BIKE ECONOMY. SANTILLI: L'ITALIA NON PERDA IL TRENO

APPROFONDIMENTI | 16/01/2018 | 09:29
Le due ruote sono un potente volano economico, ce lo ha ricordato di recente la bella puntata di Presa Diretta, che in prima serata su Rai 3 si è occupata di mobilità sostenibile, affermando che "la bicicletta ci salverà". Di quest'idea è da sempre un paladino Gianluca Santilli che con la sua Bicitaly e la Fondazione Manlio Masi da due anni a questa parte organizza il Bike Economy Forum, mettendo a confronto gli attori di uno dei segmenti più attivi e in crescita della moderna economia compatibile, quella legata alla bicicletta ed alle filiere che ha aperto, dall’industria alle infrastrutture, dalla salute, all’ambiente, alla tecnologia, per un giro di affari che, in tutta Europa, ha superato i 500 miliardi di euro.



«Sono felice che questi argomenti stiano diventando di interesse anche a casa nostra. Al Forum dell'anno scorso hanno partecipato numerose autorità, compreso il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Del Rio. La prossima puntata importante sarà il 2 febbraio, quando inaugureremo l'Osservatorio della Bike Economy con l'appoggio del Ministero dallo Sviluppo Economico. L'obiettivo è creare un centro di eccellenza e di riferimento per tutto ciò che ruota attorno a questo mondo di ricchezze e opportunità. L'emanazione della legge quadro sulla ciclabilità ha stanziato 500 milioni di euro per per favorire ciclovie come la Ven-To e il GRAB di Roma che speriamo prima o poi vedrà effettivamente la luce. Il boom della bici è un fenomeno economico di grande importanza ed è solo all'inizio perchè ci sono tanti comparti che possono nascere ad esso legati, pensiamo solo a due esempi come la moda e l'alimentazione, che iniziano a studiare come interfacciarvisi» racconta a tuttobiciweb Santilli.



A riprova, basti notare che a Pitti Uomo nei giorni scorsi sono stati presentati capi dedicati ai ciclisti urbani, giubbotti di moda tecnologici che favoriscono la sicurezza stradale con frecce luminose sulla schiena di chi li indossa e sono allo studio capi che tra gorotex e cachemire ci permetteranno di arrivare in ufficio senza bagnarci o sporcarci.

«Ci sono tanti settori interconnessi alle due ruote: salute, turismo, mobilità, smart city... e tante iniziative ed eventi in cui spunta la bici. Il grande problema è che da noi mancano le infrastrutture adatte, come strade protette e ciclovie: se non si investirà in questo senso si faticherà molto ad aumentare il numero delle persone che pedalano nelle nostre città invece di usare altri mezzi. Lo hanno capito grandi metropoli come Londra e Parigi che investono milioni per creare strade dedicate alla bici. A noi basterebbe copiare questi bei modelli» prosegue l'avvocato romano.


E ancora: «Dobbiamo migliorare il dialogo tra le varie associazioni, con l'ACI stiamo cercando di creare una commistione perchè le macchine imparino a rispettare tutti gli utenti dalla strada. La priorità sono infrastrutture intelligenti e iniziative imprenditoriali. L’Italia è il primo produttore di bici d’Europa, con un giro di affari che supera il miliardo di euro tra produzione industriale, componentistica e riparazioni, con decine di migliaia di addetti ma abbiamo bisogno di una svolta culturale. Abbiamo perso tanti treni ma questa legge, seppur perfettibile, è stata emanata e dimostra che le autorità nazionali hanno capito che questo treno va preso. Conviene prenderlo. Ha numeri importanti, ha creato interesse. Sono convinto che sulla piazza non ci sia sufficiente competenza per rendere i progetti realtà, per questo abbiamo voluto creare un osservatorio che collaborando con università, centri di ricerca ed esperti, possa diventare un punto di riferimento e consulenza per i sindaci e chi deciderà di investire davvero nella bicicletta».


Santilli evidenzia infine un grande pericolo che corre il nostro ambiente. «Tutti si sono accorti delle potenzialità della bike economy tranne il mondo del ciclismo. Al Forum erano presenti varie componenti, mancava però chi produce bici e chi gestisce il ciclismo a livello professionistico. Il vero problema è questo, i nostri grandi marchi sono all'interno di un ciclone ma non se ne sono accorti, vivono in una sorta di caos calmo molto rischioso. Quando i grandi gruppi entreranno in questo business spazzeranno via chi non è strutturato e pronto ad accettare la sfida. In Italia abbiamo i maggiori e migliori produttori ma sono tutte imprese piccole o medie, che soffrono il passaggio generazionale e, se non si daranno una mossa aggregandosi a partner finanziari per sviluppare le proprie capacità aziendali, finiranno per essere acquisiti da gruppi esteri come successo a Pinarello oppure spariranno».

 

Per approfondimenti: www.bikeconomyforum.com.


Giulia De Maio

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