DI ROCCO. Faccia a faccia con il presidente

PROFESSIONISTI | 24/02/2015 | 07:02
A domanda risponde, senza re­ticenze. Da Nibali, uomo simbolo del ciclismo italiano nel mondo e dello sport del Belpaese, alle Olimpiadi che Re­nato Di Rocco vedrebbe di buon oc­chio, in simbiosi perfetta con il numero uno dello sport italico Giovanni Ma­lagò. Un colloquio serrato, senza rete, dove il presidente federale, al suo terzo mandato, si presta con grande disponibilità e sportività.

Partiamo da Nibali, la nostra bandiera tricolore…

«È il nostro orgoglio. La nostra grande speranza. Il nostro ambasciatore nel mondo. Non potevamo pretendere di più e di meglio da questo ragazzo che ha fatto grandissimo il ciclismo italiano nel mondo e lo sport tutto. Io sono felice per lui, ma anche per noi che abbiamo un ragazzo così. All’apparenza può apparire ai più poco “cool”, ma la sua modernità è data dal non essere omologato. Di essere profondamente se stesso. Il trionfo al Tour de France è stato un capolavoro, un momento che conserverò per sempre nel mio cuore. Che emozione quel giorno… In ogni caso, il ciclismo non è solo Nibali, e questo mi rende ancora più orgoglioso e sereno. Nella scorsa stagione abbiamo vin­to ben 44 medaglie a livello internazionale, conquistando prestigiosi podi in ogni specialità e categoria, partendo dalla strada sino alla pista, dal fuoristrada al settore paralimpico. E poi possiamo contare su un serbatoio di giovanissimi davvero importante, per numero e qualità. Ma chi sta meglio di tutti è la bicicletta, inteso come mezzo di locomozione capace di giovare alla salute, all’ambiente e alla mobilità».

Abbiamo Nibali, ma abbiamo perso Alfredo Martini…
«Dici bene. In questo 2014 molto importante, c’è un vuoto difficile da colmare lasciato da un grande uomo di sport, anche lui non solo simbolo del ciclismo italiano, ma esempio inarrivabile di uomo di sport tutto ton­do. Abbiamo perso un autentico punto di riferimento, un uomo che ha fatto la storia del nostro sport e non solo».

Abbiamo rischiato, sul finire dell’anno, di perdere anche un team kazako, l’Astana, che è pur sempre la squadra di Nibali e Aru ed è un vero e proprio enclave del ci­clismo italiano…
«Ho assistito in quei giorni d’inizio dicembre ad un incredibile e incomprensibile campagna mediatica portata avanti da Gazzetta e Repubblica che mi ha davvero spiazzato. Ma chi mi ha colpito è stato il nostro più importante quotidiano sportivo, che ha nel proprio DNA un gene ciclistico radicato e ben visibile. Eppure ho letto cose che ritenevo vecchie e già superate e date in pasto ai lettori come nuove. Una campagna che non ha fatto bene al movimento e penso anche agli eventi che la Gazzetta continua ad organizzare con grande passione e professionalità».

C’era bisogno di ripubblicare gli atti della Procura di Padova, già resi noti in gran parte nel 2012?
«È una bella domanda. Non lo so. Una cosa è certa: secondo me la commissione licenze dell’Uci ha svolto benissimo il proprio lavoro, proprio perché si è basata solo sui documenti di cui era in possesso e ha lasciato perdere il chiacchiericcio».

