SAGAN. NEL MONDO DI PETER - 3

PROFESSIONISTI | 30/11/2015 | 07:15
Terza e ultima puntata nel mondo del campione del mondo. Dopo Enrico Zanardo e Roberto Amadio, è il suo procuratore Giovanni Lombardi a raccontarci Peter Sagan.

Ad attendere Sagan, una volta tagliato il traguardo di Richmond, c’era anche Giovanni Lombardi, professionista dal 1992 al 2006, campione olimpico nella corsa a punti e vincitore di quattro tappe al Giro d’Italia e due alla Vuelta a España, che da sei stagioni cura gli interessi del campione slovacco. Il “Lomba” è l’uomo che Pe­ter ha scelto come suo manager, a cui affida i suoi interessi e la sua immagine ed è, tra le nostre tre guide, quella che meglio può raccontarci il Sagan adulto.

Che impressione hai avuto quando l’hai visto per la prima volta?

«Ho capito che tipo era al prologo del­la Parigi Nizza 2010 in cui si piazzò quarto. Andando alle corse ho avuto mo­do di parlarci e di conoscerlo me­glio, all’epoca lavoravo con Ivan Basso e altri suoi compagni di squadra perciò è stato naturale che mi avvicinassi a lui. Abbiamo deciso di lavorare insieme nell’inverno 2010, prendemmo questa decisione a Cancùn, in Messico, dove eravamo per un “criterium con le stelle” a fine stagione».

Quanto è cresciuto in questi anni?

«Moltissimo. Ha solo 25 anni ma è un uomo maturo, per certi aspetti rimane un ragazzino nella vita privata, ogni tanto fa qualche stupidata, ma è un ra­gazzo concreto. Negli ultimi anni è ma­turato in modo evidente, non solo fisicamente. In questo senso è stato un be­ne che il successo al mondiale sia arrivato adesso e non troppo presto, a inizio carriera avrebbe potuto costituire un boomerang perché non è semplice gestire la notorietà e la fama quando hai solo 20 anni. È cresciuto ma è rimasto semplice e genuino come è sempre stato e sempre sarà perché Peter è così, come lo vedete. Oggi è un uomo che ascolta e ha una dote incredibile: una memoria di ferro. Non dimentica nulla. Se nel 2010 gli ho fatto un discorso lui oggi è in grado di ripeterlo parola per parola. Per questo lavorare con lui è molto impegnativo, ma potete immaginare quanto mi stimoli».

Che rapporto ha con i soldi?
«Si è guadagnato tutto quello che ha e ne è giustamente orgoglioso. Pro­vie­ne da una famiglia non agiata quindi dà il giusto valore a quanto guadagna ed è generoso. Dopo la conquista del mondiale il suo “peso” non cambia mol­to, guadagnerà qualcosa in più per qualche nuova sponsorizzazione e bo­nus contrattuale ma in termini di guadagno gli cambia poco o nulla: già pri­ma era uno dei corridori più pagati. Il portafoglio non ha cambiato la persona, come tutti ama la bella vita ma non sperpera in chissà quali sfizi quello che guadagna. Nel suo tempo libero si di­verte ad andare in giro in vespa, a giocare con il suo cagnolino Charlie e a stare con sua moglie».

Katarina è una persona molto importante nella sua vita.
«Lei gli ha dato un grande equilibrio, sono felice che ormai più di due anni fa l’abbia conosciuta perché gli ha dato quella stabilità di cui aveva bisogno sia come uomo che come atleta. Per Peter gli affetti sono molto importanti. Il le­game con il fratello ne è un’altra pro­va. Po­trà vincere qualsiasi gara al mon­do, ma Juraj resta sempre il suo fratello mag­giore, il suo punto di riferimento. Ha una grande influenza sulle sue decisioni».

