RIMPIANGENDO UN NIBALI

di Cristiano Gatti

Vogliamo scherzare? Quelli che non capiscono niente di tecnica la fanno facile, ma noi che la sappiamo lunga abbiamo chiarissima la spiegazione: inutile aspettarci chissà cosa, i big avevano tutti la testa rivolta a domani. Domani, certo, tappa di riposo. Tappa complicata, tappa tutta da interpretare. I tecnici sanno bene che il riposo non va preso sottogamba: bisogna saperlo gestire. E' una frazione piena zeppa di insidie. Può essere la peggiore, comunque la decisiva. Chi non la gestisce con intelligenza rischia di perdere il Giro. Quante volte è successo: dopo il riposo tanti ci hanno lasciato la zampa. E allora cosa pretendiamo. Attenzione, prudenza, calma. Tutti concentrati sul giorno di riposo. Sarà durissimo.

Valle a raccontare in giro per tifosi, queste sofisticate teorie. In questo Giro, siamo nel paradosso assoluto: tecnicamente è tutto perfettamente logico – i big non si sbattono via, aspettano le tappe decisive -, ma l'effetto pratico è devastante. Da due settimane siamo appesi all'eroismo e alla generosità dei cacciatori di tappe, quanto alle star hanno altro per la testa.

E' normale tutto questo? Tecnicamente, per gli addetti ai lavori, sì. Per la gente comune, no. E peccato che qualsiasi spettacolo, artistico o sportivo, venga essenzialmente prodotto per il pubblico, o come direbbero nei consigli di amministrazione per essere venduto sul mercato...

Per quanto mi riguarda, visto che Bergamo si vanta di essere mezza capitale della cultura (tutta intera non ce la faceva, l'altra metà è Brescia), mi ispiro a uno dei vertici toccati da questa cultura, un detto diventato patrimonio inestimabile della saggezza locale: dopo tre fette, devi capire che è polenta.

Quello che ho capito io, che sono un po' tardo, dopo tutte queste fette di polenta, è semplicemente questo: Roglic aspetta la cronoscalata del penultimo giorno, sul Monte Lussari, caso mai ad attaccare ci pensino Thomas e Almeida. Felicissimo di essere smentito, ma l'aria che tira è questa. Quanto a loro due, Thomas e Almeida, contano evidentemente di guadagnare nei tre tapponi alpini il vantaggio che li metta al riparo nell'ultima sfida a cronometro. Amen.

Solo così si spiega il clima da gran fondo, da passeggiata sociale, che ha fin qui mortificato il Giro d'Italia. Piccola parentesi: fino all'altro giorno c'era la scusa della pioggia e del freddo, l'arrivo del sole e del caldo non è che li abbia smossi di molto. Chiusa parentesi.

Quanto manca l'imprevedibilità, o la genialità, o la follia di un Nibali. Del campione capace di cercare magari in discesa, o su un pezzo di pavé, il colpo a sorpresa. Certo, anche rischiando di cadere, persino rischiando di perdere. Quanto manca un Pogacar, con quella sua fame insaziabile, con quel chiodo fisso di vincere sempre e a tutti i costi, ovunque.

Niente. Siamo in ostaggio della tattica perfetta. Non è logico provare, sprecare, sbagliare. Tutto assolutamente ragionevole. Ma altrettanto ragionevolmente dobbiamo dire: che brutto. Che noia. Che pena. Si può dire, anche se non ha niente di tecnico?

 

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