In questo gioco di chi c’è e chi c’era, ci sono anche le Olimpiadi 2024 che potranno esserci…
«Lo so, in materia sono in molti a pensare e ritenere che questi Giochi po­trebbero rappresentare per noi, alla stessa stregua della Grecia, una jattura. Io dico che ci sono ancora troppe persone che non capiscono come lo sport sia un linguaggio universale.  Il Villaggio Olimpico rappresenta uno dei pochi posti al mondo dove migliaia di ragazzi vivono assieme per un mese senza alcuna differenza di razza o religione. Detto questo, ritengo anche che Roma 2024, nonostante il recente scandalo di Mafia Capitale, può rappresentare per il nostro Paese una gran­de opportunità. Si possono organizzare dei grandi Giochi, con il massimo rispetto dei conti pubblici. Ricor­dia­moci che certe opere, certi lavori vanno in ogni caso fatti, e se li si fanno per un grande progetto, migliore può essere l’investimento. Anche perché i suc­cessi dei ragazzi italiani, non solo ciclisti, possono costituire un fantastico biglietto da visita nel mondo».

Oltre ai biglietti da visita, la Federci­clismo può vantare anche dei diplomi di eccellenza dati dal Centro Studi.
«È un fiore all’occhiello della nostra Federazione. Abbiamo voluto mettere al centro del progetto i tecnici e gli allenatori. Se vogliamo creare una nuova mentalità nei ragazzi e nelle loro so­cietà c’era bisogno di una nuova generazione di tecnici e allenatori. Mi sembra che in questi anni si sia lavorato in tal senso, tanto e bene. Questo grazie anche ad una donna di valore come Daniela Isetti, che ha pazienza e determinazione. Ora inizia la seconda fase: in­teragire con il Centro Studi e dare ini­zio alla contaminazione. Questi nuo­vi allenatori e diesse andranno sempre di più nei vari team di vertici e di base. Noi abbiamo sempre avuto dei primi della classe, persone competenti e capaci. Noi oggi vogliamo accrescere queste competenze. Abbiamo l’ambizione di moltiplicarle per far crescere sempre meglio la nostra scuola di ciclismo che ancora oggi rappresenta un modello e un punto di riferimento per il mondo. La Liquigas, se vi ricordate, an­ni fa prese Paolo Slongo e poi Sa­muel Marangoni, che erano entrambi nati al Centro Studi e poi sono diventati quello che sono diventati. Lo stesso vale per Fabrizio Tacchino e non solo per lui. Daniela Isetti è stata brava ad avere pazienza, dote che solo una don­na può avere, per far capire al Con­si­glio Federale che questa era una scommessa da portare avanti senza se e senza ma».

Non temi che il Centro Studi vada in con­flitto con la Struttura Federale?
«Assolutamente no. Il Centro Studi è servito e serve per usare un linguaggio unico. Poi i vari referenti, che oggi so­no stati “liberati” dalla politica, riferiscono al Consiglio Federale. La Strut­tu­ra tecnica è il volano per l’attività: so­no due cose diverse e distinte».

Cassani diventerà il coordinatore di tutto?
«Una cosa è certa, Davide sta lavorando benissimo. Si è calato nel ruolo co­me meglio non avrebbe potuto fare e penso anche che lui possa essere davvero l’uomo giusto per trovare e accelerare questo linguaggio unico che vo­gliamo adottare. Attualmente Da­vide è il coordinatore tecnico delle squadre nazionali. A lui confluisce tutto il lavoro dei tecnici. Dino Sal­voldi, invece, ol­tre al settore femminile, si occupa di tutta la parte organizzativa e logistica. Daniele Fiorin è quello che sta portando avanti per tutti il format “progetto talenti”. I nostri velodromi (otto) di­ven­teranno punti di riferimento di cultura, dei veri e propri centri di presidio del territorio. Se vogliamo dire che Cassani coordina tutto, lo possiamo dire, perché di fatto è così».

