PROFESSIONISTI | 14/02/2013 | 08:57 Nove anni fa, il 14 febbraio 2004, moriva Marco Pantani, il campione più amato del ciclismo moderno, l’atleta di cui si continua a parlare per le sue imprese e per la capacità di dare spettacolo. In questa ricorrenza, il nostro mensile tuttoBICI ha chiesto a nove giovani talenti del nostro ciclismo che cosa ha rappresentato per loro il Pirata. Vi proponiamo alcuni passaggi della lunga inchiesta realizzata da Giulia De Maio che potrete leggere integralmente sul numero di Febbraio del nostro giornale
Mattia Cattaneo. «Ricordo Montecampione 1998, quando Marco staccò Tonkov e andò a conquistare la sua prima maglia rosa in un Giro che poi avrebbe vinto. Quella tappa la vidi in tv, è la prima scena che ricordo anche perché è tra quelle che vengono riproposte in tutti i documentari e servizi su di lui... Il suo stile di corsa entusiasmava, peccato non essere riuscito a vederlo correre dal vivo».
Fabio Felline. «Nel ’98 avevo solo 8 anni, quindi i ricordi dei suoi attacchi, delle tappe vinte, delle sfide con gli altri scalatori dell’epoca non li custodisco per averli visti in diretta ma perché li ho in cassetta. Quando ho iniziato a correre mi veniva posta spesso questa domanda: “sei più Pantani o Cipollini?”, i due punti di riferimento del ciclismo di quel periodo. Io in genere rispondevo di sentirmi più vicino al Pirata. Per me comunque era un mito. Insieme alla prima biciclettina, ho comprato la bandana e gli occhiali della Brico come i suoi, con la montatura gialla e le lenti rosa».
Andrea Guardini. «Lo vidi, di sfuggita, nella tappa del Giro del ’98 che passava sulla statale di Colognola ai Colli, il mio paese. Di quella giornata ho un bellissimo ricordo: andai con papà Gianni a vedere il passaggio davanti alla ditta dei gelati Sanson, all’esterno della quale era stato disposto un frigo con tanti ghiaccioli per i corridori. Ci posizionammo lì perchè papà aveva detto: “Qua si fermano di sicuro, magari si ferma anche Pantani”. Io all’epoca non potevo concepire come gli atelti potessero mettere il piede a terra durante la gara per poi ripartire, ma mi fidai di papà. Fu una bellissima scena: si fermarono davvero tanti corridori, Pantani in maglia rosa comprensibilmente no, ma quel momento mi è davvero rimasto impresso come un piacevolissimo ricordo».
Sacha Modolo. «Penso alla tappa de Les Deux Alpes del Tour de France ’98, in una giornata da lupi, sotto una pioggia battente, ribaltò la corsa attaccando sul Galibier e facendo saltare Ullrich a cui diede ben nove minuti. Un’impresa d’altri tempi. L’unica volta che vidi Pantani, purtroppo solo di sfuggita, fu al Giro ’99 alla partenza della tappa di Conegliano, mentre dall’ammiraglia andava al foglio firma. Ma ricordo che avevo la sua bandana, che andava proprio di moda, e anche la sella gialla con disegnato il pirata. Chissà che fine hanno fatto...».
Moreno Moser. «Il primo flash che ho di lui è nella galleria del finale di tappa di Pampeago del Giro del 1998. Andai a vedere la corsa (e lui in particolare) con papà Diego e ricordo che in quel momento era in fondo al gruppo, aveva forato o gli era caduta la catena, e un signore sulla strada vicino a me mi chiese per chi tifavo. Io dissi senza incertezza Pantani, lui replicò che purtroppo per me quel giorno avrebbe vinto Tonkov perché Marco ormai era rimasto troppo indietro, con l’ingenuità e la poca conoscenza delle tattiche di gara di un bambino ribattei fermo che invece avrebbe vinto lui. Nonostante fosse davvero improbabile rischiai di azzeccare il pronostico».