Il momento chiave di questa stagione?
«Di quest’anno ho due ricordi con lui: due serate. Una, finito il Tour of Cali­for­nia, dopo una vittoria voluta, dal valore enorme per la sua stagione iniziata male con le classiche. Quel traguardo è stato la svolta che gli ha permesso di fare bene al Giro di Svizzera, di disputare un ottimo Tour, in cui è vero non è riuscito a vincere una tappa ma che è stato il migliore dei quattro da lui disputati. Anzi alla Grande Bou­cle ha dimostrato meglio che in tante altre occasioni chi è Peter Sagan: uno che, anche dopo tanti secondi posti, non si abbatte, lotta su ogni traguardo, an­che se perde lo fa sempre a testa al­ta, vuole sempre vincere ma quando non riesce è capace di resettare tutto e ripartire, è un lottatore e non dà adito alle polemiche, sa quanto vale e, nonostante quello che dicevano, ha vinto tan­te gare. Corre per dimostrare che è sempre protagonista. Così ha fatto alla Vuelta in cui ha vinto una tappa e poi è stato mandato a casa da una moto. Quindi è arrivato il mondiale e la grande gioia, a cui è seguita una piccola fe­sta durante la quale aveva tanta tanta voglia di parlare. Dopo la grande soddisfazione, dall’America siamo volati a Zilina, il suo paese. Non avete idea dell’accoglienza... Nella piazza centrale si erano radunate più di 10.000 persone, alle celebrazioni sono state dedicate due ore in diretta tv sul canale nazionale. Uno spettacolo!».

Ti aspettavi che sarebbe arrivato sul tetto del mondo?

«Una volta in un’intervista mi chiesero se era il nuovo Eddy Merckx, risposi dicendo: no, ma è Peter Sagan e farà la storia in questo periodo del ciclismo. Sono sempre stato convinto che era de­stinato a vincere gare importanti, ab­biamo dovuto aspettare cinque anni perché vincesse il mondiale e ne è valsa la pena. A Richmond è stata una vera goduria, per come ha vinto la corsa e per come è stato festeggiato dal gruppo intero. Al Campionato del Mondo si è consacrato, ora deve proseguire su que­sta strada. Questa affermazione rappresenta l’inizio della seconda fase della sua carriera».

Ora quali obiettivi deve porsi?

«Per quanto riguarda l’aspetto sportivo, deve confermarsi al livello raggiunto. Deve continuare a dare spettacolo come piace a lui. “Quando da bambino andavo a vedere le gare mi aspettavo da chi vinceva un po’ di show e ora che mi trovo dall’altra parte mi sembra giusto cercare di strappare un sorriso a chi è venuto in strada ad applaudire me e gli altri corridori. È una forma di ringraziamento e mi diverte” dice sempre. Non deve perdersi nell’inverno, rischio che corrono tutti i corridori dopo una annata strabiliante, ma restare concentrato e presentarsi al meglio al via della nuova stagione per onorare la maglia iridata come sa fare. In ogni gara. Ogni giorno».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di Novembre

3 - fine

GIA' PUBBLICATI

1 - Sagan raccontato da Zanardo
2 - Sagan raccontato da Amadio
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COMMENTI
Troppo
30 novembre 2015 13:25 geo
Troppe cerimonie sta facendo Sagan: ricordo Gilbert dopo il suo 2011, non fece un gran che

30 novembre 2015 16:30 momo
Vincere il mondiale è poco?

per momo
30 novembre 2015 22:40 geo
Caro "momo", le cerimonie le sta facendo dopo il (fantastico) mondiale, come Gilbert fece grandi cose nel 2011: il rischio è che l'anno prossimo (dopo il bellissimo mondiale) a causa delle varie, spesso opportunistiche -per chi lo invita- glorificazioni, farà come fece Gilbert nel 2012 (che è dopo il 2011), ovvero poco. Spero che il concetto ti sia chiaro ora (che è comunque un parere personale).

1 dicembre 2015 22:05 momo
Il mio commento era riferito a Gilbert che nel 2012 (che è dopo il 2011) ha vinto il mondiale

2 dicembre 2015 08:59 Dante
Nel racconto dei protagonisti c'è tanto ciclismo vero.
Comunque sono corridori che e' un bel vederli correre e fanno tanto bene allo sport.

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