Recentemente Cookson, in una intervista concessa a La Gazzetta, ha parlato di crisi del sistema Italia: prima eravamo il punto di riferimento, oggi non più.
«Ho letto, e francamente non mi è piaciuto neanche un po’, anche perché non rappresenta la realtà. Ha spiegato che a Quarrata e in Toscana, avevano aperto un’Academy per far crescere la generazione di Cavendish, Swift, Kennaugh. L’Australia ha fatto poi la nostra stessa scelta. Sicuramente il do­ping ci ha fatto molto male, e siamo sta­ti tra le poche nazioni intransigenti che hanno pagato, ma il nostro ciclismo resta sempre il punto di riferimento per molte nazioni, tanto è vero che gli australiani o gli stessi russi, Polonia e Marocco e via elencando hanno le basi in Italia; c’è da chiedersi come mai l’Inghilterra l’abbia lasciata. La verità è che l’Inghilterra, per la gestione tecnica, ha in dotazione 50 milioni di sterline da spendere in quattro anni, noi 4 milioni di euro. Questa è la vera differenza. Sai quanti dipendenti ha la Federazione inglese a libro paga? 215. Sono in 12 solo per gestire il sito. I nostri dipendenti sono in totale 73 e al sito sono in due».

A proposito di conti, il bilancio della Federazione però chiude ancora con un passivo di oltre 500 mila euro…

«La questione è piuttosto complessa, ma spero di essere chiaro. Su richiesta del CONI nell’esercizio 2013 abbiamo dovuto svalutare i vecchi crediti per ol­tre 575 mila euro (crediti residui non più riscuotibili). Considerato l’utile del 2012 (+ 471 mila euro) e la perdita del 2013 (- 672 mila euro), alla fine del 2013 avevamo pertanto da risanare una perdita di circa 201 mila euro (compensazione delle rate del piano industriale di risanamento fino al 2013). Il Piano di risanamento 2014-2016 è ne­cessario per ripianare detta perdita e ricostituire alla fine del triennio il fondo di dotazione richiesto dal CONI di circa 508 mila euro. Nel 2014 dobbiamo conseguire un utile di 230 mila euro, nel 2015 190 mila e nel 2016 289 mila euro, per risanare il bilancio delle pregresse partite di bilancio».

Bilancio in rosso anche per i Mondiali di Firenze…
«Il Mondiale è stata una splendida oc­casione ed una vetrina straordinaria per diffondere nel mondo le bellezze ar­tistiche, culturali e paesaggistiche del­la Toscana e di Firenze. L’organiz­zazione è stata di ottimo livello e tutti hanno espresso gratitudine e lodi per quanto l’Italia ciclistica ha saputo mettere in campo. La situazione finanziaria risente di alcuni ritardi per incamerare i contributi da parte degli Enti territoriali ed è possibile immaginare un disavanzo di circa 500/600 mila euro su un budget davvero virtuoso in rapporto all’evento organizzato. È stato nominato nel mese di di­cembre un liquidatore del Co­mitato Organizzato­re che sta attuando le procedure ne­cessarie per chiudere la partita».

Cosa pensi del Tribunale Internazionale antidoping che, secondo Cookson, do­vrà dare tutte le sanzioni di primo grado di tutte le violazioni del regolamento antidoping commesse dai pro­fessionisti di World Tour e Professio­nal, circa 1000 corridori? Finora queste san­zioni venivano inflitte dagli organi na­zionali (come il Tribunale antidoping del Coni, in Italia: ndr)…
«Lo chiedi a chi, sei anni fa, appena eletto, è andato dall’allora presidente del Coni Gianni Petrucci e gli ha detto: da oggi io voglio che sia un ente terzo a controllarci. Da oggi i controlli sono affare tuo. Quindi la decisione di Cookson non può che piacermi. È un grande passo in avanti verso l’uniformità delle sanzioni a livello internazionale ed evitare i ricorsi al Tas, che ri­marrà co­mun­que giudice di ap­pello. In ogni caso, per mi­gliorare la nostra terzietà, ti annuncio che da quest’anno i nostri controlli, dal Giro d’Italia in giù, saranno fatti a Lo­san­na, laboratorio di riferimento del CIO e UCI. Mi spiace per il laboratorio del­l’A­cqua­ce­tosa di­retto da quel galantuomo di Bo­tré, ma dipendendo dall’Asso­cia­zio­ne Medico Sportiva del Coni era secondo me troppo “domestico”. Quindi, an­diamo oltre confine».

