GATTI&MISFATTI. LA SEGRETA ALCHIMIA DELLA RINASCITA DI NIBALI

GATTI&MISFATTI | 29/05/2016 | 14:08
di Cristiano Gatti   

Abbiamo letto e sentito che ha sbagliato a montare le pedivelle più lunghe, ma dai, come si fa, a trentuno anni nessuno deve più cambiare niente. Abbiamo letto e sentito che ha sbagliato la preparazione e che ha corso poco, non ha più vent’anni, uno della sua età deve correre spesso. Abbiamo letto e sentito che sviluppa 25 watt in meno, dio mio, cosa gli è successo, bisogna fare gli esami clinici per scoprire dove sono finiti questi dannatissimi 25 watt. Abbiamo letto e sentito che Nibali non va ormai da due anni, ce lo ricordiamo il Tour dell’anno scorso, il fatto è che ha già imboccato la parabola discendente del primo declino. Abbiamo letto e sentito di tutto, abbiamo incontrato un miliardo e mezzo di superesperti con la verità in tasca. A me piace starli a sentire non tanto per quello che dicono, ma per come lo dicono. Hanno la postura dei sicurissimi, dai retta a me, non stare a berti le pirlate che raccontano in giro, te la spiego io in quattro e quattr’otto la vera verità.

Mi chiedo adesso che ne è delle pedivelle, dei watt, della preparazione, degli esami clinici, del declino, di quelle verità certissime che soltanto tre giorni fa venivano spacciate dai pusher del retroscena. Dove sono finite, tutte queste spiegazioni. Dove sono finiti loro, adesso che con due tappe Nibali li ha ribaltati assieme al Giro d’Italia.

Ognuno deve rimangiarsi qualcosa, questa la verità. In attesa che lo facciano tutti quanti, io parto per primo. Non ho problemi. Mai provato tanto piacere ad ammettere le mie colpe. Sostanzialmente, la mia è una soltanto, ma molto grossa: dopo Andalo, ho messo la pietra tombale sul Giro. E su Nibali. Vedevo talmente male Vincenzo, vedevo talmente bene Krui, che mai e poi mai avrei considerato possibile lo scatafascio sulle Alpi piemontesi. Inutile stare qui a spiegare perché. Credo tra l’altro di essere in buona compagnia. Ma non conta: mi prendo le mie responsabilità. Di Giri e di Tour segnati a metà strada, con finali monotoni e ripetitivi, ne ho visti una miriade. Nibali mi ha insegnato che invece niente è mai definitivo, fino all’ultimissimo chilometro. Imparerò la lezione a memoria: da ora in poi, mi accoderò anch’io a quelli che ci prendono sempre perché non si espongono mai, il mio pronostico, ma, sai, è difficile dire, questo è forte, questo è bravo, questo è grande, vedo un ristretto lotto di quindici possibili vincitori, magari a Torino ti so dire meglio.

È evidente: sto mentendo. Non mi accoderò mai al ruffianismo che ti fa sempre uscire con una bella figura. Non mi negherò mai il gusto e il piacere di parlare col mio povero senno di prima, anziché col comodo senno di poi. Se dopo arrivano i miracoli di Nibali a svergognare i miei ragionamenti, getto la spugna e mi alzo in piedi ad applaudire. Ammetto pubblicamente che avevo torto marcio: il Giro non era finito, Nibali non era spacciato. Nibali ha tutte le ragioni, sempre viva Nibali.

Piuttosto, due parole bisognerà dire sul perché e sul percome di questo miracolo. Da questo punto di vista, non mi rimangio niente di quello che ho scritto nei giorni neri. Anzi, considero irrobustita e consolidata la mia idea. Il problema di Nibali non stava nelle pedivelle, nella preparazione, nelle gambe. Non solo. Stava nella sua testa. Su questo non cambierò mai idea: nella vita, in tutti i campi della vita, noi umani possiamo esprimere il meglio soltanto se siamo a posto dentro. Se la nostra piccola e precaria armonia in qualche modo resta in piedi. Quando invece il fragile equilibrio salta, non siamo più in grado di combinare granchè. Lavoriamo, ma il lavoro non rende. Proviamo a divertirci, ma non ci svaghiamo. Non funziona niente, nemmeno il fisico.