Matteo Rabottini. «Di Pantani ricordo come andava in salita, la forza e l’eleganza, quando scattava e staccava tutti. Nello specifico mi appassionavano le sue sfide al Tour con Armstrong. Ebbi modo di vederlo una volta sola, quando il Giro d’Italia fece tappa a Pescara. Andai apposta per poterlo conoscere. Lo potei solo intravedere perché aveva attorno a sè 3-4 guardie del corpo e una folla spaventosa che si accalcava su di lui».
Diego Ulissi. «Nel ’98 avevo iniziato a correre da un paio d’anni e trascorrevo le giornate guardando questo grandissimo campione in tv. Se devo scegliere una tra le sue imprese faccio riferimento a Oropa ’99: questo, secondo me, è stato il gesto atletico più bello di Marco. Di persona lo vidi solo una volta, nel 2000, in occasione di una tappa toscana del Giro con arrivo a San Pellegrino in Alpe, dove vinse Casagrande. Ricordo che lo vidi al foglio firma, mi passò vicinissimo. Sapete cosa mi è rimasto impresso? Il boato della gente al suo passaggio. A tutte le persone che erano lì non fregava nulla di chi avesse la maglia rosa, impazzivano solo per lui. Come quasi tutti tifavo per lui, d’altronde Marco con il suo stile e il suo carattere non poteva che risultare simpatico».
Elia Viviani. «Ho cominciato a correre da G3 proprio nel ’98, l’anno giusto (sorride, ndr). Indimenticabili le sue imprese nella stagione che ha vinto Giro e Tour, ma anche le sfide alla Grande Boucle con Armstrong, tra le più belle della storia del nostro sport. Di Marco ricordo anche gli anni successivi al ’98, le volte in cui è riuscito ancora a staccare tutti, ma anche quando veniva staccato lui dagli avversari».
Luca Wackermann. «La prima immagine che mi viene in mente pensando a Pantani è la lotta con Armstrong sul Mont Ventoux al Tour del 2000, una sfida di gambe e di nervi, che si concluse con Lance dietro Marco, con il texano che dopo il traguardo dichiarò di averlo lasciato vincere, facendolo arrabbiare non poco. Purtroppo non l’ho mai incontrato di persona, nè ho mai avuto modo di seguire dal vivo una gara a cui ha partecipato. Per farmelo entrare nel cuore è stata sufficiente la tv».
Riposa in pace ragazzo, vittima di sporchi interessi più grandi di te. Gli sportivi veri non ti dimenticheranno mai.
14 febbraio 2013 12:42lupin3
come ogni anno in questa data ci manchi sempre. Sono felice di avreti visto correre e aver tifato per te.
mi sembra ieri
14 febbraio 2013 13:50SERMONETAN
Ciao Marco,hai pagato per tutti,qualcuno ti ha sulla coscenza .
Grande Marco
14 febbraio 2013 17:00ertymau
Ciao Marco , l'anno scorso ho fatto il galibier e al monumento in tuo ricordo mi sono tornati in mente ricordi bellissimi.
Non ti ringrazieremo mai abbastanza
grazie
14 febbraio 2013 19:10danielegi
mi ricordo quando i primi anni venivi cn martinelli in ritiro a terracina.... passavo le giornate a seguirti in motorino... che spettacolo vederti sulle crocette di san felice... grazie a te ho deciso di fare il ds... grande campione...
passato
15 febbraio 2013 00:45true
Per quanto tempo ancora dovremo sentir parlare di ciclisti del passato?
Anche facendo finta che il ciclismo degli anni 90 sia stato tutto rose e fiori (o pane e acqua, se preferite), non e' il caso di guardare avanti?
Non sarebbe meglio se ci si occupasse dei giovani, ad esempio quelli intervistati qui son tutti promettenti, piuttosto che guardare ad ex-miti che loro malgrado hanno contribuito solo a distruggere il ciclismo (naturalmente con l'aiuto di giornalisti che ad un decennio di distanza si emozionano per i famosi scatti e duelli con Armstrong. Ma davvero?!?)?
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