Con Casasco vedo che c’è un buon rap­porto…
«Cordiale, quando ci si vede ci si par­la e ci prendiamo anche il caffè».

Controllate prima di bere?
«Non ce n’è bi­sogno».

Il ciclismo è più pulito?
«Penso di si. Bisogna sempre vigilare con attenzione e non sottovalutare mai nessun caso, ma oggi il ciclismo è più credibile di quello di ieri. Su questo non ci sono dubbi».

Come va la riforma del ciclismo mondiale?
«È chiaro che una riforma ci deve essere e sarà fatta e la direzione da seguire è quella della professionalità, ma occorre dare ai team anche certezze e agli sportivi chiarezza. Il nostro sport, uno dei più semplici e immediati, ha regolamenti troppo capziosi e contorti. Non va bene».

Che cosa manca al ciclismo in questo momento?
«I soldi. E qualche idea semplice. Ha ra­gione Cookson: il ciclismo è difficile da finanziare. La società Velon (che raggruppa 11 team WorldTour, ndr) va in questa direzione: aiutare le squadre a trovare più fondi e renderle più stabili economicamente».

La Lampre-Merida, con capitali taiwanesi, è l’unico team italiano che ci è rimasto.
«Dobbiamo fare un monumento alla famiglia Galbusera e a Beppe Saronni, che da oltre 20 anni investe nel nostro sport».

Soddisfatto di questo Consiglio Federale?
«Sto lavorando bene, perché gli ho tolto la referenza sui settori. Questo è il miglior consiglio che potevo sperare di avere. Adesso ogni singolo consigliere si occupa solo di argomenti che servono alla fase di sviluppo: riforma dello statuto, valutazione del fenomeno ciclismo, comunicazione e via elencando».

C’è qualcosa che bolle in pentola?

«Ai primi di marzo vareremo la tessera del cittadino, ma solo Rc. Responsa­bilità civile dei danni che provoca un ciclista della domenica andando in bicicletta e poi può beneficiare di tutta una serie di scontistica e benefit che questa nuova tessera potrà garantirti. È uno strumento importante che favorirà la pratica della bicicletta».

Sponsor della maglia azzurra?

«Al momento è Castelli. Una grande azienda, che sta utilizzando al meglio l’esperienza delle squadre azzurre an­che per sviluppare i propri prodotti. Io vedo la Federazione un involucro aperto, dove ognuno può sperimentare, pro­gettare in nome di uno sport sempre più all’avanguardia. Per questo ab­biamo anche deciso di fare una mappatura del nostro serbatoio giovanile, un progetto che sta portando avanti Fiorin con grande passione, ma come dice Cassani, il segreto non è solo fare i test ma è saperli leggere e avere un linguaggio unico. Questa è la differenza tra un tecnico di prima e gli allenatori di oggi. In ogni caso, queste cose si fanno solo con partner e sponsor sensibili e lungimiranti. La Federazione ne ha più di uno».

Lite medici-Federciclismo. Ai 57 medici deferiti per aver «messo a rischio la salute degli atleti», alla fine 46 di questi sono stati assolti dalla federmedici. Come si dice: tanto rumore per nulla…
«Non voglio fare differenze di gestione disciplinare, ma da me è davvero indipendente e devono ragionare sui documenti e sui dati, di là - intesa come Associazione medico sportiva del Coni - è molto più “domestica”. Quando tu mi assolvi nove medici che non hanno nemmeno accertato l’idoneità fisica dei corridori, mettendo a grave rischio il presidente di una società, basta solo un caso di questi per dire che la nostra operazione era corretta. Se la gestione dei medici sportivi è questa abbiamo fatto molto bene a scegliere i medici di famiglia».