Non sto a ripetermi sulle possibili cause. Una l’ha spiegata bene Vincenzo, questa ossessione di dover vincere a tutti i costi che lo porta inizialmente a strafare, a tentare cose sgangherate, a perdere lucidità. Poi, come racconta, una volta toccato il fondo e non avendo più niente da perdere, la liberazione decisiva. Mente sgombra, animo leggero, riemerge il se stesso di sempre, spensierato e coraggioso, attaccante e imprevedibile. Ed è sfracello. Io ci aggiungo sempre la confusa situazione della squadra, che vive da separato in casa e che certo non favorisce la tranquillità dell’atleta. Messo assieme tutto, si capisce come la svolta vera abbia un nome solo, il nome più bello del bene più impagabile a nostra disposizione: libertà. Secondo me, è la libertà il segreto del miracolo: libertà dai suoi spettri, libertà dai pronostici, libertà dagli obblighi. Non avendo più niente da perdere, soltanto in quel momento, si è sentito libero di ricominciare. A modo suo. Poi - non li sottovaluto, ci mancherebbe - ci sono anche alcuni risvolti squisitamente pratici. Primo fra tutti, la sua straordinaria qualità di fondista: nella terza settimana, quando gli altri cominciano a calare, lui non perde nulla, anzi va in crescendo. Secondo: l’attitudine all’altitudine, una rima baciata che ogni volta Nibali decanta alla perfezione, lassù tra le cime che pungono le nuvole.
Tutto conta, anche le pedivelle, anche i watt. Ma non esiste pedivella che possa cambiare i destini di un uomo. Di qualsiasi uomo. La segreta alchimia che regola gambe e pedivelle è nascosta nei fragili e sofisticati circuiti della nostra testa, del nostro cuore, della nostra anima. A questo Nibali deve dire grazie, prima di tutto.
 
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COMMENTI
le solite bugie di Gatti
29 maggio 2016 15:20 pickett
Ma quale fondista...Nel 2011 colò letteralmente a picco sul Colle delle Finestre e sul Sestriere venendo staccato da tutti i componenti del gruppetto.Nel 2010 alla Vuelta andò in crisi nelle Asturie,sempre nell'ultima settimana .Nel 2013,sempre nella terza settimana,perse una Vuelta che sembrava già vinta.Al tour 2012 andò in crisi proprio nell'ultima tappa di montagna,sui Pirenei.Devo continuare?Ha vinto questo Giro perché Krui ha sbagliato una curva,tutto qua,senza bisogno di scrivere troppi romanzi.

29 maggio 2016 16:27 ugo81
ieri l'Atletico Madrid ha sbagliato il quarto rigore. palo. pochi centimetri (forse meno) a sinistra e la palla finiva dentro. e poi chissà come andava a finire.

Bah...
29 maggio 2016 18:45 ArdaTuran
Io non capirò mai chi polemizza soltanto senza cogliere mai il lato positivo

29 maggio 2016 19:35 ugo81
per quanto mi riguarda intendevo dire, banalmente, che chi sbaglia paga.
nel ciclismo, la sfortuna è altro, non certo cadere in una discesa.
Nibali ha recuperato quasi 4' a Chaves, circa 6' a Kruijswijk e più di 1'30" (almeno, non ricordo bene) a Valverde.
fortuna?

...
29 maggio 2016 20:03 Legend
Pickett perfavore.. negli ultimi 4 anni la tendenza si è invertita e difatti Nibali è sempre cresciuto nella terza settimana, Vuelta 2013 esclusa.

Signor Gatti
29 maggio 2016 20:21 blardone
Non la conosco e non sta me a giudicarla .Trovo strano che gli permettono di scrivere certi articoli e fare supposizioni piccanti perché e\'questo che fa capire su Nibali .La cosa bella che noi Italiani abbiamo passato ore felici a vedere questa impresa viviamo in un mondo duro tra lavoro problemi tasse e politici che ci fregano e ora anche \"Giornalisti \"che vogliono farci credere quello che vogliono loro . Per fortuna che Vincenzo e un grande professionista e con lui tutta la sua squadra .Dobbiamo solo dire grazie perché in questi giorni tanta gente era sulle strade e questo porta pubblicità soldi lavoro per tutti e anche per lei perché senza campioni cosi non avreste neanche da scrivere .Grazie Signor Nibali

Tante verità, una sola certezza
29 maggio 2016 21:56 memeo68
Nell'articolo di Gatti ma anche nei commenti di chi mi ha preceduto ci sono tante piccole verità ( la testa, le gambe, la squadra, la caduta dell'olandese che io considero la chiave di tutto questo, ecc)che danno un'unica certezza: ieri abbiamo goduto come bestie. Io ero negli ultimi 2 km ed ho assistito ( e contribuito) a scene che forse solo con Pantani......... Ma sono stato molto duro con Vincenzo e lo sarò in futuro se lo meriterà. Oggi posso solo fargli i complimenti

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