
Questo pomeriggio Marco Bonarrigo sul sito del Corriere della Sera ha tracciato un profilo di una figura apicale della Federciclismo: Roberto Amadio. Il Team Manager delle squadre azzurre, uno degli uomini più potenti della Federciclismo.
«La mia idea è quella di creare per il ciclismo italiano un brand più importante. Vogliamo lavorare per valorizzare al massimo il movimento e gli uomini con la convinzione che solo da questa crescita possono nascere le premesse per attirare sponsor e costruire un futuro migliore per il nostro sport». Con queste parole — era il giugno 2021 — Roberto Amadio spiegò il progetto che stava dietro al suo ruolo di nuovo (e inedito per la Fci) manager delle Nazionali di ciclismo azzurre. Una promozione lampo, soltanto tre mesi dopo il suo ingresso in Federciclismo nel ruolo di responsabile della Struttura Tecnica.
Il «licenziamento» di Cassani
Due mesi dopo — in agosto — Amadio non concesse a Davide Cassani, responsabile di tutti i commissari tecnici azzurri, il pass per le prove su pista dei Giochi. «Terminate le loro gare — spiegò al Corriere della Sera il manager friulano — tutti i tecnici devono lasciare Tokyo: è il regolamento olimpico. Cassani non fa eccezione. Io? Io sono team manager della Nazionale e quindi resto». A inizio settembre 2022 Davide Cassani — che uscì dalla Federciclismo a fine 2021 — ricordò quei giorni così sul suo profilo Facebook, in una lettera aperta al presidente federale Dagnoni: «Sapevi benissimo che il quartetto di Marco Villa avrebbe lottato per l’oro — ha scritto Cassani — e per questo mi hai fatto telefonare da Roberto Amadio due giorni prima della mia partenza per Tokyo. Ancora oggi quelle parole mi rimbombano in testa: «Davide, non puoi stare a Tokyo per le gare in pista perché non c’è un pass per te». Quel giorno se tu mi avessi colpito con un pugno in faccia mi avresti fatto molto meno male. Ma forse ora puoi capire cosa ho provato in quei giorni». Amadio, il potentissimo
Con la Federciclismo nella bufera da metà agosto per i misteriosi 106 mila euro di provvigioni per raccogliere sponsor, attribuiti prima a un intermediario irlandese, poi a cinque soggetti che non avevano ricevuto mandato per procacciarli, si delinea meglio il ruolo dell’ex corridore Amadio, un uomo che in poco più di un anno ha assunto un ruolo e un potere senza precedenti nella centenaria storia della Federciclismo.
Ex ciclista
Classe 1963, veneziano trapiantato in Friuli, Amadio fu ciclista professionista di non particolare spessore ma contribuì nel 1986 alla conquista del titolo mondiale dell’inseguimento a squadre su pista. Dal 2005 al 2014 guidò come team manager quella Liquigas Cannondale che (lanciando tra gli altri Nibali e Sagan) fu l’ultima squadra di alto livello del ciclismo italiano. Con la chiusura del team per abbandono dello sponsor, Amadio dovette inventarsi un altro mestiere.
L’uomo d’affari
Mentre gestiva ancora la Liquigas (e fino al 12 novembre 2010, quando cedette la sua quota) Amadio era socio della T & F Sport Management di avenue de Citronniers a Montecarlo, società controllata dal vicentino Claudio Tessera che si occupava di gestione del diritto di immagine di decine di ciclisti professionisti. Sugli affari del gruppo indagò la Procura di Padova: un procedimento penale (la celebre «Operazione Mito») non viene mai celebrato ma molti atleti (anche di chiara fama) patteggiarono con l’Agenzia delle Entrate la conversione di pene detentive in pecuniarie per evasione fiscale. Claudio Tessera e il mistero irlandese
Il nome di Claudio Tessera (non più legato ad Amadio) torna a galla all’inizio dello scorso agosto quando Norma Gimondi, vice presidente della Federciclismo, rileva che nel verbale di una seduta del Consiglio Federale sottoposta ai consiglieri per la ratifica è prevista la delega al presidente Dagnoni di liquidare 106mila euro di provvigioni per aver reperito 5 sponsor, a una società irlandese, la Reiwa Investments Ldt, con sede a Dublino. Gimondi blocca l’approvazione, si dimette e lo scandalo scoppia.
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