Medico di famiglia era anche Carlo Santuccione, che da sempre seguiva Danilo Di Luca…
«Non sono tutti così, però. Io sono con­vinto che un medico di famiglia ti fa fare degli esami in più che sono molto utili, perché frequenta la casa del ra­gazzo o della ragazza da più tempo, e conosce vita morte e miracoli. Lo sai che alla fine il numero dei casi di positività nella categoria juniores non sono aumentati e sono rimasti stabili?».

Ma il fatto che siano entrati in campo i medici di famiglia e i casi di positività anziché diminuire siano rimasti uguali, significa che i medici sportivi non erano il male assoluto…
«Non sono il male ma neanche il bene. Credimi, e parliamo ovviamente di quelli non corretti».

Ma se nelle società giovanili, spesso, il problema sono le famiglie, il loro gioco con i medici di famiglia è ancora più facile.
«Hai una visione distorta del medico di famiglia».

Sono gli stessi che fanno i certificati facili per far restar a casa chi non ha voglia di lavorare…
«Guarda, per noi è una svolta epocale, sarà il tempo a dirci se la nostra scelta è stata azzeccata. D’altra parte la legge 91 ci impone solo il medico di società per i professionisti. Noi pensiamo che con i medici di base, quelli di famiglia, possiamo solo avere dei benefici».

Molto apprezzata è stata la nostra intervista a De Marchi, che riconduceva proprio al medico di famiglia, ma ora, però, è stato denunciato Luigi Simonetto, il grande accusatore di gran parte dei medici sportivi di ciclismo: per quale ragione?
«Per reticenza. Perché nel primo verbale, quando è stato indagato dalla nostra Procura, Grauso ha intimato Si­monetto di non parlare con altri soggetti fin quando il procedimento non fosse terminato. In quel frattempo è stato chiamato a deporre alla procura dei Medici Sportivi e Simonetto non ha potuto parlare. Così l’anno denunciato per reticenza. Ti sembra logico?».

Cosa ti piace della tua gestione?
«L’aspetto etico di ogni cosa che facciamo. Anche quello che a te non piaceva, quello di non premiare i giovanissimi, ha incontrato tantissimi consensi. Dal punto di vista educativo è stata una buonissima cosa. Vincere si, ma senza mortificare gli altri».

Cosa non ti convince e pesi che sia ancora necessario migliorare?
«Abbiamo abbozzato un sistema Con­ti­nen­tal importante, dobbiamo perfezionarlo. Il bollino di qualità? Non credo sia possibile perché non possiamo gravare eccessivamente di costi le società».

Il decreto Milleproroghe ha salvato - per ora - le Federazioni dal paniere dell’Istat…

«Ed è buona cosa. Certo, il problema viene solo rimandato, al prossimo an­no, ma almeno abbiamo un po’ di tempo per lavorare e cercare di affrontare nel migliore dei modi il problema, magari cercando di realizzare un pool di sponsor per svolgere regolarmente l’attività che ogni federazione deve po­ter svolgere».

Cosa prevede questo decreto?
«Tutta una serie di restrizioni di tipo economico e burocratico: tetto massimo di trasferte, tagli alle spese, persino vincoli per il volontariato. Più di una disciplina sportiva sarebbe rimasta paralizzata, proprio nell’anno di vigilia delle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ma il Milleproroghe ha solo posticipato l’emergenza al primo gennaio 2016».

Però non sembri preoccupato…
«Sono vigile è anche realista. La questione riguarda l’inquadramento delle federazioni sportive, attualmente in un di limbo: mentre la natura di ente pubblico non economico del Coni non è mai stata messa in discussione, dal 1999 le federazioni sono diventate as­sociazioni di diritto privato senza fini di lucro. Questo, però, nonostante esse continuino a percepire finanziamenti pubblici tramite il Coni. Proprio in virtù di questi contributi, da anni si parla del loro ingresso nel paniere Istat, con una sorta di nuova equiparazione agli enti pubblici. E quindi alle norme che li vincolano. Come il taglio di circa il 65% delle trasferte dei dipendenti della pubblica amministrazione. Probabilmente gli atleti non sarebbero stati inclusi nel provvedimento, ma restano gli altri membri della spedizione: tecnici, dirigenti, fisioterapisti e via elencando…».

