È un Vincenzo Nibali sempre più simile ad Hannibal Lecter quello che stiamo ammirando sulle strade di Francia. Un vero e proprio cannibale, che ha voluto ancora una volta dare prova della propria netta superiorità ad Hautacam, ultimo arrivo in salita di questo Tour de France, sbaragliando letteralmente la (a dire il vero non irresistibile) concorrenza.
«Nibali a questo Tour ha dimostrato di avere una marcia in più rispetto agli altri, di poter dominare un grande giro dalla prima settimana, di avere una sicurezza e una squadra alle sue spalle non da poco». Ha esordito con queste parole Diego Rosa, il primo ospite del quotidiano appuntamento con “Velodrome, opinioni a confronto”.
«Non ci sono stati avversari - ha proseguito il corridore in forza all’Androni-Venezuela - magari anche grazie alle cadute di Froome e Contador, che lo hanno agevolato nel raggiungimento di questa vittoria ormai scontata. Non dimentichiamo però che stiamo parlando di un campione che ha già vinto una Vuelta e un Giro. Non è una sorpresa vederlo lì».
Seconda Rosa, la tappa della svolta è stata senza dubbio quella di Arenberg: «Si è vista più di tutto la sua sicurezza sul pavé. Pur non avendo corso mai in quelle condizioni, si è avvicinato a quella tappa con una convinzione che gli altri corridori non avevano: li ha aggrediti e ne è uscito vincente».
Oltre a Nibali, il Tour de France ha visto protagonisti altri corridori italiani, risollevando decisamente un movimento che, fino a non più di tre mesi fa, pareva aver toccato il fondo. «Giovani talentuosi ne abbiamo tanti. Oltre ad Aru, Formolo, Trentin, De Marchi, non dimentichiamo cosa hanno fatto Colbrelli, Battaglin e tutta la Bardiani-Csf. Siamo in tanti e tutti abbiamo voglia di farci vedere. Bisogna dar tempo, i giovani ci sono e i risultati arriveranno. Possono capitare periodi in cui non arrivano risultati, anche noi con la nostra squadra quest’anno stiamo vivendo un periodo in cui facciamo fatica ad arrivare alla vittoria, però siamo lì».
Proprio di Androni-Venezuela e Diego Rosa abbiamo parlato nell’ultima parte dell’intervista al biker piemontese, reduce da un Giro d’Italia davvero sfortunato: «La caduta al Giro ha condizionato negativamente tutta la mia annata. Ho faticato parecchio per riprendermi, ma per fortuna la stagione è ancora lunga. Ci rifaremo, bisogna lasciarsi alle spalle quello che è stato: la ruota gira, ci sarà tutto il tempo per rifarsi».
Questi i programmi di Rosa per il futuro: «Dopo aver corsa in Romania per allenarmi, correrò sabato e domenica Larciano e Toscana, poi spero di fare con la squadra un calendario il più fitto possibile per avere la possibilità di rifarmi, soprattutto nelle corse italiane. Per l’anno prossimo vedremo, non si sa ancora; sono in scadenza di contratto, vedremo con il passare del tempo».
Non per monotonia, ma condizionati dalla cronaca agonistica, siamo ritornati sull’argomento del giorno con Giulia De Maio di Tuttobici: l’impresa di Vincenzo Nibali ad Hautacam. Un’impresa che ha regalato emozioni forti e che ha smentito chi diceva che il siciliano, quelle emozioni, non fosse in grado di regalare. «Anche oggi Vincenzo ha dato spettacolo. Come ha detto lui, citando Leonardo, durante il secondo giorno di riposo: “Non sono solo frutto della scienza, di watt e di allenamenti, ma anche di cuore e spirito”» - ha commentato la giornalista -.
La maturazione di Nibali è stata graduale e lo ha portato ad un passo dal Grande Slam dei grandi giri in un arco di tempo tutto sommato lungo. Abbiamo chiesto a Giulia quale fosse, a suo avviso, l’evento più importante – tra i successi alla Vuelta e al Giro, la nascita delle piccola Emma e altri ancora – pe la crescita ottimale del corridore dell’Astana: «Tutti questi fatti sono stati fondamentali per arrivare a questo punto, ma chi lo conosce meglio, come Slongo o Pallini, concorda nell’affermare che il momento chiave sia stato il campionato italiano. Probabilmente quel giorno in Trentino gli è servito per capire che era pronto per il Tour de France e che poteva vincerlo, nonostante non fossero arrivati i risultati che si aspettava nella prima parte della stagione. Martinelli lo ha convinto a partecipare, nonostante l’Astana non volesse così tanto. Proprio perché era convinto che avesse bisogno di sbloccarsi».
Proprio Martinelli è il punto di contatto, il trait d’union, tra i due ultimi corridori italiani capaci di vincere il Tour de France: Marco Pantani nel 1998 e Vincenzo Nibali (facendo tutti gli scongiuri del caso) quest’anno: «Martinelli voleva Nibali da tempo e solo l’anno scorso è riuscito a portarlo alla sua corte. Sappiamo quanti campioni Martino sia riusciuto a portare al successo. Come dice spesso il mio direttore Pier Augusto Stagi, Martino non saprà l’inglese, ma sicuramente sa come si vincono le corse; e sa soprattutto come si organizza una squadra che faccia sentire un capitano davvero il leader indiscusso. Lo ha detto anche lo stesso Nibali: nonostante tutto, nonostante la presenza di personaggi non proprio raccomandabili, ha scelto l’Astana perché glielo aveva chiesto Martinelli, persona di cui si fidava».