ecco Mazzucco, ragazzo del ’99, del 1999. C’è da credere che il papà Simone, da buon poliziotto, faccia rigare diritto Fabio e i suoi fratelli. Curve e tornanti permettendo.
 
 

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