Stesso discorso per gli investimenti in formazione.
«Esattamente. La questione è estremamente delicata e riguarda tutte le Federazioni. Ognuno di noi si è fatto sentire e lo stesso Delrio, sottosegretario con delega allo sport, si è detto fiducioso di trovare una soluzione. E io resto fiducioso. Delrio è una persona perbene, che ha a cuore le sorti dello sport italiano. So che si arriverà a trovare la quadratura del cerchio. In ballo c’è la sopravvivenza di tutto lo sport italiano».

Pier Augusto Stagi, da tuttoBICI di febbraio
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COMMENTI
Di Rocco...bla bla bla
24 febbraio 2015 19:18 pincopallo
Solo demagogia, arroganza e parole vuote. E parecchie cose non corrette.... Intervista incommentabile....

DA CHE PUPLPITO...
25 febbraio 2015 10:31 JBFletcher
Caro Di Rocco, per parlare di giustizia bisognerebbe prima avere le decenza di ricordare e considerare tutti i capi d'accusa e le indagini relativi a dirigenti federali, che negli ultimi anni sono piuttosto numerosi.

pincopallo & C.
25 febbraio 2015 12:19 FrancoPersico
Siete solo dei diffamatori, e direi velenosi. Candidatevi, portate programmi credibili e fatevi eleggere così attuerete le vostre politiche costruttive per il ciclismo. cordiali saluti e buone cose

PRECISAZIONE
26 febbraio 2015 01:45 JBFletcher
Caro Franco Persico,
come è possibile candidarsi, se da 30 anni monopolizza la federazione?
Prima di accusare di diffamazione, si informi: vada a vedere le ARCHIVIAZIONI realtive ai processi a carico dei dirigenti federali negli ultimi 4 anni.
Poi potremo parlare.
Cordiali saluti anche a lei

Questo presidente ormai ha fallito
26 febbraio 2015 11:13 AManzieri
Checchè se ne dica per difenderlo, ormai questa gestione è da archiviare.

Si parla tanto di questo Santilli, forse lui avrà i mezzi per rilanciare questo sport. Io lo spero.
Sino adesso Renato Di Rocco lo ha usato per la giustizia e per il settore amatoriale, ma Santilli si è stufato anche lui del presidente e ad un incontro l'ho sentito dire che lui vuole rendersi autonomo.
Secondo me sta pensando di riorganizzare tutta la federazione con Cassani ed è più probabile che ci riesca lui che non Di Rocco che ha dimostrato di fare solo parole e non ha capacità.

@AManzieri
26 febbraio 2015 20:46 ruotone
Sì sì soprattutto dopo quello che è accaduto Laigueglia mi sembra l'uomo giusto.

Vedi te che fenomenali proposte. Dalla padella (Renato) alla brace (Avvocato).

Poche idee... ma molto ben confuse
27 febbraio 2015 17:06 cyrano
Con i mondiali ci abbiamo rimesso minimo 500/600 mila euro...
...però possiamo organizzare le olimpiadi con il massimo rispetto dei conti pubblici.

Dobbiamo rientrare di oltre 500 mila euro in 3 anni...
...Però i controlli del Giro li faremo fare a Losanna e non al laboratorio del CONI (con quale aggravio di spesa non è dato sapere).

Siamo fieri del centro studi che crea tecnici altamente specializzati...
...Però i medici è meglio non siano specializzati, o comunque non in medicina dello sport, al più possiamo tollerare i geriatri.

Io sono convinto che un medico di famiglia ti fa fare degli esami in più che sono molto utili...
...(mi arrendo)

perché frequenta la casa del ragazzo o della ragazza da più tempo, e conosce vita morte e miracoli...
...(ha visto troppi telefilm americani, o vive in Svizzera?)


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